mercoledì 8 giugno 2016

Dopo l'eclissi della politica d'ispirazione cristiana

 La classe dirigente del partito democristiano, molto prima di naufragare nelle acque grigie (fumo di Londra) del progressismo  secondo Matteo Renzi, aveva tentato di nascondere, nell'ombra di una rivoluzione felpata, l'intenzione di modernizzare e quasi sovietizzare la dottrina sociale della Chiesa.
 L'avveniristico progetto fu concepito e promosso dagli esponenti dal circolo dei piissimi e devoti sinistrorsi radunati dal professor Giuseppe Dossetti. Dal cardinale Alfredo Ottaviani furono definiti  “pesci rossi d'acqua santiera”.
 Consapevole dell'involuzione in atto nel partito democristiana, Pio XII, alla vigilia delle elezioni  del 18 aprile 1948, aveva affidato a Luigi Gedda il compito di suggerire agli italiani  il voto per la Dc quale scelta del male minore. Scelta dichiarata dai manifesti dei Comitati Civici.
 La minacciosa, temibile presenza del blocco social-comunista aveva nascosto, in una plumbea ma rassicurante nuvola, l'errore progressista, incubato dalla modernizzante Dc.
  Il 18 aprile del 1948, tuttavia, la Dc ottenne, dalla paura del comunismo, una schiacciante maggioranza: il  48,5% dei voti e 350 deputati contro il 30% dei voti (183 deputati) ottenuti dal Fronte Popolare.
 Pio XII confermò tuttavia la sua diffidenza nei confronti degli esponenti democristiani rifiutando (più volte) di ricevere Alcide De Gasperi, che richiedeva insistentemente un'udienza.
 Quasi volesse confermare i sospetti di Pio XII, De Gasperi dilapidò e inquinò il consenso ottenuto il 18 aprile, preferendo l'alleanza centrista (con i rappresentanti dell'anticlericalismo: liberali, socialdemocratici e repubblicani) a quella con le destre (che contavano una quarantina di deputati meglio orientati).
 Una scelta insensata, quella “centrista”, che svelò l'inettitudine democristiana a respingere l'attacco forsennato e perverso sferrato dagli alleati divorzisti e abortisti.
 Finalmente la presenza degli alleati laici della Dc sul palco del comunista Enrico Berlinguer, festante vincitore del referendum sul divorzio, è l'emblema dell'inganno, che ha causato le disastrose scelte centriste di De Gasperi e dei suoi successori.
 Dopo la disgregazione della Democrazia cristiana e l'infausto rovesciamento delle sedicenti avanguardie cattoliche nel partito dei progressisti, le scelte dei fedeli precipitati e confluiti nel vuoto della teologia progressista, manifestano l'assenza di un programma seriamente inteso (e qualificato) a sollecitare il voto degli italiani fedeli alla loro millenaria tradizione.
 Nella prima fase della decadenza del cattolicesimo politico, la Dc è stata estenuata e vanificata  dalla scelta di attuare una politica discordante dal magistero ortodosso di Pio XII.
 Dopo il Concilio Vaticano II la politica democristiana è stata investita dallo strisciante influsso del pensiero moderno, letto sotto la conciliante e gregaria luce delle opere di Jacques Maritain e di Pierre  de Chardin.
 L'inascoltato Cornelio Fabro, nel saggio Introduzione all'ateismo moderno, aveva dimostrato l'impossibilità di un accordo del pensiero cattolico con il pensiero moderno, in cui si attua il rovesciamento della ragione nell'irrealtà: “Il principio fondamentale del pensiero moderno fa scaturire dall'uomo e non dall'essere stesso il fondamento della verità e del valore … questo fatto attesta l'ambiguità del principio d'immanenza e quindi la polivalenza antitetica dei suoi sviluppi e delle sue conclusioni - di razionalismo, empirismo, idealismo, materialismo, positivismo e neopositivismo, pessimismo, titanismo, pragmatismo, esistenzialismo”
 Al seguito della filosofia di Maritain, la Dc, ha ceduto alla tentazione del suicidio intellettuale e politico. Inutilmente padre Fabro ha annunciato la catastrofe, inscritta a caratteri cubitali, nell'avventuroso aperturismo democristiano, l'ostinazione aperturista si è rivelata invincibile.
 La desolata scena della politica italiana è completata e purtroppo perfezionata dalla confusione babelica delle culture sedicenti tradizionali e dalla discordia regnante sugli studiosi attivi nella confusa e litigiosa area destra.
 Nell'area degli oppositori alle riforme contro natura, purtroppo si agitano, in strutturale confusione, tradizionalisti cattolici e tradizionalisti neopagani, tomisti ed evoliani, risorgimentali e antirisorgimentali, sabaudi e borbonici, nazionalisti e asburgici, europeisti e anti europeisti, liberisti e socializzatori.
 L'uscita dal regno rovente della confusione ideologica e la guarigione dalla fragilità destra saranno ottenuti (si spera presto) dall'atteso restauratore della politica conforme al diritto naturale, cioè da un autentico seguace dalla filosofia di San Tommaso d'Aquino, che è stata interpretata fedelmente e proposta dal compianto padre stimmatino Cornelio Fabro, quale uscita di sicurezza dalla confusione generata pensiero rivoluzionario.
 Il dialogo maritainiano e dossertiano con il pensiero moderno è finalmente escluso dall'esito della corsa illuminista in direzione delle sedi umide vespasiani  metafisici nei quali è celebrato il rito del laicismo, che mostra infine la sua strutturale e polimorfa oscenità.


Piero Vassallo

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