Lasciamo stare i molli pacifisti e gli attuali storici
di professione: anche gli studiosi che ambiscono a restare nella Storia e
soprattutto nella mente di Dio come onesti testimoni, si sono smarriti o trovati
in imbarazzo circa la dichiarazione di guerra che l'Italia presentò a Francia,
Gran Bretagna e Stati Uniti, per iniziativa del capo del governo e con l'avallo
del re, non più Re Soldato.
Le
conseguenze furono una sconfitta militare, accompagnata da un crollo politico
determinato non tanto dalla demoralizzazione e diserzione popolare quanto dal
cedimento dei vertici del regime, complice la monarchia. Essa provocò il
rinnegamento e la messa al bando degli artefici di un ordine civile; provocò,
col suo voltafaccia nei confronti dell'alleato germanico, la reazione degli
italiani che ritennero di opporsi al misfatto e al nemico originario. Infine,
Vittorio Emanuele II fu all'origine della guerra fratricida, e resta il
sospetto che egli abbia voluto la disfatta fin da principio, a vantaggio delle
massonerie internazionali, poiché il fascismo era sfuggito al controllo che
avevano supposto di poter esercitare su di esso.
Ma
immaginiamo un'Italia fascista neutrale, ingiustamente colpita da sanzioni
economiche e da una propaganda ostile, una Patria astenutasi dall'intervenire
nel conflitto, sebbene l'alleanza con la Germania, il famoso Patto d'acciaio,
l'obbligasse, almeno moralmente, a schierarsi al fianco di Hitler. Forse costui
aveva usato maniere forti per ottenere in Polonia il Corridoio di Danzica,
città di popolazione tedesca; sta di fatto che gli Alleati dichiararono una guerra
evitabile e dovuta soprattutto a motivi politici.
L'errore
di Mussolini, spinto dall'ostilità delle grandi democrazie, di unire le nostre
sorti all'empio dittatore di Berlino fu una colpa non lieve. A parte ciò, egli
avrebbe dovuto, ad ogni modo, accettare un isolamento che ci rendeva vittime di
sistemi statali prepotenti, ipocriti, inferiori sul piano della civiltà e della
giustizia (il seguito della degenerazione occidentale lo ha ampiamente
dimostrato), i quali, aspirando al dominio planetario, paventavano che il
fascismo potesse conquistare il mondo ancora sotto la loro influenza e
penetrare nel loro stesso seno?
Vediamo
dunque il nostro ipotetico futuro di neutrali dopo la prevedibile fine del
nazismo. Ecco una nazione che ha disertato il campo di battaglia, costretta a
subire il sopruso, di nuovo messa in condizione di dover combattere, senza
speranza di vittoria, oppure rassegnata a sottostare. La crisi economica,
l'assalto delle seduzioni ideologiche comuniste e liberali, le inevitabili
provocazioni non raccolte, ci avrebbero tormentato e immiserito. Dio nuovo il
dilemma: guerra disperata ma onorevole, esempio tramandato ai posteri, altrimenti,
la servitù.
Qualcuno
dei nostri ha addotto il presunto
totalitarismo del Ventennio come motivo della sua messa al bando a priori.
Invece il Ventennio vide una fioritura culturale polivalente - nell'ambito del
rispetto d'un ordine non iniquo, né irreligioso - alla quale contribuirono e
aderirono quasi tutti gli intellettuali, gli artisti e gli scienziati di
quell'epoca. O la Storia è già stata scritta, e dobbiamo desistere dal
rimetterci mano?
Piero Nicola
Nessun commento:
Posta un commento