venerdì 3 aprile 2015

Le tesi di Anna Pellicciari su massoneria e Risorgimento

Il valore e l'onestà della storica Anna Pellicciari sono fuori discussione. Il suo giudizio (cfr. La gnosi al potere, Fede & Cultura, Verona 2015) sulla passione unitaria, che 150 anni fa sarebbe stata "partorita da un pugno di protestanti e liberal-massoni alleati delle grandi potenze protestanti e liberal massoniche" sembra tuttavia esagerato e difforme dal giudizio di un grande studioso tradizionista, quale fu Francisco Elias de Tejada (1917-1978), autore di un saggio (pubblicato nella rivista La Quercia nel marzo del 1977) in cui dichiarava la propria ragionata e motivata ammirazione per l'impresa risorgimentale.
 Dal suo canto, lo storico Paolo Possenti, autore di un saggio su Pio IX e la crisi politico militare del 1848-49, rammenta che “nel passato vi erano stati dei pontefici animati da vero spirito nazionalistico italiano, che si erano messi alla testa di alleanza e movimenti politici volti ad estromettere le grandi potenze dall’Italia... Questa ideologia cattolico-nazionale aveva radici profondissime in Italia”.  
 Destano perplessità anche le opinioni, tratte dalla Pellicciari da autori estremi, sull'unità nazionale quale "liberazione dell'Italia dal Cattolicesimo" o "risorgimento del paganesimo" e quale impresa compiuta in attuazione di un disegno massonico.
 I giudizi della Pellicciari sono puntualmente confutati da un illustre filosofo cattolico quale è Paolo Pasqualucci, autore di un approfondito saggio, L'istanza etica del Risorgimento e il rinnovamento dell'unità d'Italia, edito nel 2013 a cura di Giuseppe Parlato.
 L'Italia unita in una confederazione fu un progetto condiviso dai regnanti degli antichi stati e dalla maggioranza dei loro sudditi. La guerra del 1848, infatti, fu nobilitata da una vasta partecipazione di volontari. I massoni, se c'erano, erano ben nascosti.
 D'altra parte non è lecito dimenticare che, alla prima guerra d'indipendenza, legittima risposta alla repressione austriaca dell'insorgenza di Venezia, parteciparono la Santa Sede, il Ducato di Toscana, il Regno di Napoli e il Regno sabaudo, stati non governati dalla setta massonica.
 Il massone Giuseppe Garibaldi, il quale, durante la prima guerra d'indipendenza, si presentò a Carlo Alberto offrendo i suoi servigi fu accolto gelidamente e avviato a un'attività marginale. 
 Nel 1848 la coalizione italiana purtroppo fu indebolita e divisa dalla politica ricattatoria dell'impero austriaco, esercitato da politicanti empiamente pii, i quali minacciarono uno scisma di stampo luterano, per costringere il Beato Pio IX a ritirarsi dall'alleanza patriottica.
 Il ricatto subito da Pio IX causò l'alterazione del progetto iniziale, che contemplava l'unità federale della nazione italiana e compromise l'intesa stabilita tra i difensori della tradizione cattolica e i promotori delle guerre risorgimentali.
 Il forzato allontanamento del Vaticano dal movimento unitario fu un infelice accidente non la fine delle tradizionali ragioni dell'unità nazionale.
 Contemplato e preteso dalla sacrosanta e qui devotamente obbedita legge Scelba, l'antifascismo non vieta di rammentare che l'11 febbraio del 1929 la Santa Sede riconobbe il Regno d'Italia, sconfessando i passati e futuri nostalgici della disunità. 
 Il dovuto (al compianto Mario Scelba) disprezzo del fascismo non impedisce di riconoscere che effetto dei Patti lateranensi fu la fine del contendere tra Chiesa cattolica e unità d'Italia. Si tratta di vedere finalmente la caduta delle ragioni di un codinismo marcato dagli spruzzi antifascisti (puntualmente catalogati da Fabrizio Cannone nel quotidiano on line Libertà e persona) spruzzi emanati da un pensatore brasiliano, che venerava la memoria di Churchill, "salvatore dell'umanità".
 Ad ogni modo, nella prima guerra d'indipendenza gli italiani si batterono eroicamente e furono sconfitti dagli errori dei loro comandanti (del generale mazziniano Gerolamo Ramorino, ad esempio) piuttosto che dall'esercito austriaco.
 Fra i valorosi combattenti italiani vi fu un anche un santo, il Beato Francesco Fàa di Bruno da Alessandria, uno studioso noto per l'opposizione strenua ai liberali piemontesi.
 Non si vede la ragione del disprezzo che alcuni militanti del movimento tradizionista rovesciano sulla memoria degli italiani, che nel 1948 presero le armi per liberare le regioni d'Italia occupate dallo straniero cattolico di nome giuseppinista di fatto.
 La divisione seminata dagli austriaci ha gettato un'ombra sul risorgimento ma non ha abbattuto le nobili ragioni dell'insorgenza dei cattolici italiani contro l'invasore austriaco, alfiere di un errore ultimamente associato al giansenismo.
 Le ragioni della guerra all'Austria erano dunque radicate nella storia del Cattolicesimo e non nei progetti eversivi e parassitari della massoneria. Pellicciari tenta di rettificare il giudizio di Benedetto XVI , che ha riconosciuto "il particolare legame che da tempo unisce l'Italia al Successore dell'apostolo Pietro, il quale ha la sua sede proprio nell'ambito di questo Paese, non senza un misterioso e provvidenziale disegno di Dio", sostenendo che tale disegno si è scontrato con molteplici nemici "gli ultimi dei quali ... furono gli uomini del Risorgimento, che si ripromettevano di purificare l'Italia dal virus cattolico". 
 Se non che tale giudizio si applica alla minoranza massonica infiltrata nel movimento unitario, che fu condiviso dalla maggioranza degli italiani di fede cattolica.
 Al proposito Pasqualucci rammenta che, fino agli anni Cinquanta del XX secolo, i monarchici napoletani furono fedeli ai Savoia e non ai Borboni.
 Non si può tacere l'attitudine della storiografia di stampo massonico ad esagerare ed incensare la presenza dei massoni nella storia e a nascondere la loro conclamata complicità con le monarchie scismatiche, indifferenti quando non contrarie al bene spirituale e materiale della nazione italiana. 

 Una storiografia intesa a screditare l'unità e finalizzata alla celebrazione della felicità dei regni pre-unitari rischia infine di trasformare la cultura tradizionista in un club di sognatori e marciatori antistorici.

Piero Vassallo

Nessun commento:

Posta un commento