martedì 21 aprile 2015

Operazione Filadelfia: Un appassionante racconto di Simonetta Scotto

L'ammirazione della vita consacrata al rischio che è strettamente associato alle imprese del controspionaggio, corre senza respiro fra le righe di Operazione Filadelfia, un avvincente racconto d'azione, scritto con polso sicuro dalla consacrata specialista Simonetta Scotto e pubblicato, in agile veste, dalla casa youcanprint, editrice  in Tricase di Lecce.
 Oggetto del racconto è il furto e il recupero di una potentissima, devastante coltura di batteri creati da un noto scienziato americano.
 Le spaventose armi chimiche, selezionati e conservati in un laboratorio del governo, nel quale operano diversi scienziati benché sottoposte a severissimi controlli da parte della polizia di stato sono sottratte da ignoti. Insieme con le devastanti creature è stato sequestrato anche il loro inventore, il biologo Roger Grant.
 Di qui l'angoscia degli agenti incaricati di recuperare la micidiale arma terroristica. I batteri, se liberati nell'aria dagli scienziati di uno stato canaglia, avrebbero infatti causato una epidemia spaventosa, che avrebbe potuto sterminare gran parte dell'umanità (l'Occidente, fondato dalla Cristianità e gestito dal triste surrogato democratico/liberale) e instaurare l'incontrastato impero dei sopravvissuti (i credenti nell'arcaica e implacabile religione islamica).
 Gli specialisti dei corpi speciali, incaricati di recuperare le velenose e incubose culture scoprono che una delle collaboratrici del dottor Grant è l'amante di un miliardario islamico, che agisce sotto mentite spoglie, avendo al proprio servizio un manipolo di terroristi ben addestrati.
 I due responsabili dell'inchiesta, Fred e James, decidono di intervenire in forze e assaltano la casa in cui sono insediati i terroristi. Il loro intervento è spietato ossia conforme alle regole della guerra totale.
 Insensibile al canto delle sirene pacifiste Simonetta Scotto inventa una storia in cui agiscono le opposte schiere del terrore e della forza. Retroscena del conflitto immaginario è una riflessione sulla inflessibile reazione che è necessario opporre al terrore seminato dal fanatismo religioso, erede rovente della guerra fredda condotta dai sovietici contro l'Occidente.
 La ripetizione di guerre implacabili contro la patria americana, madre della ideologia e custode del sistema occidentale, induce tuttavia il lettore a sospettare che nell'americanismo si nasconda una ostinata, invincibile magagna, che provoca le guerre calde e/o fredde, che hanno segnato l'età contemporanea.  
 Il racconto della Scotto svela la ferocia di un progetto inteso a rovesciare contro l'America le sue spaventose armi. Non nasconde tuttavia che l'America è un laboratorio nel quale si producono o si nutrono mostri ideologici e veleni strategici. Il mito della mano magica del mercato, ad esempio. La debilitante filosofia sessantottina. E le armi chimiche, presenti nella realtà prima che nell'inquietante e allarmante romanzo della Scotto.
 Infine non si può nascondere la perfetta infelicità degli interventi americani in Medio Oriente, imprese cervellotiche/fobiche, dettate dal fanatico e accecante culto della democrazia illuminata e antifascista, e finalizzate ad abbattere regimi (le dittature di Saddam Hussein e di Mu'ammar Gheddafi) che ostacolavano l'insorgenza dell'estremismo islamico. Con i catastrofici risultati che sono sotto gli occhi del qualunque non prevenuto vedente.
 L'esaltazione del valore dimostrato dai militari americani e rievocato magistralmente da Scotto, in definitiva, non basta a giustificare il fanatismo pseudo-etico di una nazione pacifista nella squillante immagine hollywoodiana, bellicosa e imperiosa nei fatti.

 Una nazione, l'America, che esalta il mito democratico/bancario, ponendolo al di sopra del qualunque altro valore, compreso il diritto dei popoli a scegliere il proprio regime, la propria economia e la propria religione.

Piero Vassallo

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