Le cinque piaghe della città progressiva
L'accecante
fumo di Londra. Il viaggiatore
ignaro, che ha accesso casuale alla caffetteria genovese, frequentata dagli
occupanti i vertici chic della città superba, è avvolto e
stordito dal denso fumo di Londra. Lo smog è emanato dagli abiti liberali,
indossati da oligarchi serotini, in solenne movimento sul palcoscenico del
regresso mentale. Intorno alla piazza prospiciente al bar il giro
vizioso/fumoso delle automobili. Sulla triste scena incombe la statua di un
profeta ottocentesco, al quale la vox populi attribuisce poteri sfortunanti.
A monte della malinconica statua un pubblico giardino è ridotto a ritrovo di
cinedi e tossici.
L'alterigia rovesciata contro “il figlio della
portinaia”. Il cardinale Giuseppe
Siri è l'unico genovese (discendente, peraltro, da non genovesi) rammentato nei
libri di storia del Novecento. Una tale qualità è giudicata imperdonabile dagli
azzimati frequentatori della stimata caffetteria, in cui si incontrano i
figuranti della ambidestra farsa cittadina. La fulminante idiozia dei genovesi
rovesciati nell'imprenditoria fallimentare, si chiede come può il figlio di
un'umile portinaia diventare principe della Chiesa e amico di un nobile pontefice.
Il mormorio della città alta è tuttavia accompagnato dall'implacabile fruscio
delle carte bollate, sulle quali è elencata la catena dei fallimenti
totalizzati da armatori, industriali, grossisti, dettaglianti, albergatori, trasportatori e artigiani di
vario e secco ramo genovese.
Il monumento alla morte borghese. Oggetto dell'universale ammirazione dei necrofili e
degli scrittori di guide turistiche a sfondo iettatorio è il cimitero
monumentale di Staglieno. Il triste luogo espone le reliquie dei sussiegosi
ascendenti degli avventori oggi stanzianti nella citata/pregiata caffetteria.
Nel marmo violato e degradato da ignobili scalpelli, scultori prezzolati e
impudichi hanno rappresentato il coito del cattivo gusto con la vanagloria di
una eletta gongolante nei tenebrosi ambulacri e cortili della necrofilia.
L'immaginaria insurrezione. Il cardinale Siri ha osato confutare la mitologia
intorno alla presunta insurrezione
genovese contro il tedesco invasore. La verità storica contempla infatti
un colloquio (avvenuto nell'agosto del 1944) del vescovo Siri con il generale
Meinhold, comandante dei reparti tedeschi occupanti Genova. Il citato generale
confidò a Siri la sua ferma opinione sulla sconfitta incombente sulla Germania
e annunciò l'intenzione di evitare inutili spargimenti di sangue quando fosse
maturato il tempo della ritirata dei tedeschi da Genova. Alla vigilia del
fatidico 25 aprile del 1945, Meinhold comunicò a Siri l'intenzione di
sottoscrivere la resa dei tedeschi ai partigiani italiani, prima della pacifica
ritirata da Genova. Firmato da Meinhold l'atto di resa resa, i soldati tedeschi
abbandonarono la città dirigendosi verso il Brennero. L'insurrezione dei
genovesi contro i tedeschi, pertanto, è una leggenda smentita categoricamente
da Siri. Di qui il sordo e invincibile malumore degli esponenti della sinistra
genovese. Lo storico Raffaele Francesca, dal suo canto, ha dimostrato che il
cannone di piazza De Ferrari, esibito dagli storici quale prova dell'insorgenza
partigiana, è un pezzo d'antiquariato, abbandonato dai tedeschi perché inutile.
La genoanite. L'orgoglio cimiteriale
dei genovesi contempla inoltre due sommi valori: lo stile inglese e il
socialismo tranviario.
Lo stile inglese, propriamente detto genoanite,
contempla un vertice in cui si officia il culto degli scudetti ottocenteschi,
che premiarono le scampagnate domenicali di pedatori anglo-italo-svizzeri.
Il socialismo tranviario incensa la memoria di
un sindaco bigliettaio, celebrato autore
di inchini al cospetto della regina d'Inghilterra, gesti classificati dagli
storici progressisti quali felici e intelligenti imitazioni dell'orsetto
elettronico, che divertiva i bambini negli anni settanta del ventesimo secolo.
Si svela infine il mistero di una città in perpetua/perfetta/armoniosa
oscillazione tra gli eletti del bar esclusivo e le sezioni periferiche del
proletariato. L'attualità di Genova, in ultima analisi, è la proiezione a
sinistra di una storia che ha inizio dalla fuga delle navi genovesi dalla
battaglia di Lepanto. Fuga dal rischio, fuga dall'avventura, fuga dalla storia.
Fuga dalla realtà. La perfetta, superba, marmorea immagine di una città a
struttura anticattolica, tombale e (ovviamente) antifascista.
Piero Vassallo
Nessun commento:
Posta un commento