Certamente il fedele non può fare processi
canonici. Tuttavia il laico ha il diritto e il dovere di impugnare l'eresia che
provenga dalla Santa Sede occupata da un errante, essendovi l'assenza di una
Gerarchia che svolga questo compito di contrasto a un magistero e a un governo
operanti per la perdita delle anime. Ne deriva che il giudizio sull'eresia,
predicata e attuata, comporta anche un giudizio e un'accusa rivolta alla sua
fonte, dalla quale è imperativo difendersi. Quindi giova svelare - con
l'invariata facoltà della ragione - l'essere del responsabile, il suo
comportamento, il genere della sua responsabilità; sempre per la salvaguardia
del gregge tratto in inganno. Tratto in inganno, si badi, su un punto enorme:
il peccato mortale.
Antonio
Socci ha recentemente pubblicato La
profezia finale. Lettera a papa Francesco sulla Chiesa in tempo di guerra (Rizzoli,
2016), e ha inviato a Bergoglio il saggio contenente, nella prima parte, le
profezie apocalittiche riguardanti il mondo qualora non si converta e non
faccia penitenza, mentre la seconda parte, lettera aperta, "è una serrata
critica a papa Bergoglio di cui l'autore ricorda minuziosamente tutti gli atti
e le parole che, fin dall'inizio del suo pontificato, hanno lasciato sconcertati,
affranti e a volte scandalizzati i fedeli" (citazione da un articolo di
Roberto de Mattei).
"La
scongiuro: ripensi a tutta la strada che ha fin qui percorso, eviti altri passi
gravissimi, come un'Esortazione postsinodale che apra alle idee del cardinale
Kasper" Socci ha supplicato nel suo scritto, dove troviamo anche:
"Perché Santo Padre, ha cessato di opporsi a quel micidiale attacco alla
famiglia che il mondo ha intrapreso da anni?" riferendosi alla legge
Cirinnà passata al Senato e a una legge analoga approvata in Irlanda.
L'invio
della supplica è stato rispettoso e riverente. Tanto che simile riconoscimento
da parte di Socci, ha fatto notare lo smentirsi del suo precedente aver
confutato la validità dell'elezione di Bergoglio.
Questi ha
risposto, il 7 febbraio: "Caro fratello, ho ricevuto il suo libro e la
lettera che lo accompagnava. Grazie tante per questo. Il Signore la ricompensi.
Ho incominciato a leggerlo e sono sicuro che tante delle cose riportate mi
faranno molto bene. In realtà, anche le critiche ci aiutano a camminare sulla
retta via del Signore. La ringrazio davvero tanto per le sue preghiere e quelle
della sua famiglia. Le prometto che pregherò per tutti voi chiedendo al Signore
di benedirvi e alla Madonna di custodirvi. Suo fratello e servitore nel
Signore, Francesco".
Dunque
Bergoglio ha avuto il tempo di considerare la "serrata critica" prima
di emanare la sua Amoris laetitia. Sebbene
egli astutamente dica che ha solo "cominciato a leggere" le
"critiche". Ma critiche e suppliche dello stesso genere gli furono e
gli sono state di recente spedite da più parti; sicché egli non può avere la
scusa dell'ignoranza. Se ne deduce che le ha respinte a ragion veduta nondimeno
con l'ultimo suo documento magisteriale e disposizione pastorale.
Il 13
aprile scorso vengono mortificate le
ultime speranze riposte in colui che materialmente detiene il potere del
Vaticano. Egli si rimangia l'apprezzamento del diritto a criticarlo.
Quanto
al suo misfatto dogmatico che inficia le prerogative papali, che cosa manca
ancora alla gravità dell'errore, alla predicazione di esso e alla di esso
imposizione a tutto il clero e ai fedeli? Se egli dichiara di non stabilire più
regole dogmatiche alla fede e ai costumi, ma in concreto lo fa, non è forse
peggio che se riconoscesse di averlo fatto, che se riformasse formalmente
articoli di fede? Sarebbe scusabile e destituita di effetto questa malizia e la
generale negazione dell'eresia? Dovremmo anche noi ignorare la realtà in nome
di cavilli giuridici, per altro smentiti - tra l'altro - dalla stessa
Enciclopedia Cattolica (vol. VI, col. 1922) che afferma l'infallibilità
consistere nel Magistero costante e universale della Chiesa?
Il 13
aprile Antonio Socci è costretto a scrivere:
"Anche oggi, all'udienza del mercoledì, Bergoglio [egli non osa più
chiamarlo papa] attacca coloro che
non sono d'accordo con il suo "nuovo vangelo", che ha appena espresso
nella sua Esortazione, dove ribalta il magistero di sempre della Chiesa.
"Il
'misericordioso' vescovo di Roma si scaglia violentemente contro quanti
difendono la dottrina cattolica e li chiama sprezzantemente 'farisei'
(dimenticando, fra l'altro, le proteste del rabbino capo di Roma per l'abuso di
questo termine).
"Bergoglio dunque bombarda pesantemente quelli che restano fedeli
alla dottrina cattolica, citando gli scontri dei farisei con Gesù. e quindi
identificando se stesso con Gesù.
"Solo che, nella sua continua manipolazione dei testi evangelici,
dimentica (o finge di dimenticare) che sull'indissolubilità del matrimonio (che
è il vero oggetto della Esortazione perché legittima il secondo matrimonio, la
convivenza, ecc.) i cosiddetti 'misericordiosi' (cioè i bergogliani del tempo)
erano proprio i farisei, mentre Gesù era il 'rigorista'che condanna il ripudio
e il secondo matrimonio (Mt. 19, 3-12) e chiama all'amore per sempre, elevando
a sacramento il matrimonio.
"Quindi, tuonando contro i cosiddetti 'rigoristi', in realtà
Bergoglio tuona contro Gesù stesso. Lo fa in nome della misericordia, ma Gesù è
proprio la Misericordia fatta carne [...] è anche la Verità fatta carne".
Approfitto
di queste note per un'aggiunta sul disastro morale di cui dà spettacolare
esempio Bergoglio, anche con la complicità del nostro governo. Egli ha portato
in Italia, nella Comunità di Sant'Egidio, dodici rifugiati siriani di religione
maomettana. Vale la pena sottolineare la violazione della legge
sull'immigrazione, poiché è scontato che i dodici
resteranno nella nostra Patria, a prescindere da ogni accertamento sul loro
diritto ad abitarci. Resta poi ingiustificato il criterio per il quale costoro
sono stati preferiti a tutti gli altri rifugiati a Lesbo che si trovavano nelle
loro medesime condizioni. Infine, un capofamiglia di questo gruppo, un
ingegnere, ha detto alla televisione (telegiornale del 18 c.m.) di aver
rifiutato l'arruolamento nell'esercito combattente contro l'Isis per motivi di
obiezione di coscienza. Dunque, almeno moralmente, si tratta di un disertore.
Riguardo al fatto che questi profughi siano infedeli immessi nel gregge
cattolico senza alcuna cautela e prevenzione, siamo abituati all'ennesima
conferma dell'eresia per la quale gli infedeli non sono pericolosi per le anime
(e per la società civile) a motivo dei pari diritti attribuiti a ogni falsa religione
nei confronti di Dio.
Piero Nicola
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