Palmiro Togliatti “era un
fascista con i gay”. Lo sostiene scandalizzato un redattore del sito gay giornalettismo.
L'immaginario, settoriale e fratto fascismo di Togliatti è senza dubbio
una esagerazione di stampo quasi isterico.
E' innegabile, tuttavia, che il 30 settembre
del 1949 Pier Paolo Pasolini fu espulso dal Pci (togliattiano e cripto
fascista) per indegnità morale, dopo che l'autorità giudiziaria aveva riconosciuto
il poeta colpevole di corruzione di minori.
In un corsivo pubblicato nel quotidiano
l'Unità si leggeva che “la responsabilità di tali atteggiamenti
[pasoliniani] era dovuta a influenze nefaste di tipo letterario”, influenze esercitate da scrittori, un tempo
non stimati dai comunisti, quali Jean Paul Sartre (autore della commedia
anticomunista Le mani sporche) e André Gide (autore di dichiarazioni
antistaliniste, diffuse dopo il suo
deludente viaggio a Mosca).
La flessione eseguita dai redattori del
quotidiano ateo e comunista davanti alla morale cattolica e alla cultura del deprecato
ventennio, dimostra che, nel primo dopoguerra, il ribrezzo e l'avversione
alla pederastia erano condivisi da una schiacciante e obbligante maggioranza di
italiani trasversali.
Si celebravano i massacri dei fascisti nella primavera
radiosa, ma si accoglieva la bieca avversione delle camicie nere alla
pederastia.
D'altra parte era rispettata universalmente e
incensata la costituzione repubblicana, che all'articolo 29 privilegiava “la
famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” e ne riconosceva gli
speciali diritti, diversamente da ogni altro tipo di unione.
L'impetuoso vento pederastico, che soffiava
dalla California dell'instancabile militante Herbert Marcuse, purtroppo
investì l'Italia alterandone la cultura e infettandone la tradizione religiosa
e civile.
Pasolini fu riabilitato e incensato dagli
intellettuali emergenti nella sinistra affascinata o posseduta dal vizio
californiano. Al suono martellante del jazz estremo, la sodomia entrò nelle
severe e refrattarie cellule del partito operaio.
Il 3 novembre del 1975 Pasolini, assassinato
da Giuseppe Pelosi, un ragazzo di vita con il quale l'illustre pederasta si era appartato per
consumare (a pagamento) atti sessuali contro natura, fu addirittura promosso al
nobile grado di vittima sacrificata sul pio altare della trasgressione.
Nel giro di un quarto di secolo il poeta, che
era stato squalificato e reietto dal Pci proletario, diventò emblema e testimone
(martire) del vizio praticato nei circoli della borghesia, espugnata e
rieducata dagli intellettuali progressisti.
Al pensiero sodomitico il potere politico
e il salotto culturale competono, lo ha rammentato ultimamente l'umorista
Marcello Rambaldi Guidasci di Parabiago, autore del divertente atto unico Incularella
ridens, che suscita la risata che compete a un fosforescente delirio nel
vespasiano.
Aurelio Pace e Carlo Di Pietro, autori del
ponderoso saggio Gender, dal loro canto
affermano risolutamente che “L'omosessualismo si configura come un movimento
ideologizzato, spesso abitato anche da soggetti eterosessuali, sovente
anticlericali ed insofferenti alle regole, secondo cui il comportamento
omosessuale deve essere sempre oggetto di orgoglio e vanto, mai di critica e
mai di ponderata valutazione”.
Non contrastata dal potere esercitato da un boy scout circondato da bellone di
sacrestia e di cellula, capo di una squadra pavida e rassegnata ai al peggio,
l'infezione omosessualista infine si rovescia nel pensiero chic, che contagia
la pedagogia della repubblica e offre agli scolaretti delle elementari fiabe
pornografiche, ad esempio la sconcezza intitolata “Perché ho due papà”.
Con venti anni di ritardo rispetto ai
governi del Nord Europa, che hanno applicato alla pedagogia il pregiudizio omosessualista prima di
scoprirne la strutturale e furente insensatezza, i progressisti al potere in
Italia, tentano d'insinuare
surrettiziamente un progetto screditato e ridicolizzato.
Dall'aspersorio di Vespasiano scende
l'acqua della rivoluzione ultima. Scalfarotto e Cirinnà, promotori
crepuscolari ma squillanti delle leggi gay, manifestano l'invincibile
ridicolaggine e la miseria dei loro ardenti pruriti e tradiscono l'appartenenza alle vischiosità storiche,
a tempo debito catalogate e messe fuori gioco dagli scritti dell'insospettabile
Benedetto Croce.
Va da sé che non è nostra intenzione
contrastare la bollente/rovente/indomabili circolazione dl pruriti nelle vene
dei riformatori omofili. Attraversate le festanti trincee del buonismo, la
filosofia e la teologia a monte della sodomia sfuggono alla presa dei frenatori
(peraltro deboli e impauriti).
L'abbattimento delle barriere elevate dal
senso comune e la renitenza del clero progressista hanno incendiato la volontà
dei riformatori sodomitici, attualmente posseduti dall'invincibile convinzione
di rappresentare la sapienza di un futuro, scritto nelle infuocate passioni dei
sodomiti e dei gomorriti.
La sconfitta della scolastica gay incombe tuttavia nelle assurdità
gridate dai banditori di un progetto laido, che ferisce l'innocenza dei piccoli
prima di cozzare contro il muro della verità.
La ragione capovolta e intossicata dagli
sculettanti progressisti e la viltà dei sedicenti moderati metteranno in pista un vizio mosso
da una invincibile balordaggine e perciò destinato ad estenuarsi correndo sulla
pista del disordine.
Non rimane altra risorsa che la seduta sulla
riva del fiume che trasporterà, infallibilmente, i rottami di un sogno malnato
e malvissuto.
Piero Vassallo
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