Le pietose e
applaudite seduzioni operate dal piaciuto Bergoglio sono ormai innumerabili;
vanno dalle ricalcature delle eresie conciliari (p.e.: ogni coscienza è valida; verità
ed errore hanno uguali diritti) alle inammissibili introduzioni di inediti dubbi
su dogmi, al favore accordato a nuovi errori (p.e.: il Corpo di Cristo dato in pasto ai perduranti divorziati risposati o
ai pubblici sodomiti impenitenti).
Ultimamente lo si è sentito predicare - coram populo, ovvero Urbi et Orbi,
data la diffusione dei mezzi informativi - che per il Paradiso “più che di un
luogo, si tratta di uno stato dell’anima, in cui le nostre attese più profonde
saranno compiute e il nostro essere creature e figli di Dio giungerà a piena
maturazione”.
Se aveva avuto una rivelazione privata era
tenuto a dirlo, perché così ha soltanto affermato una sua fantasia, dal momento
che nessun Padre della Chiesa, nessun Santo teologo o teologo senza aureola o
serio esegeta, aveva mai stabilito che il Paradiso fosse piuttosto “uno stato
dell’anima”.
La sua idea non può passarla liscia: è
rivelato, lo si trova nel Credo, che proprio in Paradiso, e non in un posto
indeterminato, la felicità degli eletti consiste nel vedere, amare e possedere
per sempre Dio, e che, dopo la risurrezione della carne, gli uomini, nella
pienezza di loro natura, cioè in anima e corpo, saranno felici. - Le differenze
di concetto sono quindi notevoli.
L’Enciclopedia cattolica definisce il
Paradiso “luogo della beatitudine in cielo, sede gloriosa e splendente di Dio,
ove i giusti godranno la felicità eterna (Lc. 23, 43; II Cor. 12, 4; Apoc. 2,
7); vi parteciperanno, in premio, al gaudio
e al regno divino (Mt. 25, 21. 23,
24; II Tim. 4, 8).
Circa le “attese più profonde” egli prosegue
con le invenzioni. La beatitudine del pieno godimento di Dio è affatto
trascendente, come Egli lo è. Tutti i santi che hanno avuto la grazia straordinaria
di provare il folgorante Amore dichiarano che è indescrivibile e inconcepibile
Perciò è escluso che esso costituisca la mira di una nostra “attesa profonda”, destinata ad avere soddisfazione in
Paradiso.
Tale idea contribuisce a quella di creatura
che “giungerà a piena maturazione”. Compimento questo, affermato ereticamente,
perché presuppone una continuità tra l’essere umano naturale e l’eletto in
Grazia di Dio, presume un principio innato di divinità, cioè qualcosa di più
d’una disposizione a partecipare dell’Essere divino. L’uomo, anche il vero
figlio di Dio adottivo, non giunge affatto “a piena maturazione” con un principio
della Grazia che abbia in sé; per il semplice fatto che non può averlo essendo
creatura. Questa eresia non è nuova, venne ripresa da De Lubac e da lui e da
altri recata nel Concilio Vaticano II.
Gettata la pietra, Bergoglio cerca di nascondere
la mano, secondo l’uso modernista. Dice:
“Saremo finalmente rivestiti della gioia
della pace e dell’amore di Dio in modo completo, senza più alcun limite”.
Se quel “rivestiti” può disturbare un tantino
la compiaciuta logica, la mente guasta d’orgoglio dell’uditorio affezionato,
ciò che prima ha sentito rimane. Ad ogni modo, il maestro subito prende l’aire
verso una favola molto cattivante:
“È bello pensare che tutti ci ritroveremo in
Cielo. Tutti! È bello e rafforza l’anima” aggiunge spudoratamente.
No, non esagero col biasimo. Quel “tutti”
comporta che, anche soltanto sulla piazza, non ci sia chi debba dubitare della
propria salvezza, quando è di fede che persino ai santi incomba il dovere di
nutrire un simile dubbio, come difatti essi attestano che debba essere.
Ma che
pastore di pastori sarebbe mai questo il quale ignora il pericolo che corrono
tutte quante le pecorelle peccatrici? Egli dev’essere eretico o pazzo per
condursi così impietosamente! Pazzo che, dimentico del catechismo, subisce la
ormai vecchia suggestione insinuata da chi predicava che probabilmente
l’inferno è vuoto? - Ma non sorge un fesso che rigetti l’uscito dal solco!
“Tutto il Creato sarà liberato ed entrerà
nella gloria dei figli di Dio” egli sostiene, e rincara la dose:
“La Sacra Scrittura ci insegna che il
compimento di questo disegno meraviglioso non può non interessare anche tutto
ciò che ci circonda e che è uscito dal pensiero e dal cuore di Dio. L’Apostolo
Paolo lo afferma in modo esplicito, quando dice che anche la stessa Creazione,
tutto il Creato, sarà liberato dalla schiavitù della corruzione per entrare
nella libertà e nella gloria dei figli di Dio”.
Egli getta in pasto alla moltitudine uno di
passi delicati del Nuovo Testamento, su cui si sono esercitati fior di
teologici. Per giunta non cita con esattezza, ma propone una parafrasi
tendenziosa.
L’Apostolo scrive:
“Questo mondo creato sta spiando ed aspetta
la manifestazione dei figli di Dio. Perché il mondo creato è stato assoggettato
alla vanità non per suo volere, ma di colui che lo ha assoggettato con speranza
che anche il mondo creato sarà reso libero dalla servitù della corruzione alla
libertà della gloria dei figli di Dio. Dunque sappiamo che tutte insieme le
creature sospirano e sono nei dolori del parto sino ad ora. E non solo esse, ma
noi pure che abbiamo le primizie dello Spirito, anche noi sospiriamo dentro di
noi, aspettando l’adozione dei figli di Dio, la redenzione del nostro corpo.
Perché in speranza siamo stati salvati. Ma la speranza che ora si vede non è
speranza, perché come sperare ciò che uno vede? Se quello che non vediamo, lo
speriamo, lo aspettiamo mediante la pazienza” (Rm. 8, 19-25).
La rigenerazione del mondo al momento della
risurrezione dei corpi umani e del Giudizio Universale si ripete in altri passi
della Scrittura (vedi II Pt. 3, 13). Gli esegeti attendibili commentano che
tale eterna liberazione dalla morte ottenuta all’universo si deve alla gloria
dei beati, sta in armonia con la loro eterna e gloriosa risurrezione, non ha
niente a che vedere con una sorta di Paradiso Terrestre da rivivere e tanto
meno con una fase di mondo riscattato, in senso millenaristico.
È fuorviante tirar fuori che “il Creato”
entrando “nella gloria dei figli di Dio”, “il compimento di questo disegno
meraviglioso non può non interessare anche tutto ciò che ci circonda e che è
uscito dal pensiero e dal cuore di Dio”, perché lascia intendere che ciò dovrà
avvenire indipendentemente dalla umana giustificazione, dalla Redenzione, dalla
Grazia largita soltanto all’uomo.
Infatti, i commentatori giornalistici hanno
potuto dedurre che altresì tutti gli animali (sprovvisti di anima immortale)
riavranno il corpo per una vita eterna e per riabitare con noi!
Piero Nicola
Nessun commento:
Posta un commento