Dovunque il guardo giro… Come il bravo
Metastasio, anch’io vedo dovunque l’immenso Dio, lo ammiro nell’opre sue, e spero di poter dire: ti riconosco in me.
Perciò
dovunque il guardo giro, oggi non facendo a meno di vedere gli
eletti del popolo, i politici multicolori quasi come la bandiera progressista, suscito
in me la pena per il loro naufragio, per la loro pochezza sprecata. La miseria
umana, l’inettitudine sono pure un dono di Dio, aiutano a essere umili e
francescani, aiutano a retrocedere tra gli ultimi e a lasciare il posto ai
capaci.
Viceversa, questi eletti tapini hanno
sciupato la loro vocazione, e fanno tanta più pena restando avvinti dal loro
commercio con i buoni elettori, che li sistemarono salvandoli dal flagello
della disoccupazione. Essi amano Iddio, si capisce, come tutti, come
consapevoli propugnatori dell’amore o come cristiani
anonimi che possano essere; ma bisogna compatire la loro debolezza umana,
la loro disgrazia di averla, per natura, ricevuta in dose piuttosto massiccia:
quella debolezza tentatrice per la quale si allungano le mani dove non si
dovrebbe, quella fragilità pure aggravata dalla malaugurata astuzia che li
affligge, e che ha troppo afflitto i creduli i quali, prestando loro credito,
di essa hanno condiviso le spese.
Ma perché adesso debbo tenere a freno
l’istinto iracondo e guardare con benevolo compatimento questi politici spostati,
disgraziati, da accomunare ai poveri indigenti, a quelli messi sul lastrico, la
loro casuccia essendo stata occupata abusivamente, da accomunare agli immigrati
tratti nel barcone alla nostra amata sponda, o passati alla chetichella attraverso
la frontiera colabrodo di Nord-Est?
Dovunque
il guardo giro immenso vedo lo strazio della divina Giustizia, abbattutasi
sulla Nazione e sui suoi presunti rappresentanti.
Sì, è accaduto un fatto determinante, un
fatto nuovo: le elezioni di ieri. Esse hanno decretato la rovina dei meschini
ben pasciuti che tirano avanti la carretta regionale e nazionale. In Emilia ha
votato il 38% degli aventi diritto, in Calabria il 43%. Oltre la metà della
cittadinanza ha detto un tondo e secco “No” al governo vigente, locale e anche insediato
nei palazzoni dell’Urbe. Ed è impossibile disconoscere che il campione
prodottosi non sia valido in modo generale.
L’affondamento del regime buono, umanitario,
largo di vedute e così illuminato da nettare l’ambiente dalla parola vizio, dalla parola zingaro, così caro da rottamare le vecchie leggi tutelari,
sostituendole con diritti e libertà d’amorevolezza sconfinata, di fiducia
magnanima, di egualitarismo generosissimo, la sua débâcle, stavo dicendo, era annunciata.
Il recente, strepitoso successo di Grillo - ad ogni modo alfiere della protesta
- l’episodio dei Forconi (dimenticato, ma sempre vivo nel suo movente), i segni
diversi del distacco dalla politica, le ultime rivolte contro gli abusivi,
contro i clandestini carezzati dai poteri nostrani, europei, internazionali,
facevano prevedere la nausea popolare e il gran rifiuto.
Il baldo Renzi, cui immaginifici creatori di
slogan sciolgono lo scilinguagnolo, canta vittoria. È normale, ma sbaglia. Il
suo piglio si snerva a furia di calpestare la modestia. Le sue ambizioni
smettono di fare colpo, mostrano la corda. Egli diventa un povero diavolo come
lo è diventato Berlusconi, e forse con maggior scorno. La sconfitta della
democrazia snobbata dall’elettorato è anche la sua sconfitta. Le frustrate minoranze
del suo partito la sfrutteranno per risollevarsi vendicativamente.
Come dare la croce addosso ai politici che per
forza di cose, per forza di sistema, sono condotti ad essere politicanti?
Comanda la legge della concorrenza, del libero mercato politico, per cui chi
non si fa volpe o lupo soccombe. Che colpa ne hanno loro, i concorrenti, se
l’uso delle armi proibite non viene impedito e le armi costano anche bei quattrini?
No, non si creda che sia giustificabile
questo costume indegno. Non è affatto lecito parteciparvi. Però così stanno le
cose.
Intanto la gente è stufa di balle, d’essere
presa in giro e tartassata, stanca di disoccupazione e di recessione,
imputabili, in definitiva, ai governanti e ai loro padroni dislocati in Europa
e in altri continenti. La trama sta venendo a galla. La rassegnazione della
maggioranza silenziosa giunge agli sgoccioli.
In Emilia, la Lega ha fatto centro, ha conquistato
il secondo posto, tuttavia i suoi voti sono diminuiti. Berlusconi naviga nella
tormenta a vele stracciate, dopo essersi appigliato a una gonnella e ai diritti
degli omosessuali, dopo aver posposto il diritto di Dio ai sondaggi d’opinione
per cui, dando una mano alla carrozza sodomitica, conserverebbe una miseria di
voti.
Dovunque
il guardo giro: “non c’è chi sia giusto, non c’è chi abbia intelligenza,
non c’è chi cerchi Dio; tutti sono usciti di strada, sono insieme diventati
inutili; non c’è chi faccia il bene, non ce n’è neppure uno. La loro gola è un
aperto sepolcro, tessono inganni con le loro lingue… non è dinnanzi ai loro
occhi il timore di Dio” (Rm. 3, 10-18); tutti sono tornati pagani, conformi
alla volontà dell’UE, che ha sradicato le sue radici cristiane, o, peggio,
tradiscono il Signore paganeggiando.
Eppure Dio domina immensamente nel panorama
funesto, resta in esso visibile, non già agli evanescenti uomini di buona volontà citati da Bergoglio e dai suoi immediati
predecessori, ma a quelli veri, sodi e fedeli.
Piero Nicola
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