L'orrore
destato dai feroci e assurdi delitti compiuti da conclamati psicopatici,
dimessi dopo l'ascolto di sermoni freudiani e la prescrizione di tranquillanti
pasticche, induce il profano ad una sospettosa considerazione intorno alla
serena convivenza di normalità e follia. Tale ardita coabitazione, a tempo
debito (correvano i tumultuosi, fosforescenti anni Sessanta) fu progettata e
gridata da Franco Basaglia, illuminato psicopompo & direttore del manicomio
demo-buonista di Gorizia.
Autorevoli psichiatri, attivi nell'area della
scienza illuminata dalla misericordia cristiana, avevano sollevato ragionevoli
e tempestivi dubbi intorno alla imprudente e rischiosa dimissione dei malati di
mente, proposta dagli esponenti di psichiatria democratica.
Nelle pagine di Renovatio, la rivista
del cardinale Giuseppe Siri, un illustre psichiatra, il prof. Bruno Orsini,
aveva contestato e puntualmente confutato la teoria a monte della liberazione
basagliana.
Se non che il progressismo è fallocrate e,
come il fallo del proverbio, non vuole pensieri. L'urlo falloso della
scienza progressiva, infatti, tacitò i critici di Basaglia e li respinse nella
oscura e maladetta cajenna dei reazionari.
In nome della Bontà, il parlamento, teatro di
scientifiche flessioni e di acrobatiche giravolte democristiane, votò la legge,
che metteva in libertà il delirio.
Approvata la legge fatale, il sole scientifico
spuntò sul mattino della libera immaginazione. La festa intitolata alla
liberazione della malattia mentale, fu celebrata da tuffi nel vuoto, corse
incontro alle porte a vetri e da massacri in famiglia e in strada.
La rivelazione del costo associato al gaudioso
abbattimento del manicomio allarmò perfino i membri di psichiatria
illuminata, e tuttavia suggerì la pia sopportazione delle imprese
sanguinarie compiute dai folli dopo la felice liberazione.
La psichiatria democratica sguinzaglia i
delitanti, il delirio uccide. In compenso le reti televisive, unificate dal
moralismo surreale, urlano contro la ferocia degli assassini. Il sangue macchia
i teleschermi, ma la contemplazione della patologia a monte degli orrori
è severamente proibita. La psico-democrazia non deve essere chiamata in causa.
Basaglia non si discute. Non si freni la democratica corsa della malattia
mentale.
Gli avversari del delirio, propriamente detti
testimoni dei fatti, pensano ostinatamente che l'urlante schizofrenia sia causa
di omicidi impunibili e di sanguinari attentati alla tranquillità nell'ordine.
In altri termini, i medici realisti sostengono che i basagliani hanno aperto
una finestra scientifica affacciata sulla cronaca nera.
Mentre le reti televisive, tra la notizia di uno
psico-massacro e l'altro, annunciano il miracolo strepitoso di Bergoglio, la
casa editrice Cantagalli pubblica Dio o niente, il testo di una conversazione del cardinale Robert Sarah con
lo scrittore Nicolas Diat.
L'alto prelato rivela, ad esempio, che “Francesco
rimprovera spesso e con forza i sacerdoti e i religiosi che sono diventati
funzionari della fede, in una forma di ripiegamento identitario e rigido del
sacerdozio”. Domanda indiscreta: quale è l'alternativa bergogliana alla curva
figura del prete identitario e ortodosso? La dritta figura del prete
senza identità o quella del teologo eterodosso, squillante in tutte le
occasioni del vaniloquio modernista? L'indulgenza gommosa del predicatore di
successo?
Il fantasma di Basaglia corre a perdifiato tra
le righe fumose della teologia buonista. Indossate vesti ecumeniche, la psiche
dei modernizzatori si è rovesciata – squillando e gongolando – negli ambulacri
teologici, conquistati dall'amoroso dialogo del pastore telefonico con i promotori dell'ateismo salottiero.
Le bergogliane parole in telefonica libertà,
turbano e imbarazzano i fedeli refrattari alle parole in libertà, fedeli fra i
quali si distingue il sagace, implacabile Antonio Socci.
Il cardinale Sarah, dal suo canto, è
tormentato dal desiderio di allontanare (con la necessaria cautela)
l'angosciante dubbio che incombe sull'intrepida e squillante teologia di
Bergoglio: “Da parte mia, non credo che il pensiero del Papa sia mettere in
pericolo l'integrità de magistero. In effetti nessuno, nemmeno il Papa, può
distruggere né cambiare l'insegnamento di Cristo, Nessuno neanche il Papa può
opporre la pastorale alla dottrina. Sarebbe ribellarsi a Gesù Cristo e al suo
insegnamento”.
Sarà
un caso, ma la negazione della negazione afferma. Inoltre i limiti del dialogo
sono indicati dal cardinale Sarah con
una chiarezza, che non sempre si legge nei documenti e nelle dichiarazioni di
Bergoglio e dei vescovi progressisti: “Oggi, penso che dovremmo smetterla di
discutere come intellettuali irrispettosi, che danno l'impressione di
contestare l'insegnamento di Gesù e della Chiesa.”
L'opportunità
di ricorrere alla fermezza discende infatti dalla visione dell'empietà
politicante: “Alcuni governi occidentali, con grande disprezzo di Dio e
della natura promulgano leggi insensate sul matrimoni, la famiglia e la vita”.
Di
qui la proposta di mettere un freno alla lingua dei teologi di stampo
basagliano e alla demagogia in corsa nella domanda “chi sono io per
giudicare?”.
Di qui, infine, un duro monito, “La Chiesa
non può comportarsi con leggerezza davanti a Dio”.
Tale
sentenza è indirizzato ai preti conformisti e ai giornalisti pavidi, che non
osano insorgere contro le leggi infami e demenziali, concepite da demagoghi
storditi dal chiasso proveniente dall'Europa gongolante nel vespasiano e
nell'obitorio. La leggerezza che approva la pederastia ha origine da una
passione mortifera, circolante nel pensiero dei legislatori democratici.
All'assordante giornalismo laico, che
giustifica e applaude gli atti sessuali contro natura, rispondono il silenzio e
le mezze parole della teologia aggiornata e rispettosa.
Piero Vassallo
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