Spesso le pene volute da Dio sono piuttosto un rimedio che un mezzo di
espiazione, piuttosto poenae medicinales che poenae vindicativae. Esse
ammoniscono il reo a riflettere re sulla sua colpa e sul disordine delle sue
azioni e lo inducono a distaccarnese e a converrtirsi.
Pio XII
I martiri sono testimoni della fede che tracciano la strada
dei cristiani: strada di affermazione della verità e di lotta per diffondere e difendere
la verità contro i lupi che la minacciano.
Roberto de
Mattei
Segnale della risoluta, inarrestabile e
inflessibile opposizione cattolica al delirio progressista, in discesa lungo le
fratte della nuova teologia e in caduta nei burroni del post concilio, cresce
l'instancabile produzione di studi in difesa dell'indeclinabile tradizione [1].
Il popolo dei refrattari costituisce uno
strenuo, irremovibile e perseverante argine alle mielose slavine, in caduta
sorda e implacabile dalle fonti oscure, soggiacenti al Concilio ecumenico
Vaticano II e dalle tossiche officine dei teologi approvati e applauditi
dall'apolide demiurgico Georges Soros.
Roberto De Mattei, (con la sapiente
collaborazione e il sostegno di alcuni dotti e refrattari teologi, quali padre
Serafino Lanzetta, mons. Antonio Livi, padre Giovanni Cavalcoli, e il
professore Corrado Gnerre), propone una sferzante e corrosiva antologia, Il
mistero del Male e i castighi di Dio, edito in Verona dall'irriducibile e scandalosa
casa editrice Fede & Cultura.
Il saggio dell'ingente studioso cattolico De
Mattei, si raccomanda ai lettori refrattari alla modernizzazione teologica in
atto, perché fa scendere la luce impietosa della critica d'ispirazione ortodossa
sulla giubilante/trionfante ma sconnessa teologia dei bergogliani.
De Mattei non confuta una sgangherata dottrina
ma descrive un pittoresco volo di coriandoli, un modernizzante carnasciale, in
frenetica oscillazione tra il vilipendo della sacra tradizione, l'umiliazione
della liturgia (esempio inquietante il mancato inginocchiamento di Bergoglio al
cospetto del pane consacrato) e un buonismo tanto squillante quanto
anacronistico.
Quali estratti dalla farsa catto-laicista
circolano le respecteuses, lepide, burrose e quasi veneranti
conversazioni telefoniche – di stampo surrealista quando non ridolinesco - con
il patetico, guru del senescente, screditato, rottamato e azzerato illuminismo de
sinistra e de salotto) e la malcelata, quasi ringhiosa avversione alla
indeclinabile teologia tradizionale.
Puntualemente De Mattei insiste nella
indicazione del vuoto cui si riduce il male, “che non è una realtà o entità
positiva, qualcosa che esiste per se stessa, ma è la negazione di una
determinata entità in un determinato soggetto. Esiste ad esempio la verità, ma
non esiste in nse stessa la falsità: il falso, per esistere ha bisogno di una
verità che nega o che deforma … il male non esiste in sé, ma solo come
privazione dell'essere fisico o morale a cui si riferisce”.
De Mattei, di seguito, rammenta la tesi
ortodossa sull'origine del male: “Il male morale, che chiamiamo anche
peccato [definizione discendente da un termine che indica il cammino
incerto e insicuro del claudicante] non è altro che il nostro rifiuto
dell'amore di Dio, il non riconoscerlo con le parole, o con i fatti, come
nostro principio e nostro ultimo fine, come padrone della vita e della libertà
che ci ha dato”.
Di qui l'affacciarsi il problema del castigo
divino e la puntuale citazione della sapiente risposta formulata da San Pio da
Pietrelcina: “Ringrazia e bacia dolcemente la mano di Dio che ti percuote, è
sempre la mano di un Padre che ti percuote perché ti vuole bene”.
Quasi facendo eco al giudizio di
San Pio, Benedetto XVI, opportunamente citato da De Mattei, ha contestato la
suggestione messa avanti dalla teologia buonista, affermando risolutamente:
“non è il castigo che deve essere eliminato, ma il peccato, quel rifiuto di Dio
e dell'amore che porta già in sé il castigo”.
Nella luce dell'ortodossia cattolica,
professata da De Mattei, si rivela la fatuità del perdonismo predicato
dall'avventurosa teologia, che è ostinatamente intesa a separare e ad opporre
la divina misericordia all'indeclinabile giustizia.
Piero Vassallo
[1] Fanno parte della comunità dei refrattari al
progressismo i più vivaci laici, militanti d'area cattolica, oltre a De Mattei,
Fausto Belfiori, Valentino Cecchetti, Matteo D'Amico,Lino Si Stefano,Marco
Solfanelli8, Pucci Cipriani, Roberto Dal Bosco, Elisabetta Frezza, Tommaso
Romano, Pier Paolo Saleri, Paolo Deotto, Emilio Artiglieri, Giulio Alfano,
Emilio Biagini, Pietro Giubilo,. Stefano Fiore, Normanno Malaguti,Gaetano
Rebecchini, Angelo Ruggiero,. Mario Sossi, Arcangelo Santoro, Carlo Testa,Guido
Vignelli, Mauro Viscuso.
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