domenica 23 novembre 2014

IL GUSTO DELLA CULINARIA (di Piero Nicola)

Non si discute: le trasmissioni televisive ubbidiscono alle regole ferree della vendita. Più spettatori, più sponsor, e tutti soddisfatti.
  Dunque si asseconda il gusto dei consumatori – tutti lo sono – anche se il gusto può essere indirizzato e suscitato; come difatti lo è. Che cosa suscita maggiormente gli appetiti? Ci sono appetiti elevati e appetiti a livello del suolo o del sottosuolo e nemici del pudore. Con lo sfruttamento, anche politico, di questi ultimi, il senso pudico subì violenza, fu vinto o reso frastornato, e fu grande la messe.
  Il palato fine, celestiale, è esigente e poco comune, allettarlo significa andare controcorrente rispetto alla democrazia, rispetto al regno delle quantità e alla convenienza economica. Bisognerebbe rieducare, ridestare l’ammirazione per le nobili faccende, per le dolcezze che incutono deferenza; e non mette conto darsene pensiero. Lo stesso ricorso al melodramma strappalacrime, praticato una volta, ha fatto il suo tempo. Un tanto di sentimentalismo, di buonismo, può benissimo essere mescolato ai godimenti sensuali. Meglio andare quasi direttamente alle golosità. Col disincanto proprio delle passioni grosse e facili si lavora meglio.
  Di qui, lo smercio abbondante di sesso, di giochi lucrosi, di amorazzi e amori ordinari resi sostanziosi dalla ciccia. Di qui, l’offerta di cucina, tanta cucina, che stimola i succhi gastrici e mette l’acquolina in bocca.
  Lasceremmo perdere il sangue, gli scontri truculenti, i cadaveri in putrefazione, i tavolacci dei periti settore? Giammai! Gli umori corporei rossi e gialli, gli omicidi e le torbide curiosità sono oggetto delle brame sotterranee, che l’uomo di sempre ebbe modo di sfogare al circo romano. Panem et circenses, non è vero? Non è neppure una mera coincidenza, se sono in voga negli alberghi e nelle case private i sollazzi delle antiche terme, pubblicizzati come trattamenti salutari piuttosto che sibaritici.
  Sono il critico che solleva la lastra di pietra sotto la quale pullulano i vermi? Sono quello che prende in esame il solo lato negativo? Va bene così. La critica è utilizzabile. Vorrei che i facenti da contraltare riuscissero a schiacciarmi; ma non ci credo. D’altronde, abbondano i quotati servitori dell’ottimismo conveniente.
  Allora, riveniamo ai banchi delle vivande, ai taglieri riforniti, agli apparecchi che a tutte le ore elaborano uova, carni e verdure, ai fornelli accesi sotto padelle e pentole operose; rechiamoci alle tavole e ai matterelli della pasta fatta in casa; ascoltiamo i decantatori dei cibi ricchi di vitamine e poveri di colesterolo, ricchi di grassi insaturi e miti con le coronarie. Cose buone e salutari. Che si vuole di più? Se poi, tra una zuppa di cipolla e una lepre in salmì, spunta un seno florido e profondamente scrutabile, nonché una faccia malandrina di cuoco aitante, tanto meglio. E chi li fa mancare?
  Sono lustri - che dico? - sono decenni che dura questa diuturna rassegna godereccia; eppure la sazietà non arriva. Si presume che mai arriverà. Stomaco e ventre, al pari degli organi genitali, finché sono vivi, reclamano la loro soddisfazione anche soltanto visiva. L’interesse per quanto la procura rimane invariato, vivace, e le fantasie escogitate dagli autori dello spettacolo mandano in brodo di giuggiole. Gli appassionati dell’arte di cucinare prendono lezioni preziose; i loro compagni, che ne godono, pregustano nuovi manicaretti. Chi assapora religiosamente i vini dai calici, in accompagnamento alle cibarie, offre imperdibili informazioni.
  Così, per la legge dell’incompenetrabilità dei corpi, dove ci sono questi nutrimenti e innaffiamenti solleticanti, non ce ne stanno altri. Voilà, il trattenimento riesce e regge benissimo! Quale cura mi tiene con la penna in mano? Al solito, è la preoccupazione per cui la mia critica si appunta su di una crisi ovunque sfornita di ripresa e che tuttavia vale la pena di denudare.
  I santi lo predicano e lo mostrano con la loro vita: o ci si attacca alle cose del Cielo o si resta attaccati alla terra. Lo stesso dicasi per le virtù soltanto naturali: o si tende ai beni dello spirito o si va nelle braccia della carne.

Piero Nicola



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