Di generazione in
generazione la sua misericordia per quelli che lo temono.
Luca, I, 50
Legittima
moglie del re inglese Enrico VIII (1491-1547) era Caterina d'Aragona (1485-1536),
donna purtroppo inabile a generare un figlio maschio, Caterina fu tuttavia
regina d'alto profilo spirituale, e sagace allieva e interprete della dottrina
di San Tommaso Moro (1478-1535).
Malauguratamente
Enrico, che in gioventù aveva dimostrato una illuminata fedeltà alla Santa
Sede, rovesciò la sua intelligenza nella disonesta e sfrenata passione per la
cortigiana Anna Bolena, alla quale si legò con un rito invalido, celebrato da
un vescovo eretico e codardo.
Papa
Clemente VII, che un tempo stimava il re inglese, nel 1536, a malincuore, fu
costretto a scomunicare il bigamo che, per ripicca, indirizzò la Chiesa
d'Inghilterra all'infelice e sterile cammino dello scisma e della feroce
inimicizia nei confronti dei cattolici.
Il
cammino dell'eresia fu tracciato dal delirante Atto di supremazia, che
proclamava il re inglese capo supremo – dopo Cristo – della Chiesa
d'Inghilterra.
La
tracotanza del re conquistò il cuore dei pavidi e dei pusilli, ma allontanò
dall'infetta corte gli uomini d'alto intelletto e di nobile sentire.
In
prima linea fra i dissenzienti al re eretico e stragista, fu il filosofo e
cancelliere Tommaso Moro, che conosceva il carattere suscettibile e iroso del
suo re.
Moro
agì con somma cautela, tuttavia non poté disobbedire alla sua coscienza e
conservare una carica che contemplava l'approvazione del comportamento del re
scomunicato.
L'implacabile,
fumanete superbia dell'infettato re si rovesciò allora contro l'irriducibile
cancelliere.
Il
risentimento del re (vero padre – insieme con Lutero – del furore anti
cattolico) si manifestò il 13 maggio del 1534, allorché Tommaso Moro,
processato da un canagliesco tribunale, insieme con il cardinale refrattario
John Fisher (1469-1535) rifiutò di riconoscere la validità del divorzio e del
successivo matrimonio del re con la chiacchierata Bolena.
Moro
e Fisher ascoltarono impassibili la condanna a morte decretata dalla follia di
un re intossicato dalle spirochete, e salirono sul patibolo piuttosto che
rinnegare la sacralità del matrimonio indissolubile.
Nel
1936, papa Pio XI ha solennemente riconosciuta la virtù eroica dei martiri
Tommaso Moro e Giovanni Fisher, testimoni del Vangelo di Nostro Signore.
Mentre
sputo allegramente in faccia alla (pseudo) legge divorzista in disgraziato
vigore, mi domando quale sia la ragione della sentenza vaticana che permette
l'accesso alla Mensa eucaristica di persone viventi fuori dalla legge stabilita
da Nostro Signore. Come posso pregare i santi Moro e Fisher quando la loro
resistenza al male divorzista è destabilizzata e quasi ridicolizzata dai
ragionamenti (o arzigogoli) di un'autorità galoppante nelle prateria del
buonismo o arrampicata sulle viscide colonne del quotidiano Repubblica?
Piero Vassallo
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