Che
differenza c'è tra il commerciante e il politico democratico? Qualcuno dirà:
"Quasi nessuna". Invece sbaglia. Il politico, sia parlamentare,
governante o amministratore, usufruisce d'un incomparabile vantaggio, giacché
la sua mercanzia consiste in programmi, leggi, regolamenti e circolari. Ed egli
con altre leggi vecchie e recenti, di sua creazione, può procurarsi l'impunità
della sua offerta e della vendita di merci scadute, avariate, allucinogene e
che inducono dipendenza, mentre fabbricanti e rivenditori comuni non godono di
simile usbergo. Per giunta, essi non dispongono di tv e giornali a tempo pieno.
Fiduciosi, ingenui idealisti allergici alla
realtà, stentano ad accettare l'analogia tra eletti o aspiranti alle cariche pubbliche
e grossisti o bottegai. Eppure, allo stesso modo, i rappresentanti del popolo
agiscono sul mercato del gradimento di massa, secondo una legge (truccata)
della domanda e dell'offerta, per riscuotere porzioni di potere, avendo modo,
grazie ai provvedimenti esitati, di gestire il servizio della cosa pubblica nel
proprio interesse. Di comune accordo, essi preparano il terreno con accorte
campagne pubblicitarie apparentemente generose e filantropiche, seguendo la
strategia delle compagnie internazionali da cui dipendono, e che stanno a loro
quasi come le manifatture stanno alla distribuzione.
Nella persuasiva opera preliminare, i
trafficanti politici sono di nascosto associati in un trust, inteso a rendere
sviato, molle e appetente il sovrano consumatore.
All'esterno, appaiono in concorrenza tra loro, ed anche lo sono come gruppi e
individui in interessata competizione, ubbidendo al gioco del sistema.
Conducono particolari ricerche di mercato per lo smercio dei rispettivi
prodotti, che in fondo hanno uguali caratteristiche, ma rivestono involucri
attraenti per i vari gusti.
Nulla di strano, se nella lotta associata o
in quella delle singole ditte determinate a catturare il pubblico acquirente,
si insinua la disonestà. Basta che i poteri preposti all'ordine siano cedevoli,
ed essa prende piede. Quando poi essi sono nelle mani degli stessi venditori,
la corruzione diventa fatale.
Basta che la tentazione del trust l'abbia
formato grande, potente e vastissimo, e già il suo bacillo sleale e disonesto è
sufficiente a moltiplicare la frode. Niente e nessuno sta sopra questo
monopolio, nessuno lo contrasta. Sia stato all'origine malandrino o debolmente
egoista, per sua natura non esita a servirsi di tutti i mezzi disponibili,
comprese le organizzazioni criminali, che pure lo condizionano a causa di un
certo disordine incontrollato.
Necessita salvare le apparenze del bene facendo
apparire benefiche derrate verminose, attrezzi pericolosi, ma l'accumulo di
tossicità inghiottita con alimenti soprattutto immateriali e l'uso degli strumenti
proibiti, di falsa utilità, dovranno sfuggire al controllo della generale organizzazione
messa in piedi dai somministratori.
Unico freno a questo regno mercantile infetto,
che potenzialmente evolve sino all'incancrenire del suo corpo, è il naturale
sentimento del costruire, del dare e avere secondo giustizia, che regola le normali
produzioni e rende possibile la convivenza. Tuttavia l'impiego spregiudicato
delle contraffazioni è maligno e la fine è soltanto ritardata.
Intanto ci piace riscontrare come la
similitudine convenga a un caso recente verificatosi nella conduzione della
cosa pubblica.
In un paese che ben conosciamo, si è tastato
il polso dei compratori, e un sondaggio deve aver rivelato che essi sono restii
ad acquistare un nuovo prodotto. Allora si è cercato di spacciarlo diversamente,
sotto forma di rimedio al male della cattiva disposizione della mente, sotto
forma di medicina dell'anima; forti dell'essersi procurato, mediante
l'aggiustamento, il sostanziale appoggio dei sedicenti grandi custodi delle
anime. Ma da qualche parte sono sorti
degli obiettori attaccati ai vecchi rimedi, i quali hanno voluto eseguire le
analisi del composto, individuando l'artificio che nasconde la sostanza
repellente e nociva.
Poiché il grande fabbricante, che ha
conquistato molte piazze mondiali, anche al di là del Vecchio e del Nuovo
Continente, preme e mostra impazienza, il suo ministeriale mandatario si è pure
spazientito, ha minacciato di appellarsi alla giustizia per la condanna degli
insistenti e incauti denigratori del prodotto. Ma forse l'agente è stato tradito
dall'ansia di conservare l'ufficio. I tempi non sono ancora maturi per
ricorrere ai tribunali trattandosi di materia soggetta a discussione. La
democrazia può diventare un'arma a doppio taglio per gli scaltri che scalpitano.
Inoltre, chi gestisce uno spaccio e si dà troppo d'attorno nel voler smerciare,
rischia che la gente, frenata da antiche remore tenaci, si insospettisca e vada
a mettere il naso nella mistura, levandolo affatto arricciato, con discredito
del propinatore.
Piero
Nicola
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