giovedì 27 novembre 2014

La religione di Baudelaire: L'insurrezione del pio dandy contro la natura

 Il palermitano Francesco Orlando (1934-2010), che fu docente nell'Università di Pisa, è stato uno fra i più autorevoli studiosi e interpreti della letteratura francese. Il saggio su Charles Baudelaire, L'artificio contro la natura nel mondo di Baudelaire, appena uscito, a cura di Luciano Pellegrini, dai torchi di Marco Solfanelli in Chieti,  è un prezioso repertorio di indicazioni e suggerimenti utili ai numerosi ricercatori italiani, che tentano la difficile ricognizione dell'umbratile/baluginante labirinto, in cui si aggirano le suggestive e ambigue indignazioni, baluginanti tra le righe chic, incise dai presunti ispiratori della sana rivolta contro il mondo moderno.
 Sull'incerto/equivoco/scivoloso sentiero battuto dal poeta dandy, invece, si ritrovavano gli scrittori contagiati e infiammati dall'avversione mistica contro il creato, contro la legge naturale e contro la storia: Jules Amedée Barbey d'Aurevilly, Honoré de Balzac, Gustave Flaubert. Al loro seguito irromperanno Léon Bloy, Simone Weil, René Guénon, Mircea Eliade. E l'iniziato italiano Julius Evola, un autore la cui biografia tantrica, la cui rovente ideologia e la cui cartella clinica rivelano singolari e insospettate affinità con quelle di Baudelaire.
 Sul raffinato palcoscenico dello chic antimoderno gli autori citati eseguirono  le squisite manfrine della cultura reazionaria, danzante nella mistica penombra emanata da Nicole Malebranche (il Platone dei sonnambuli)  e da Joseph de Maistre (il verniciatore azzurro della massoneria). 
 Nelle pagine di Baudelaire soffia il torrido/incendiario vento dei pensieri atti a sorprendere, affascinare e stupire l'indifeso e incauto militante della destra a trazione passionale: rifiuto di associare civiltà e progresso tecnologico, stima della giustizia implacabile e forcaiola, avversione implacabile all'americanismo, irrisione della crassa borghesia belga, denuncia dell'inumanità del capitalismo, disprezzo della demagogia, odio della metropoli brulicante, universo pietrificato cui Baudelaire oppone un paesaggio onirico. 
 Se non che le passioni civili esibite dall'autore de Les fleurs du mal sono inquinate e sottomesse a una sotterranea religione di stampo dualistico - "ma religion travestie" - una teologia che contempla l'opposizione del principio maschile - incarnato nella pia impassibilità e dal distacco del dandy - al principio femminile - rovesciato "nella natura abominevole che non ha altro merito che di bramare l'appagamento della sua fame, della sua sete e della sua foia".
 Di qui il rovente disprezzo per il creato, l'illusione di avere più fantasia di madre natura e il sogno di ridipingere il mondo: prati rossi, fiumi color oro, alberi blu. Un  fantasticheria che, lo rammenta Orlando, invaderà la mente dei surrealisti e degli astrattisti, Rimbaud, Apollinaire, Mallarmé, Tzara, Lorca. 
 L'avversione al femminile in Baudelaire coabita nondimeno con la nostalgica idolatria della figura materna, oggetto di "una sudditanza infantile a sfondo sensuale e pagano ... che si colora, invece, di cattolicheggiante spiritualità e associa l'amore del Bello a un misticismo sottomesso".
 Alla luce di una ragionevole psicoanalisi, Orlando rivela il Baudelaire libertino, piamente estenuato,  ossia un tradizionalista di anticipato stampo postmoderno, che "si abbandona in estasi davanti a figure femminili ... teneramente materne e confortanti, così che sulle loro ginocchia si potrà reclinare il capo e, ben più di quanto non si goda di un amoroso presente, vagheggiare con delizia un perduto passato".   
 Puntualmente narrato da Orlando, il tradizional-decadentismo di Baudelaire rivela il tarlo crepuscolare che ha estenuato e avvilito la cultura del tradizionalismo francese prima di contagiare e devastare la destra italiana, magica, pornografica e perdente.
 Grazie all'opera di Orlando, risalire alle fonti dei fiori del male consente di vedere infine la causa della malattia mortale che ha avvelenato e spento il partito della destra tradizional/libertina di  Evola , Almirante, Plebe e Fini.
 La destra del dualismo soggiacente/oscillante tra gli uomini sopra le rovine e le rovine sopra gli uomini.

 Il partito, infine, dello scisma metale circolante tra il pio libertinismo di Baudelaire, il sulfureo tantrismo di Evola, il turismo filosofico di Plebe e le avvilenti porcherie consumate nel  talamo plebeo di Perugia.

Piero Vassallo

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