mercoledì 30 settembre 2015

La fede e la ragione dopo il delirio sessantottino

 Lo stato comatoso della filosofia postmoderna dimostra finalmente che le tenebre non alloggiavano nella Scolastica medievale ma negli occhi della civetta hegeliana, che spiccò il volo in direzione del cimitero francofortese, in cui sono caduti i pensieri a monte delle moderne rivoluzioni.
 Emblema della catastrofe ultimamente inseguita dalla mente rivoluzionaria è il furore sprigionato dall'irrazionalismo sessantottino. Il fine della rivoluzione ultima era evocare l'ectoplasma del pensiero selvaggio e riversarlo nella democrazia giovanile. Di qui l'irruzione della sofistica fulminante, che si manifestò nell'urlo di Herbert Marcuse, secondo cui il principio di identità e non contraddizione è strutturalmente e colpevolmente fascista.
 Priva di identità e in guerra spietata contro la logica, la sofistica si riduce all'illuminazione di una scena desolata, che rappresenta lo squillante trionfo della magia nera, officiata dai banchieri e dagli ectoplasmi politicanti.
 Banchieri ventriloqui, travestiti da pii educatori, tirano i fili di burattini decerebrati, mettendoli al lavoro nei luoghi deputati all'obbedienza alla chiacchiera e alla scrittura medianica.
 La banca, ultimamente, persuade i maestri del vaniloquio laico e/o clericale a benedire e soccorrere i nemici della Cristianità, che attraversano l'ex mare nostrum.
 Allarmata dalla tranquilla, ecumenica invasione dell'errore maomettano, la minoranza pensante del clero e del laicato cattolico comprende la necessità di riflettere sull'urgenza di rivalutare le difese immunitarie attive nel pensiero cattolico.
 Di qui l'attenzione all'opera di San Tommaso d'Aquino, l'ingente eredità scialacquata dalla setta dei modernizzanti, durante gli anni del vano inseguimento delle antichità sofistiche, in discesa rovinosa sulle piste battute dalla sedicente avanguardia cattolica.
 Quantunque nascosta dalle nebbie franco-germaniche, emanate dal concilio Vaticano II, la vitalità della metafisica tomista è dimostrata dal progressivo avvolgimento dei più avanzati sistemi prodotti dal mondo moderno nella spirale sofistica, che, lo rammenta l'autorevole Antonio Livi, ha ultimamente rovesciato il pensiero laico “in una verità di tipo gnostico, incomunicabile perché del tutto priva di agganci con i dati dell'esperienza comune”.  
 Alla modernità caduta nell'ultra-antico, si oppongono il rinnovato interesse per il pensiero dell'Aquinate e l'attività di case editrici attive controcorrente (Studio domenicano, Edivi, Vita & Pensiero, Leonardo da Vinci, Fede & Cultura, Effedieffe, Solfanelli ecc.) che pubblicano le sue opere e/o i commenti di illustri studiosi cattolici (Guido Matiussi, Réginald Garrigou-Lagrange, Cornelio Fabro, Etienne Gilson, Tito Centi, Thomas Tyn, Rosa Goglia, Elvio Fontana, Paolo Pasqualucci)  che ne hanno rivendicato l'attualità.
 La più recente iniziativa della casa editrice Fede & Cultura, intesa alla riconquista della dignità, che appartiene alla filosofia perenne, è una, nuova edizione de La sintesi tomistica, un testo di Garrigou-Lagrange (1877-1964), sapientemente introdotto e commentato da Antonio Livi.      
 La necessità di riabilitare il tomismo, aggredito dal delirio teologico dei neo-modernisti, dipende (lo afferma Livi nella prefazione) dalla esigenza di ristabilire la verità intorno alla ragione e di confutare il delirio postmoderno intorno alla filosofia, che non può provare nulla contro la fede: “San Tommaso dimostra come la filosofia debba essere studiata per se stessa e per stabilire in modo puramente razionale i preambula fidei, accessibili alle forze naturali del nostro intelletto”.
 L'Aquinate ha sostenuto con argomenti inattaccabili,  che “la ragione non può provare nulla contro la fede”, e pertanto ha difeso, contro l'opinione degli averroisti, la libertà dell'atto creatore, la creazione non ab aeterno, il libero arbitrio dell'uomo, l'immortalità personale dell'anima umana.
 Va rammentato che la filosofia di San Tommaso esclude l'eventualità (ammessa da Cartesio) di un inganno prodotto dalle cose create. Garrigou-Lagrange cita al proposito l'argomento che gli scolastici del Seicento, interpretando correttamente la dottrina tomista, hanno rivolto contro il cogito cartesiano, pietra d'angolo del castello in aria costruito dall'oblio della filosofia perenne: “Se il principio di contraddizione non fosse certo, potrebbe darsi allora che io esista e non esista, che il mio pensiero personale non si distingua più da un pensiero impersonale e che quest'ultimo non si distingua più dal subcosciente o persino dall'incosciente”.
 Rilevante è la confutazione, formulata in base alla dottrina tomista, della tesi kantiana sulla causalità: “Dire con Kant che la causalità è soltanto una categoria soggettiva del nostro intelletto equivale a dire che l'assassino non è realmente causa dell'assassinio per il quale è stato condannato”.    

 E' da augurarsi che le poche citazioni tratte dall'ingente apparato di argomentazioni proposte dall'autore, faccia emergere il desiderio di approfondire la filosofia tomista, insostituibile guida degli aspiranti alla liberazione dagli incubi concentrazionari in ostinata circolazione nel cimitero della modernità.

Piero Vassallo

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