Quando si è al cospetto di un
personaggio scomodo, controverso, ma onesto, gli studiosi, anche i più
accreditati, fuggono per la tangente non avendo, essi, il coraggio di prendere
posizione e, di conseguenza, di assumersi le proprie responsabilità di fronte
alla storia. Nella fattispecie, la personalità discussa risponde al nome di
Piero Operti (1896-1975), piemontese di nascita, ma ligure di adozione.
Dopo gli studi, culminati con le lauree in
lettere e giurisprudenza, Piero Operti insegnò storia e filosofia nel
prestigioso Liceo Classico ‘V. Alfieri’ di Genova anche se – indagato, durante
il fascismo, per la sue amicizie, segnatamente quella con Piero Gobetti – fu
d’autorità trasferito a Napoli. Visto che non tutti i mali vengono per nuocere,
l’esilio partenopeo, diciamo così, gli fu proficuo perché, come è a tutti noto,
egli venne in contatto con Benedetto Croce al quale scrisse anche una famosa
‘Lettera aperta’.
Poiché nel 1920 l’intellettuale di Bra (Cuneo)
era stato aggredito da alcuni esponenti di sinistra, egli così, nella
menzionata ‘Lettera aperta’, riferì al filosofo dei distinti: “Inermi e
mancanti chi del braccio, chi della gamba, eravamo nella impossibilità di
opporre qualsiasi reazione: ci strapparono le medaglie; le calpestarono; non
fecero di più, soddisfatti del gesto o spenta l’ira dalla nostra passività, e
si scostarono. Noi raccogliemmo dalla polvere le nostre medaglie e tornammo
all’Ospedale”.
Nella replica, il pensatore abruzzese rispose,
tra l’altro: “Mio caro Operti, la sua lettera, o meglio la sua analisi della
nostra condizione presente e della storia nostra recente, è quale io dovevo
attendermi da Lei, dalla sua profonda rettitudine, dalla sua sincerità, dalla
sua colta e lucida intelligenza, dalla sua valentia di scrittore che sa dire
tutto quello che vuol dire”.
Pure il filosofo crociano Vittorio Enzo
Alfieri ebbe parole lusinghiere nei riguardi dell’uomo politico e di cultura di
Bra definendolo “un uomo di carattere, una pura e alta coscienza morale: tale
appare Piero Operti a chi, avendolo conosciuto di persona o anche solo
attraverso i suoi scritti, mediti oggi sulla nobiltà e coerenza di quella
vita”.
L’Autore, scrisse anche altre ‘Lettere aperte’
sebbene non avessero avuto lo stesso successo di quella diretta al filosofo di
Pescasseroli. Degna di nota, comunque la lettera a Luigi Einaudi, allora
Presidente della Repubblica; Piero Operti fu anche un pregevole scrittore e,
all’occorrenza, vogliamo ricordare la sua biografia dedicata a Bartolomeo
Colleoni - intitolata ‘Il Condottiero’ - due volumi della ‘Storia d’Italia’ e,
come afferma Giulio Vignoli, diede alle stampe, “dopo la guerra per Paravia un
grosso dizionario della letteratura italiana, molto ben fatto”.
Antifascista di stampo liberale,
l’intellettuale ligure-piemontese venne anche sospeso dall’insegnamento, mentre
durante la Resistenza il Comitato di Liberazione Nazionale lo nominò capo di
alcune formazioni partigiane: egli era, infatti, nemico sia dei nazifascisti
che dei comunisti. Uomo leale, come abbiamo accennato, l’Autore scrisse una
lettera anche a Junio Valerio Borghese, Comandante della celebre X Flottiglia
M.A.S., riconoscendone il coraggio e le virtù militari.
Di idee monarchico-liberali, Piero Operti
venne nominato da Umberto II componente della Consulta dei Senatori del Regno,
presentandosi, altresì, come uno dei primi ad avvertire la necessità di
condurre una riflessione seria su ciò che era stato il fascismo che, seppur
condannato, andava sottoposto, secondo lui, ad indagine storica “sine ira ac
studio”. E, infatti, nella ‘Lettera’ al Presidente Einaudi egli scriveva
testualmente: “La Storia non pronunzia, senza fretta alcuna, i suoi verdetti se
non dopo aver pesato la consistenza delle ragioni ideali e pratiche presenti
negli opposti campi”, in attesa - con la scomparsa dei protagonisti del momento
storico - della dissoluzione delle idee che avevano alimentato quelle passioni.
Operti, infine, che era un sincero antifascista, non ebbe alcuna remora a
dialogare con Nino Tripodi – noto esponente del regime, prima della guerra
mondiale, e non meno celebre rappresentante del M.S.I., dopo il conflitto – anche
perché il senatore e Presidente del citato partito era un dotato intellettuale,
autore di tanti libri, famoso il saggio ‘Italia fascista in piedi’, e un
protagonista indiscusso della cultura di Destra apprezzata anche dagli
avversari.
Non a caso, l’esponente monarchico – che era,
come abbiamo più volte rilevato, un genuino e schietto antifascista - non ebbe
nessuna remora a redigere la Prefazione ad un libro di Tripodi, consapevole
delle feroci critiche e dei non meno spietati insulti da parte di chi non aveva
capito, o non aveva voluto capire, che egli era un individuo probo ed una
persona di notevoli convinzioni morali.
Sintomatica, al riguardo, la sua conclusiva
professione di fede etico-politica: “Risparmiato dalla guerra e dalla
guerriglia, scampato all’ecatombe Liberatoria, sopravvissuto a Coltano e alla
galera, vengo dinanzi a Voi, o Signori, a confessare il cumulo dei miei
delitti”. Questi era Piero Operti.
Lino Di Stefano
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