giovedì 16 aprile 2015

CROLLI E PRECARIETÀ (di Piero Nicola)

Nel tempo remoto, in particolare gli edifici pubblici, così come i templi, venivano costruiti per durare. Essi ricevevano un'impronta di monumentalità. Perciò da Roma, dalla Grecia, dall'Egitto ci sono pervenute piramidi, mura, colonnati, vestigia di teatri, di fori, di terme, d'anfiteatri, di palazzi, di ponti e acquedotti. Né il medioevo fu da meno, lasciandoci chiese, castelli, auguste sedi di potestà civili, che trasmettono Storia. Le epoche successive immortalarono similmente il loro stile sin nelle ville e nei giardini. Finché, nel secolo scorso, con lo pseudo-stile del razionalismo s'inaugurò l'architettura momentanea, che non si curava di parlare ai posteri. Di certo, i grandi architetti dell'avanguardia svincolata dai canoni tradizionali non la pensarono così. Tuttavia le opere dei fuoriclasse si mantengono a fatica, sotto la campana di vetro della fama accademica e di restauri estenuanti. Nell'Occidente evoluto le opere non transeunti cominciarono a scarseggiare.
  L'Italia di quel periodo fece eccezione. Allora si continuò a usare rivestimenti e strutture fatti per sfidare le ingiurie del tempo, ed essi armonizzavano con una ammodernata classicità delle linee e degli stilemi.
  Da noi si proseguì a costruire senza risparmio di spazio, ubbidendo ai criteri di una grandezza consona ai criteri della salubrità, dell'igiene. Le scuole, già dagli inizi del '900 venivano edificate con aule di ampie dimensioni specie in altezza, con finestre che immettevano luce abbondante e che non era necessario aprire, giacché, sotto i davanzali avevano aperture tipo feritoia, per un buon ricambio dell'aria.
  Nel dopoguerra del benessere tanto spreco di ornamento e di spazio fu considerato vecchio e antieconomico. Negli ospedali, negli edifici pubblici, nelle scuole, ovunque fosse possibile si cominciò col ribassare i soffitti, col restringere e suddividere gli ambienti alzando tramezze e paratie. Ma tra il controsoffitto e il soffitto, nel vuoto usato per farvi passare ogni sorta di tubi e di cavi, dapprima si dovette ignorare che cosa potesse succedervi, poi, fedeli alla parsimonia, infine costretti a risparmiare, si omise l'installazione delle spie che rivelassero guasti o crepe dovute a infiltrazioni d'acqua o ad altri accidenti.
  Pur non essendomi esaurientemente documentato sull'origine degli incidenti più o meno gravi accaduti nelle aule, dove calcinacci o pezzi di soffitto sono caduti addosso agli allievi, appare affatto verosimile che in molti casi le cose siano andate quali conseguenze di quanto ho esposto sopra.
  Circa le costruzioni per uso abitativo o per usi della comunità compiute dopo la ricostruzione postbellica, cioè quando lo stesso aspetto esteriore veniva lasciato anonimo e sempre più assumeva il carattere dell'utilità priva di valore estetico, ossia prendeva la foggia dello scatolone un po' adattato, mette conto riportare un servizio giornalistico che ho letto su un quotidiano piuttosto controcorrente.
  La notizia è degna di nota, come è da notare il silenzio dell'informazione su di essa, su un dato notevole della catastrofe che ha fatto parlare e scrivere molto, restando fonte di commemorazioni, di recriminazioni e di polemiche. Si tratta dell'Aquila terremotata.
  Orbene, all'Aquila hanno subìto crolli o gravi danni case, chiese, palazzi edificati prima del Ventennio o dopo il Ventennio: le costruzioni stile Novecento ne sono uscite quasi indenni.
  Perciò è scontato che nel tempo della precarietà, nella cui fuga in avanti i nababbi d'Arabia elevano grattacieli fantasiosi che arieggiano gli scenari teatrali, che oggi ci sono e domani, cambiata la moda della messa in scena, vanno alla rottamazione, è scontato, dicevo, che quando la ricca, emblematica Las Vegas appare un gigantesco Paese dei balocchi, destinato a cambiare faccia di più e magari più in fretta dell'aggiornamento d'una Disneyland, i nostri ponti contemporanei possano crollare, le strade nuove sprofondino e le autostrade scivolino a valle, i palasport si affloscino come castelli di carte, la Nuvola dell'EUR abbia abortito come una Torre di Babele, e via dicendo. Qual è il nesso? La follia dell'usa-e-sostituisci, il malato bisogno di nuovo, insensibile alla civiltà, risiedono in una corruzione dello spirito: eletta matrice della corruzione venale sia di mafie spadroneggianti, sia della debolezza comune che vi fa riscontro.
  Futile indignarsi del dissesto idro-geologico non prevenuto, sprecato scandalizzarsi perché Pompei va in rovina. La rovina sta negli animi postmoderni, magari affascinati dalle antichità oltre l'interesse economico del turismo, ma lontani dalla giustizia e dal suggello, variamente misterioso, messo dal Creatore su tutte le cose.  
  Gira e rigira, rieccoci a toccare con mano la corruzione nel sordido effimero di questa evoluzione democratica.


Piero Nicola

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