La legge naturale è inclusa nella legge di
Dio. Ciò non si discute. La morale di Cristo perfeziona la morale iscritta
naturalmente nel cuore umano; sebbene l'uomo sprovvisto della Fede e della
Grazia non possa adempiere né l'uno né l'altro dovere, così come l'ebreo non
era in grado di osservare il Decalogo, ovvero la legge mosaica.
Cristo, poi, diede i consigli evangelici a
quanti fossero idonei ad avviarsi sulla via della perfezione. E per questi eletti vige una norma che può superare,
in certo qual modo, la morale comune, la quale tiene debito conto delle
conseguenze.
Per esempio, chi dona i suoi averi ai poveri,
può alquanto diseredare i propri figli. Chi porge l'altra guancia
all'offensore, può trascurare il rispetto della legge che prevede la legittima
difesa. Chi sovviene alle necessità del diseredato e del forestiero, può con la
sua carità trascurare la scrupolosa valutazione delle conseguenze, pur
osservando abbastanza le giuste
disposizioni del governo civile in tale materia. Certi atti dell'eroismo
cristiano travalicano, con il loro valore soprannaturale, i motivi che li
sconsiglierebbero per il bene della comunità.
Tuttavia occorre distinguere il debito
dell'individuo dal debito civico. Riguardo al perdono, indispensabile per il fedele,
non è affatto dovuto nell'esercizio del governo civile o ecclesiastico; ed
anche il singolo che perdona deve denunciare all'autorità il suo perdonato
colpevole. Colui che soccorre l'affamato, lo denuncerà qualora sia persona
nociva al consorzio civile e al bene spirituale (p.e. trattandosi di un eretico
o di un infedele refrattari alla conversione).
Quando Gesù parla delle beatitudini dei
miseri o si identifica nei bisognosi rispetto alle opere di misericordia
prestate loro, presuppone in essi anche una certa innocenza. Egli dice:
"Beati i poveri in spirito" (Mt. 5, 3). "Senza la povertà
spirituale la stessa povertà effettiva non gioverebbe all'anima"
(Dizionario di Teologia Morale, Ed. Studium 1954, p. 1034). Superbi e invidiosi
non sono mai i poveri di Cristo.
Questo complesso di verità è stato travisato
e stravolto dalla pestifera conduzione ecclesiastica soprattutto negli ultimi
tempi. Si sono abusati alcuni detti del Vangelo per tradirne i dogmi, al solito
fine modernista e demagogico. Si viola la norma inderogabile per la quale, tra
l'assistenza durevole prestata all'emigrante e l'opporgli il rifiuto essendo
egli un elemento dannoso moralmente e spiritualmente, nonché non assimilabile
alla comunità nazionale e di fatto ad essa ostile, occorre optare per il
respingimento o il rimpatrio.
La faccenda è già stata oggetto di ampia
disquisizione da parte di amici della giustizia, che sono pervenuti a
conclusioni analoghe. Ma molte buone coscienze, da tempo sollecitate dal
martellamento del buonismo e della pietà sentimentale, necessitano di conforto
per disfarsi dell'etica falsa e svirilizzata.
Se è ormai fuori luogo considerare la indegna
voce di Bergoglio, non è inutile prendere in esame i casi della sventurata immigrazione
che ci colpisce e colpisce gli stessi indotti a praticarla.
Anzitutto bisogna distinguere tra genti
cristiane e genti maomettane, che non si integrano nel nostro Paese, né altrove
in Europa; tra quelli che dispongono di mezzi e gli indigenti; tra chi ha vero
titolo di fuggiasco e chi non ce l'ha.
All'origine ci sono dei quesiti che appaiono
irrisolti e che danno adito a gravi sospetti. Che cosa spinge gli emigranti a
mettere la vita a repentaglio? Dove prendono il denaro per effettuare i viaggi
pagando il proprio sostentamento e gli scafisti
o altri trasportatori? I poteri colpevoli non danno le possibili risposte.
Si può capire che cristiani siriani o
iracheni non idonei a combattere il nemico, rischino la vita, anche della
famiglia, pur di non restare in campi di profughi sotto un governo musulmano
(p.e. turco). Essi inoltre potranno avere in tasca il denaro con cui pagare il
passaggio. Per costoro può essere debita l'accoglienza da noi, tuttavia come
stranieri, sino a quando non abbiano maturato requisiti per l'acquisto dei
gradi di cittadinanza.
Per gli indigenti, è verosimile ci sia
un'organizzazione, che si tiene nell'ombra, la quale provvede alle loro spese. I
gestori del traffico hanno un grande interesse a convincere o a forzare gli emigranti,
coinvolti in una sorta di tratta degli schiavi.
Gli infedeli poveri, come quelli che tali non
sono, è verosimile che ormai conoscano a sufficienza il grave pericolo cui
vanno incontro. Quanti di essi fuggono dalla miseria, dalla guerra o sono ingiustamente
perseguiti in patria è difficile che per ciò siano costretti a mettere la vita
a repentaglio. Essendo impossibile accertarne la giustificazione, bisogna
considerarli responsabili della loro temerarietà. Solo per questo, respingerli
sarebbe un doveroso provvedimento, che porterebbe all'estinzione del
deplorevole fenomeno, con risparmio di vite umane. Non esiste forse una legge
che vieta di rischiare la propria vita per uno scopo che non sia quello della
sopravvivenza o quello dell'eroico altruismo? Essi sopravviverebbero nella loro
terra o dove si trovano come già vi sono sopravvissuti.
Concludendo, la morale illibata comanda,
salvo eccezioni, di respingere immediatamente tutti gli stranieri di cultura
incompatibile con quella italiana, che intendono venite per mare o per terra
sul nostro patrio suolo. Gli eventuali soccorsi necessari devono essere temporanei,
fintanto che i bisognosi siano riportati nel luogo confinante da cui sono
venuti. Se sono partiti da uno stato che non è il loro, esso è responsabile del
loro sconfinamento.
Resterebbe un certo statale dovere di
soccorrere nei loro paesi i reali disgraziati spinti ad emigrare a causa della fame
e di altre sventure. Non curiamoci delle organizzazioni internazionali o delle
nazioni ricche, che avrebbero il compito di provvedere e non provvedono, e che
sarebbe meglio se si astenessero dall'intervenire in quanto portatrici di orribili
corruzioni. Resta comunque evidente la difficoltà di un intervento efficace che
implicherebbe intromissione nella sovranità di altri stati. Il semplice invio
di aiuti economici andrebbe valutato caso per caso. Ad ogni modo, è iniquo
togliere risorse e lavoro ai nostri cittadini indigenti - e sono tanti - per
destinarle a indigenti stranieri.
Da tutto ciò emerge il vile e distruttivo
sfruttamento della sensibilità e dei sentimenti dei nostri connazionali,
indotti a trasgredire la giustizia, col solo risultato di giovare ai bassi
interessi di tali sfruttatori politici e clericali.
Il segretario della CEI Galantino non ha
mancato di farsi sentire - a proposito di un eventuale registrazione degli immigrati a bordo delle
navi che li raccolgono in mare - per ribadire la disonesta e infine criminale accoglienza
promossa dalla pseudochiesa, che sistema il suo falso umanitarismo su basi
eretiche.
Piero Nicola
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