Non si discute:
le trasmissioni televisive ubbidiscono alle regole ferree della vendita. Più
spettatori, più sponsor, e tutti
soddisfatti.
Dunque si asseconda il gusto dei consumatori
– tutti lo sono – anche se il gusto può essere indirizzato e suscitato; come
difatti lo è. Che cosa suscita maggiormente gli appetiti? Ci sono appetiti
elevati e appetiti a livello del suolo o del sottosuolo e nemici del pudore. Con
lo sfruttamento, anche politico, di questi ultimi, il senso pudico subì
violenza, fu vinto o reso frastornato, e fu grande la messe.
Il palato fine, celestiale, è esigente e poco
comune, allettarlo significa andare controcorrente rispetto alla democrazia,
rispetto al regno delle quantità e alla convenienza economica. Bisognerebbe
rieducare, ridestare l’ammirazione per le nobili faccende, per le dolcezze che
incutono deferenza; e non mette conto darsene pensiero. Lo stesso ricorso al
melodramma strappalacrime, praticato una volta, ha fatto il suo tempo. Un tanto
di sentimentalismo, di buonismo, può benissimo essere mescolato ai godimenti
sensuali. Meglio andare quasi direttamente alle golosità. Col disincanto
proprio delle passioni grosse e facili si lavora meglio.
Di qui, lo smercio abbondante di sesso, di
giochi lucrosi, di amorazzi e amori ordinari resi sostanziosi dalla ciccia. Di
qui, l’offerta di cucina, tanta cucina, che stimola i succhi gastrici e mette
l’acquolina in bocca.
Lasceremmo perdere il sangue, gli scontri
truculenti, i cadaveri in putrefazione, i tavolacci dei periti settore?
Giammai! Gli umori corporei rossi e gialli, gli omicidi e le torbide curiosità
sono oggetto delle brame sotterranee, che l’uomo di sempre ebbe modo di sfogare
al circo romano. Panem et circenses,
non è vero? Non è neppure una mera coincidenza, se sono in voga negli alberghi
e nelle case private i sollazzi delle antiche terme, pubblicizzati come
trattamenti salutari piuttosto che sibaritici.
Sono il critico che solleva la lastra di
pietra sotto la quale pullulano i vermi? Sono quello che prende in esame il
solo lato negativo? Va bene così. La critica è utilizzabile. Vorrei che i
facenti da contraltare riuscissero a schiacciarmi; ma non ci credo. D’altronde,
abbondano i quotati servitori dell’ottimismo conveniente.
Allora, riveniamo ai banchi delle vivande, ai
taglieri riforniti, agli apparecchi che a tutte le ore elaborano uova, carni e
verdure, ai fornelli accesi sotto padelle e pentole operose; rechiamoci alle
tavole e ai matterelli della pasta fatta in casa; ascoltiamo i decantatori dei
cibi ricchi di vitamine e poveri di colesterolo, ricchi di grassi insaturi e
miti con le coronarie. Cose buone e salutari. Che si vuole di più? Se poi, tra
una zuppa di cipolla e una lepre in salmì, spunta un seno florido e
profondamente scrutabile, nonché una faccia malandrina di cuoco aitante, tanto
meglio. E chi li fa mancare?
Sono lustri - che dico? - sono decenni che
dura questa diuturna rassegna godereccia; eppure la sazietà non arriva. Si
presume che mai arriverà. Stomaco e ventre, al pari degli organi genitali,
finché sono vivi, reclamano la loro soddisfazione anche soltanto visiva.
L’interesse per quanto la procura rimane invariato, vivace, e le fantasie
escogitate dagli autori dello spettacolo mandano in brodo di giuggiole. Gli appassionati
dell’arte di cucinare prendono lezioni preziose; i loro compagni, che ne
godono, pregustano nuovi manicaretti. Chi assapora religiosamente i vini dai
calici, in accompagnamento alle cibarie, offre imperdibili informazioni.
Così, per la legge dell’incompenetrabilità
dei corpi, dove ci sono questi nutrimenti e innaffiamenti solleticanti, non ce
ne stanno altri. Voilà, il
trattenimento riesce e regge benissimo! Quale cura mi tiene con la penna in
mano? Al solito, è la preoccupazione per cui la mia critica si appunta su di
una crisi ovunque sfornita di ripresa e che tuttavia vale la pena di denudare.
I santi lo predicano e lo mostrano con la
loro vita: o ci si attacca alle cose del Cielo o si resta attaccati alla terra.
Lo stesso dicasi per le virtù soltanto naturali: o si tende ai beni dello
spirito o si va nelle braccia della carne.
Piero Nicola
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