I
catto-normalizzatori
Tradizionalisti non
vedenti la babilonia teologica
Tra
festosi squilli, fruscii acrobatici, finte frenate, pie reticenze e censurati
sospiri, è approdato alla conclusione vaga ed elusiva il sinodo intitolato
all'accarezzamento incauto e scivoloso di morbide e acritiche opinioni su
divorzio, matrimoni irregolari e sodomitiche convivenze.
La
sodomia, argomento scabroso, che, in tempi migliori, induceva al cauto
silenzio, purtroppo non spaventa i sostenitori dell'aggiornamento della morale
cattolica, trattenuti solamente dal timore della risoluta e inflessibile
dissidenza africana.
In
conclusione una permissione declinata sul pentagramma clericale del dire e non
dire: "Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità
cristiana".
Impavidi
e avventurosi teologi da palcoscenico, quasi rispondendo all'imperioso comando
"vieni avanti modernizzatore!", in equilibrio tra il dire il
non dire, alludono all'esistenza di un bene nascosto nel Vizio
ultramoderno, che è praticato e venerato dai malthusiani, esecutori della danza
oscena e macabra concepita dai francofortesi e dai californiani.
La virtù si ritira nel ritrovo degli
omosessuali? Il neo-modernismo cadrà ingionocchioni davanti a un vespasiano
iniziatico? Certo è che il delirio teologico avanza sotto il labaro raggiante,
su cui fiammeggiano le parole oscure e bifide del vizio, che squilla sotto
l'ala della thanatofilia onusiana.
Il
sedevacantismo costituisce una tentazione quasi irresistibile. Se non che il
papa regnante è soltanto il vicario di Gesù Cristo, che è il vero Capo della
Chiesa cattolica indefettibile.
Quasi
preda di un giro vizioso, infatti, il vescovo di Roma, Bergoglio, è incatenato
all'impotenza dei teologi avanguardisti, i quali, per attuare il desiderato
rinnovamento, sono obbligati a disconoscere la tradizione, ad aggirare il dogma
e, in ultima analisi, ad appoggiare le loro avventurose tesi sull'autorità che
compete ai rumorosi. applauditi ma anodini opinionisti.
Il
desiderio di associare la fede agli errori della languente modernità (un
intrepido porporato ha addirittura proposto una teologia aggiornata dalla
sorpassata e consunta filosofia di Hegel e Schelling) di conseguenza
rimane aggrappato alla chiacchiera della sacrestia desautorata.
Inoltre,
la corsa lungo la discesa in direzione della fede modernizzata è grazie a Dio è
frenata dai vescovi africani, che si oppongono coraggiosamente all'avventizia
urlante opinione dei vescovi libertini di Germania.
La
chiacchiera mondana degli opinionisti illuminati dal Vaticano II turba e
sconcerta i fedeli refrattari e tuttavia non compromette la fede nutrita e
animata dalla conoscenza dell'unica e immutabile verità.
Il
rifugio della fede intransigente in Africa è un segnale della crisi mortale in
atto nell'Europa cristiana e una previsione dello sfacelo cui è destinato il
vecchio continente, non la Chiesa cattolica.
La fede
degli europei è sotto schiaffo nelle diocesi, nelle quali la furberia del clero
modernizzante e/o normalizzante convince fedeli arrendevoli perché impreparati
a disobbedire ai suggerimenti, che sono diffusi dall'avventizia teologia messa
in circolo dal concilio rahneriano Vaticano II.
Lo
schiaffo degli innovatori, purtroppo, colpisce anche la robusta guancia di
autorevoli e pii teologi, ad esempio il veronese monsignor Gino Oliosi, secondo
cui le riforme pastorali e liturgiche attuate da San Pio X "sarebbero
state riprese ed estese alla metà del secolo da Pio XII e avrebbero dato i frutti
migliori nel Concilio Vaticani II"
[1]. Mah.
In
sintonia con mons. Oliosi, Pier Luigi Bondioni afferma che "la Chiesa
di oggi e di domani non potrà mai dimenticare il suo [di San Pio X] lavoro
e le intuizioni che hanno anticipato i tempi e preparato il terreno al Concilio
Vaticano II. Motivo in più per non permettere al tempo di depositarsi nella
dimenticanza di quanto fatto nel suo pontificato". Naturalmente
l'autore di un tale giudizio non fa cenno alla condanna del modernismo
formulata dall'anticipatore San Pio X.
L'acrobatica
associazione della teologia conciliare alla teologia di San Pio X è un segnale
lanciato da una fra le tante emittenti confusionarie, che affollano e
tormentano l'ambiente cattolico dopo il Vaticano II.
Nell'angosciante
baraonda, tuttavia, si può leggere la consapevolezza che la Chiesa
cattolica sopravviverà alla tentata
modernizzazione conservando la fedeltà alla tradizione, da cui riceve la ragion
d'essere. Il futurismo teologizzante deprime le anime e svuota le chiese, onde
la flessione del partito dei modernizzanti, costretti ad assestare un colpo
eterodosso al cerchio e un colpo normalizzatore alla botte.
In
definitiva: una Chiesa totalmente appiattita sulla teologia esangue dei
modernizzanti affonderebbe nel gorgo del delirio germanico, nel quale sguazzano
i vescovi abbagliati dai macroscopici e cadaverici errori di Hegel e Schelling.
I sogni
luterani dei teologi europei abbacinati dalla Vito Mancuso e del card. Martini,
ultimamente sono frenati dal cuore dell'Africa cattolica, che si dimostra
refrattaria a quel vizio contro natura, il cui nome fiammeggia nel labaro della
teologia affumicata.
Piero
Vassallo
[1] Cfr. la introduzione al saggio di Pier Luigi
Bondioni, San Pio X Profeta riformatore, Fede & Cultura, Verona
2012.
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