Lo stato
comatoso della filosofia postmoderna dimostra finalmente che le tenebre non
alloggiavano nella Scolastica medievale ma negli occhi della civetta hegeliana,
che spiccò il volo in direzione del cimitero francofortese, in cui sono caduti
i pensieri a monte delle moderne rivoluzioni.
Emblema della
catastrofe ultimamente inseguita dalla mente rivoluzionaria è il furore
sprigionato dall'irrazionalismo sessantottino. Il fine della rivoluzione ultima
era evocare l'ectoplasma del pensiero selvaggio e riversarlo nella democrazia
giovanile. Di qui l'irruzione della sofistica fulminante, che si
manifestò nell'urlo di Herbert Marcuse, secondo cui il principio di identità e
non contraddizione è strutturalmente e colpevolmente fascista.
Priva di
identità e in guerra spietata contro la logica, la sofistica si riduce
all'illuminazione di una scena desolata, che rappresenta lo squillante trionfo
della magia nera, officiata dai banchieri e dagli ectoplasmi politicanti.
Banchieri
ventriloqui, travestiti da pii educatori, tirano i fili di burattini
decerebrati, mettendoli al lavoro nei luoghi deputati all'obbedienza alla
chiacchiera e alla scrittura medianica.
La banca,
ultimamente, persuade i maestri del vaniloquio laico e/o clericale a benedire e
soccorrere i nemici della Cristianità, che attraversano l'ex mare nostrum.
Allarmata dalla
tranquilla, ecumenica invasione dell'errore maomettano, la minoranza
pensante del clero e del laicato cattolico comprende la necessità di riflettere
sull'urgenza di rivalutare le difese immunitarie attive nel pensiero cattolico.
Di qui
l'attenzione all'opera di San Tommaso d'Aquino, l'ingente eredità scialacquata
dalla setta dei modernizzanti, durante gli anni del vano inseguimento delle
antichità sofistiche, in discesa rovinosa sulle piste battute dalla sedicente
avanguardia cattolica.
Quantunque nascosta dalle nebbie
franco-germaniche, emanate dal concilio Vaticano II, la vitalità della
metafisica tomista è dimostrata dal progressivo avvolgimento dei più avanzati sistemi
prodotti dal mondo moderno nella spirale sofistica, che, lo rammenta
l'autorevole Antonio Livi, ha ultimamente rovesciato il pensiero laico “in
una verità di tipo gnostico, incomunicabile perché del tutto priva di agganci
con i dati dell'esperienza comune”.
Alla modernità caduta nell'ultra-antico, si
oppongono il rinnovato interesse per il pensiero dell'Aquinate e l'attività di
case editrici attive controcorrente (Studio domenicano, Edivi, Vita &
Pensiero, Leonardo da Vinci, Fede & Cultura, Effedieffe, Solfanelli ecc.)
che pubblicano le sue opere e/o i commenti di illustri studiosi cattolici
(Guido Matiussi, Réginald Garrigou-Lagrange, Cornelio Fabro, Etienne Gilson,
Tito Centi, Thomas Tyn, Rosa Goglia, Elvio Fontana, Paolo Pasqualucci) che ne hanno rivendicato l'attualità.
La più recente iniziativa della casa editrice
Fede & Cultura, intesa alla riconquista della dignità, che appartiene alla
filosofia perenne, è una, nuova edizione de La sintesi tomistica, un
testo di Garrigou-Lagrange (1877-1964), sapientemente introdotto e commentato
da Antonio Livi.
La necessità di
riabilitare il tomismo, aggredito dal delirio teologico dei neo-modernisti,
dipende (lo afferma Livi nella prefazione) dalla esigenza di ristabilire la
verità intorno alla ragione e di confutare il delirio postmoderno intorno alla
filosofia, che non può provare nulla contro la fede: “San Tommaso dimostra
come la filosofia debba essere studiata per se stessa e per stabilire in modo
puramente razionale i preambula fidei, accessibili alle forze naturali del
nostro intelletto”.
L'Aquinate
ha sostenuto con argomenti inattaccabili,
che “la ragione non può provare nulla contro la fede”, e pertanto
ha difeso, contro l'opinione degli averroisti, la libertà dell'atto creatore,
la creazione non ab aeterno, il libero arbitrio dell'uomo,
l'immortalità personale dell'anima umana.
Va
rammentato che la filosofia di San Tommaso esclude l'eventualità (ammessa da
Cartesio) di un inganno prodotto dalle cose create. Garrigou-Lagrange
cita al proposito l'argomento che gli scolastici del Seicento, interpretando
correttamente la dottrina tomista, hanno rivolto contro il cogito cartesiano,
pietra d'angolo del castello in aria costruito dall'oblio della filosofia perenne:
“Se il principio di contraddizione non fosse certo, potrebbe darsi allora
che io esista e non esista, che il mio pensiero personale non si distingua più
da un pensiero impersonale e che quest'ultimo non si distingua più dal
subcosciente o persino dall'incosciente”.
Rilevante è la confutazione, formulata in base
alla dottrina tomista, della tesi kantiana sulla causalità: “Dire con Kant
che la causalità è soltanto una categoria soggettiva del nostro intelletto
equivale a dire che l'assassino non è realmente causa dell'assassinio per il
quale è stato condannato”.
E' da augurarsi che le poche citazioni tratte
dall'ingente apparato di argomentazioni proposte dall'autore, faccia emergere
il desiderio di approfondire la filosofia tomista, insostituibile guida degli
aspiranti alla liberazione dagli incubi concentrazionari in ostinata
circolazione nel cimitero della modernità.
Piero Vassallo
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