mercoledì 16 novembre 2016

Sul mistero del male e i castighi di Dio

Spesso le pene volute da Dio sono piuttosto un rimedio che un mezzo di espiazione, piuttosto poenae medicinales che poenae vindicativae. Esse ammoniscono il reo a riflettere re sulla sua colpa e sul disordine delle sue azioni e lo inducono a distaccarnese e a converrtirsi.
Pio XII

I martiri sono testimoni della fede che tracciano la strada dei cristiani: strada di affermazione della verità e di lotta per diffondere e difendere la verità contro i lupi che la minacciano.
Roberto de Mattei


 Segnale della risoluta, inarrestabile e inflessibile opposizione cattolica al delirio progressista, in discesa lungo le fratte della nuova teologia e in caduta nei burroni del post concilio, cresce l'instancabile produzione di studi in difesa dell'indeclinabile tradizione [1].
 Il popolo dei refrattari costituisce uno strenuo, irremovibile e perseverante argine alle mielose slavine, in caduta sorda e implacabile dalle fonti oscure, soggiacenti al Concilio ecumenico Vaticano II e dalle tossiche officine dei teologi approvati e applauditi dall'apolide demiurgico Georges Soros.
 Roberto De Mattei, (con la sapiente collaborazione e il sostegno di alcuni dotti e refrattari teologi, quali padre Serafino Lanzetta, mons. Antonio Livi, padre Giovanni Cavalcoli, e il professore Corrado Gnerre), propone una sferzante e corrosiva antologia, Il mistero del Male e i castighi di Dio, edito in Verona dall'irriducibile e scandalosa casa editrice Fede & Cultura.
 Il saggio dell'ingente studioso cattolico De Mattei, si raccomanda ai lettori refrattari alla modernizzazione teologica in atto, perché fa scendere la luce impietosa della critica d'ispirazione ortodossa sulla giubilante/trionfante ma sconnessa teologia dei bergogliani.
 De Mattei non confuta una sgangherata dottrina ma descrive un pittoresco volo di coriandoli, un modernizzante carnasciale, in frenetica oscillazione tra il vilipendo della sacra tradizione, l'umiliazione della liturgia (esempio inquietante il mancato inginocchiamento di Bergoglio al cospetto del pane consacrato) e un buonismo tanto squillante quanto anacronistico.
 Quali estratti dalla farsa catto-laicista circolano le respecteuses, lepide, burrose e quasi veneranti conversazioni telefoniche – di stampo surrealista quando non ridolinesco - con il patetico, guru del senescente, screditato, rottamato e azzerato illuminismo de sinistra e de salotto) e la malcelata, quasi ringhiosa avversione alla indeclinabile teologia tradizionale.
 Puntualemente De Mattei insiste nella indicazione del vuoto cui si riduce il male, “che non è una realtà o entità positiva, qualcosa che esiste per se stessa, ma è la negazione di una determinata entità in un determinato soggetto. Esiste ad esempio la verità, ma non esiste in nse stessa la falsità: il falso, per esistere ha bisogno di una verità che nega o che deforma … il male non esiste in sé, ma solo come privazione dell'essere fisico o morale a cui si riferisce”.
 De Mattei, di seguito, rammenta la tesi ortodossa sull'origine del male: “Il male morale, che chiamiamo anche peccato [definizione discendente da un termine che indica il cammino incerto e insicuro del claudicante] non è altro che il nostro rifiuto dell'amore di Dio, il non riconoscerlo con le parole, o con i fatti, come nostro principio e nostro ultimo fine, come padrone della vita e della libertà che ci ha dato”.
 Di qui l'affacciarsi il problema del castigo divino e la puntuale citazione della sapiente risposta formulata da San Pio da Pietrelcina: “Ringrazia e bacia dolcemente la mano di Dio che ti percuote, è sempre la mano di un Padre che ti percuote perché ti vuole bene”.
 Quasi facendo eco al giudizio di San Pio, Benedetto XVI, opportunamente citato da De Mattei, ha contestato la suggestione messa avanti dalla teologia buonista, affermando risolutamente: “non è il castigo che deve essere eliminato, ma il peccato, quel rifiuto di Dio e dell'amore che porta già in sé il castigo”.
 Nella luce dell'ortodossia cattolica, professata da De Mattei, si rivela la fatuità del perdonismo predicato dall'avventurosa teologia, che è ostinatamente intesa a separare e ad opporre la divina misericordia all'indeclinabile giustizia.

Piero Vassallo



[1]    Fanno parte della comunità dei refrattari al progressismo i più vivaci laici, militanti d'area cattolica, oltre a De Mattei, Fausto Belfiori, Valentino Cecchetti, Matteo D'Amico,Lino Si Stefano,Marco Solfanelli8, Pucci Cipriani, Roberto Dal Bosco, Elisabetta Frezza, Tommaso Romano, Pier Paolo Saleri, Paolo Deotto, Emilio Artiglieri, Giulio Alfano, Emilio Biagini, Pietro Giubilo,. Stefano Fiore, Normanno Malaguti,Gaetano Rebecchini, Angelo Ruggiero,. Mario Sossi, Arcangelo Santoro, Carlo Testa,Guido Vignelli, Mauro Viscuso.

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