Il valore e l'onestà della storica Anna
Pellicciari sono fuori discussione. Il suo giudizio (cfr. La gnosi al
potere, Fede & Cultura, Verona 2015) sulla passione unitaria, che 150
anni fa sarebbe stata "partorita da un pugno di protestanti e
liberal-massoni alleati delle grandi potenze protestanti e liberal
massoniche" sembra tuttavia esagerato e difforme dal giudizio di un
grande studioso tradizionista, quale fu Francisco Elias de Tejada (1917-1978),
autore di un saggio (pubblicato nella rivista La Quercia nel marzo del
1977) in cui dichiarava la propria ragionata e motivata ammirazione per
l'impresa risorgimentale.
Dal suo
canto, lo storico Paolo Possenti, autore di un saggio su Pio IX e la crisi
politico militare del 1848-49, rammenta che “nel passato vi erano stati dei pontefici animati da vero spirito
nazionalistico italiano, che si erano messi alla testa di alleanza e movimenti
politici volti ad estromettere le grandi potenze dall’Italia... Questa
ideologia cattolico-nazionale aveva radici profondissime in Italia”.
Destano
perplessità anche le opinioni, tratte dalla Pellicciari da autori estremi,
sull'unità nazionale quale "liberazione dell'Italia dal
Cattolicesimo" o "risorgimento del paganesimo" e
quale impresa compiuta in attuazione di un disegno massonico.
I
giudizi della Pellicciari sono puntualmente confutati da un illustre filosofo
cattolico quale è Paolo Pasqualucci, autore di un approfondito saggio, L'istanza
etica del Risorgimento e il rinnovamento dell'unità d'Italia, edito nel 2013 a cura di Giuseppe
Parlato.
L'Italia
unita in una confederazione fu un progetto condiviso dai regnanti degli antichi
stati e dalla maggioranza dei loro sudditi. La guerra del 1848, infatti, fu
nobilitata da una vasta partecipazione di volontari. I massoni, se c'erano,
erano ben nascosti.
D'altra
parte non è lecito dimenticare che, alla prima guerra d'indipendenza, legittima
risposta alla repressione austriaca dell'insorgenza di Venezia, parteciparono la
Santa Sede, il Ducato di Toscana, il Regno di Napoli e il Regno sabaudo, stati
non governati dalla setta massonica.
Il
massone Giuseppe Garibaldi, il quale, durante la prima guerra d'indipendenza,
si presentò a Carlo Alberto offrendo i suoi servigi fu accolto gelidamente e
avviato a un'attività marginale.
Nel
1848 la coalizione italiana purtroppo fu indebolita e divisa dalla politica
ricattatoria dell'impero austriaco, esercitato da politicanti empiamente pii,
i quali minacciarono uno scisma di stampo luterano, per costringere il Beato
Pio IX a ritirarsi dall'alleanza patriottica.
Il
ricatto subito da Pio IX causò l'alterazione del progetto iniziale, che
contemplava l'unità federale della nazione italiana e compromise l'intesa
stabilita tra i difensori della tradizione cattolica e i promotori delle guerre
risorgimentali.
Il
forzato allontanamento del Vaticano dal movimento unitario fu un infelice
accidente non la fine delle tradizionali ragioni dell'unità nazionale.
Contemplato
e preteso dalla sacrosanta e qui devotamente obbedita legge Scelba,
l'antifascismo non vieta di rammentare che l'11 febbraio del 1929 la Santa Sede
riconobbe il Regno d'Italia, sconfessando i passati e futuri nostalgici della
disunità.
Il
dovuto (al compianto Mario Scelba) disprezzo del fascismo non impedisce di
riconoscere che effetto dei Patti lateranensi fu la fine del contendere tra
Chiesa cattolica e unità d'Italia. Si tratta di vedere finalmente la caduta
delle ragioni di un codinismo marcato dagli spruzzi antifascisti (puntualmente
catalogati da Fabrizio Cannone nel quotidiano on line Libertà e persona)
spruzzi emanati da un pensatore brasiliano, che venerava la memoria di
Churchill, "salvatore dell'umanità".
Ad ogni
modo, nella prima guerra d'indipendenza gli italiani si batterono eroicamente e
furono sconfitti dagli errori dei loro comandanti (del generale mazziniano
Gerolamo Ramorino, ad esempio) piuttosto che dall'esercito austriaco.
Fra i
valorosi combattenti italiani vi fu un anche un santo, il Beato Francesco Fàa
di Bruno da Alessandria, uno studioso noto per l'opposizione strenua ai
liberali piemontesi.
Non si
vede la ragione del disprezzo che alcuni militanti del movimento tradizionista
rovesciano sulla memoria degli italiani, che nel 1948 presero le armi per
liberare le regioni d'Italia occupate dallo straniero cattolico di nome
giuseppinista di fatto.
La
divisione seminata dagli austriaci ha gettato un'ombra sul risorgimento ma non
ha abbattuto le nobili ragioni dell'insorgenza dei cattolici italiani contro
l'invasore austriaco, alfiere di un errore ultimamente associato al
giansenismo.
Le
ragioni della guerra all'Austria erano dunque radicate nella storia del
Cattolicesimo e non nei progetti eversivi e parassitari della massoneria.
Pellicciari tenta di rettificare il giudizio di Benedetto XVI , che ha
riconosciuto "il particolare legame che da tempo unisce l'Italia al
Successore dell'apostolo Pietro, il quale ha la sua sede proprio nell'ambito di
questo Paese, non senza un misterioso e provvidenziale disegno di Dio",
sostenendo che tale disegno si è scontrato con molteplici nemici "gli
ultimi dei quali ... furono gli uomini del Risorgimento, che si ripromettevano
di purificare l'Italia dal virus cattolico".
Se non
che tale giudizio si applica alla minoranza massonica infiltrata nel movimento
unitario, che fu condiviso dalla maggioranza degli italiani di fede cattolica.
Al
proposito Pasqualucci rammenta che, fino agli anni Cinquanta del XX secolo, i
monarchici napoletani furono fedeli ai Savoia e non ai Borboni.
Non si
può tacere l'attitudine della storiografia di stampo massonico ad esagerare ed
incensare la presenza dei massoni nella storia e a nascondere la loro
conclamata complicità con le monarchie scismatiche, indifferenti quando non
contrarie al bene spirituale e materiale della nazione italiana.
Una
storiografia intesa a screditare l'unità e finalizzata alla celebrazione della
felicità dei regni pre-unitari rischia infine di trasformare la cultura
tradizionista in un club di sognatori e marciatori antistorici.
Piero Vassallo
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