Sostenuti da un robusto pensiero filosofico associato alla
fede in Cristo e animati da una struggente nostalgia della patria non ancora
deformata dal pensiero dei vincitori, i racconti di Lino Di Stefano rievocano,
con cuore amico e con sapiente stile, il passato di Casacalenda del
Molise, borgo di un'Italia presunta minore, un tempo povera e tuttavia dotata
di nobile saggezza e di limpido amore per le piccole e oneste gioie della vita.
Fra le
righe dei racconti si leggono con nostalgia le ragioni dell'amabilità della
gente italiana d'altri tempi, ad esempio la bonomia e la felice, religiosa
accoglienza dei doni quantunque umili.
L'Italia
del dopoguerra apprezzava la bontà dei beni di consumo ma ignorava i chimerici
stordimenti del consumismo. Le famiglie, provate dai lutti, dalle rovine e
dalle ristrettezze causate dalla guerra perduta, ricevevano con gioia i pacchi
doni spediti dai parenti emigrati negli Stati Uniti o in Canada e tuttavia
conservavano la sana refrattarietà agli usi e ai costumi della vincente e
incombente ideologia capitalistica.
Emblema
di una nazione non ancora rovesciata nei
piaceri alienanti e usuranti dell'Occidente, è il ricordo del padre di Lino Di
Stefano, emigrato in America per sfuggire alla tenaglia della povertà di un
paese vinto, e tuttavia incapace di "inserirsi nei disumani meccanismi
del capitalismo della società statunitense; società in cui il profitto
rappresentava - ieri come oggi - l'unico metro di giudizio intorno ad una
persona".
Con
legittimo orgoglio e con viva commozione Di Stefano rammenta la dignità
dimostrata dal padre nell'ora della morte: "i segni del distacco erano
di un'evidenza impressionante, come se i quasi ottant'anni passati nell'inferno
del mondo non avessero minimamente inciso sul suo volto. Il corpo era stato
disfatto dalla malattia, ma non tanto da non conservare quel minimo di dignità
che anche la morte, giustamente, esige in tale circostanza".
Vivide
sono anche le rievocazioni dei giochi praticati da bambini non ancora
rattristati dallo sfascio delle famiglie e diseducati dalla scuola libertaria,
dai fumetti demenziali e dall'uso dei telefonini.
L'autore
rammenta le animose partite giocate con i palloni di pezza e l'acchiapparondini
un gioco che consisteva nel tentativo di catturare le rondini
imprigionandole in un pezzo di carta lanciato nell'aria: "Spesso
l'operazione riusciva ed ecco che i ragazzi si precipitavano per impossessarsi
dei preziosi uccelli, non per far loro del male, ma solo per averli per qualche
minuto nelle mani. Dopodiché essi li liberavano provando una gioia
indicibile".
Splendide è l'ultimo
capitolo del libro, in cui l'autore dichiara la sua fede nella Patria e
rammenta l'orgoglio che gli procurò l'esperienza di servizio di guardia al
Milite ignoto, all'Altare della Patria, "tale servizio non conosce
interruzioni tant'è vero che fu espletato anche durante il secondo conflitto
mondiale e ciò per rispetto al soldato, simbolo dei caduti di tutte le
guerre".
Il
libro di Di Stefano oltrepassa la linea delle memorie private e del folklore e
disegna il dimenticato profilo di un'Italia povera ma capace di vivere con
signorile decoro la privazione dei beni superflui e delle abitudini vane.
La
lettura di un tale pregevole testo si raccomanda agli storici del costume, che
ignorano la distanza che separa l'Italia della dignitosa povertà dall'Italia
americanizzata e capovolta dal falso benessere e dalla disordinata libertà.
Piero Vassallo
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