martedì 29 settembre 2015

DEMOCRAZIA NON TOTALITARIA? (di Piero Nicola)

Da varie parti, persone oneste si indignano perché i pubblici poteri domestici o sovranazionali, formalmente democratici, hanno mostrato di essere totalitari. In particolare, questo sdegno crescente si è avuto in occasione delle manovre governative per stabilire leggi e introdurre insegnamenti scolastici in modo sleale, non democratico, carpendo la buona fede del popolo.
  Beata ingenuità! si potrebbe osservare. O in che mondo vivono questi signori dabbene? Sennonché si tratta di persone vigili, colte, che non si fanno irretire e si battono, specie con la penna, per la buona causa della legge eterna. E allora che cosa significa la fiducia da essi riposta nel sistema democratico, nella sua garanzia contro il totalitarismo, o meglio, contro il cattivo totalitarismo?
  Intanto c'è da domandarsi che idea essi abbiano del regime totalitario, visto che di sistemi dittatoriali o oligarchici o comunque autoritari, reali, se ne sono visti e se ne vedono parecchi e molto differenti.
  Si può convenire che le democrazie reali e non teoriche (si dimostra però che la puntuale attuazione della democrazia teorica genera ingiustizia andando contro natura) rendano più difficile prendere provvedimenti contrari al bene comune rapidamente, e servirsi d'una propaganda incontrastata, almeno all'interno del paese. Ma chiunque non s'immedesimi troppo nel sovrano popolare e nelle lusinghe delle libertà di espressione e del diritto di voto, e faccia un buon uso spassionato dell'intelligenza, deve accorgersi che in tutte le democrazie dirige l'orchestra un'oligarchia, più o meno variegata, quasi come avviene nei regimi autoritari, anche autocratici (non c'è sovrano assoluto che possa decidere e dirigere tutto da solo e di testa sua); deve ammettere che i partiti e il governo, di qualunque colore esso sia, determinano l'opinione pubblica, i costumi e, in qualche modo, ottengono quello che vogliono.
  Dunque, la differenza sostanziale tra un sistema politico e l'altro è apparente. A onor del vero, una differenza c'è. In democrazia, i partiti al comando hanno al vertice uomini d'indeterminata provenienza, che non danno altra assicurazione al di fuori della loro abilità politica, ed essendo in competizione fra loro, non v'è certezza alcuna che emergano i migliori. Se poi questi dovessero prevalere, i cattivi e corrotti sono molti: secondo le regole del gioco, mettono i bastoni tra le buone ruote. Inoltre, i reggitori democratici dipendono da un partito, sono condizionati dalle sette, dai poteri forti del paese e ancor più dell'estero. Viceversa un autocrate è molto più libero, e potrà essere ignorante, cattivo, perverso, oppure alquanto capace, saggio e benefico, se non benefico affatto (p.e. un re santo, un sovrano cattolico, come ce ne furono in Francia, Spagna, Svezia, ecc. e, in tempi recenti, un Salazar, fu in discreta armonia con la nostra buona Chiesa).
  Circa i rigori degli stati totalitari, può fare un maggior numero di vittime innocenti il disordine e il machiavellismo degli stati liberali.
  Perciò quei nostri amici che si battono onorevolmente per la giustizia, conviene che si rendano davvero liberi, liberati dal pregiudizio, dal tabù o dal mito della democrazia. Ne saranno fortificati.
  Capisco che qualora manifestassero la loro cognizione delle attuali costituzioni e istituzioni e delle loro fatali messe in pratica, andrebbero incontro a incomprensioni disdicevoli, però la chiarezza interiore, che è in grado di fare il punto con i debiti riferimenti e non con abbagli, dovrebbe evitare di addurre questi ultimi nei giudizi, e si può tacere prudentemente per non destare scandali nell'uditorio impreparato.
  Quali valori, quali vantaggi, quale bene comune sono venuti dalle celebri carte dei diritti del cittadino, dai principi delle rivoluzioni d'America e di Francia, dai sistemi politici da essi generati? Ne sono sortiti empio laicismo, crescente negazione del diritto naturale, sino alle aberrazioni legislative a cui stiamo assistendo. E non si venga a dire che l'arbitrio della sovranità popolare, delle leggi emanate da autorità svincolate dalla rettitudine, che il vizio legalizzato e tanta decadenza delle coscienze derivano dalle manipolazioni della democrazia, dai tradimenti perpetrati ai suoi danni. Sarebbe disconoscere il peccato originale, sarebbe presumere che l'uomo reso arbitro del bene e del male, senza dover sottomettersi alla guida che è custode della vera giustizia, divenga giusto di per se. Purtroppo una finta chiesa ha acconsentito a questa chimera storicistica dell'uomo fattosi accorto degli errori e capace di rettificarsi. Ovvero si è acconsentito alla sciagurata tesi crociana per la quale la libera gara delle forze e delle facoltà consegue l'auspicabile risultato, quasi in virtù d'una selezione naturale.
  I fatti dimostrano a iosa come niente di ciò accada. I lupi in veste filantropica hanno il sopravvento, e il pascolo dei lupi è proprio la democrazia. Non è pessimismo sull'essere umano, è dottrina cattolica priva di edulcorazione, di falsificazione.
  Non sono i padri delle libertà abusive e dell'uguaglianza immaginaria e sovvertitrice ad aver esaltato la natura umana, contro la sua realtà e contro la norma rivelata? Sono loro i campioni del regime democratico. Che cosa c'era da aspettarsi se non corruzione, perversione e il dominio ipocrita e artatamente violento? Quale moderna democrazia si è uniformata alla Legge di Dio, dando buona prova, anziché allontanarsene e rendersi permeabile alle cattive influenze? Ne è una conseguenza il disastro che ci colpisce (progressiva menomazione della famiglia, della identità e della tradizione nazionali, denatalità, malcostume, libertinaggio, mafie invadenti, droga, ateismo, nichilismo, religione falsificata, ecc.).
  Il liberalismo è essenzialmente democratico,  violenta le coscienze, usa anche metodi coercitivi adonestati, e il liberalismo è una giungla democratica, organizzata e condotta da una cricca di senza Dio e senza Patria.
  Le democrazie occidentali hanno abbattuto il nazismo e hanno contribuito alla caduta del comunismo sovietico, ma per sostituirvi la loro perversa egemonia, il loro totalitarismo. Tanto è vero che vogliono rovesciare la democrazia della Russia, perché non sarebbe abbastanza ortodossa, e non è conveniente alla loro dottrina, ai loro interessi, alle loro mire.
 

Piero Nicola

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