È fuori di dubbio
che la gente sia scontenta della politica e che lo scontento esprima ragioni frammentarie,
penetrate attraverso le barriere propagandistiche negli animi, i quali però
rimangono sospesi, disorientati.
Ormai l’imbonimento del governo, le
perorazioni partigiane, il conformismo dei vari mezzi di informazione sono
fruste ragne, manti logori e trasparenti sulla realtà. Gran parte del popolo,
anche nelle regioni più allineate e tranquille, ha mangiato la foglia e cessato
di credere.
C’è chi se la prende semplicemente con le
fole ottimistiche, con le promesse mancate o che andranno a vuoto. C’è chi vede
nel grosso debito pubblico accumulato una palla al piede e una condanna,
dicendo che abbiamo troppo a lungo vissuto al di sopra delle nostre risorse.
C’è chi individua la salvezza possibile in una moralizzazione: si eliminino gli
sprechi, i parassiti dell’impiego fisso, vengano colpite le rendite e i
capitali scarsamente produttivi. C’è chi imputa il disordine all’insicurezza
del lavoro e alla conseguente rovina dell’istituto familiare, cui si accompagna
la denatalità. C’è chi accusa l’alta finanza internazionale di speculazioni sul
nostro debito pubblico e di aver promosso una globalizzazione che crea una
sciagurata concorrenza del lavoro e dei prodotti, per cui si depaupera e si
disgrega il tessuto produttivo e sociale. C’è chi reclama provvedimenti che
evitino il trasferimento all’estero delle imprese e la conseguente
disoccupazione. C’è chi s’indigna perché si vendono le fabbriche agli
stranieri, che spesso anche le chiudono. C’è chi lamenta l’immigrazione: questo
versare acqua nel nostro vino, con il rischio di inacidirlo. C’è chi invoca il
ritorno alla piena sovranità dello Stato, il ritorno della lira - da stampare a
iosa come fanno col dollaro – e lo svincolo dalla tirannia di Bruxelles. C’è
chi mette il dito nella piaga della droga e della mafia viva quanto mai. C’è
chi afferma che non si combina niente senza ripristinare la moralità delle
leggi e l’ortodossia religiosa andando controcorrente a dispetto dei corruttori,
insediati nei massimi organismi mondiali e nella Chiesa. Ovviamente ci sono
quelli che adducono una combinazione di più doglianze e motivi.
In tanto disastro denunciato, molti cittadini
critici hanno la loro parte di ragione. Ma trarne una diagnosi complessiva e
l’idonea medicina è ben altra faccenda.
Ancora una volta, non sarà un certo risveglio
del popolo a produrre il rimedio.
Abbiamo avuto qualche studioso che ha proposto
la dottrina politica costruendola su un fondamento infallibile: la legge
naturale. E la dottrina sociale della Chiesa è tuttora uno strumento servibile
per il governante. Nessuno scettico potrebbe dirlo anacronistico e
impraticabile nella nostra epoca degradata. La potestà che rispetta l’Onnipotente
può sperare di goderne il favore.
Dunque che cosa manca, che cosa si aspetta?
Mancano gli uomini capaci di servirsi dei disegni messi a loro disposizione e
di tradurli in pratica.
Nessuno ha il potere di foggiare i giusti e
abili necessari. Bisognerebbe che ci fosse la loro pasta e che andassero nelle
mani modellatrici. Ma, se di ciò non si vede l’ombra, spuntano dei giusti a
fornire l’utile istruzione. Non si stanchino di renderla sempre più visibile e
luminosa; questi saggi che operano entro le guide certe della Fede, non
smettano di seminare il germe buono e di pregare!
Piero Nicola
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