Poche finestre
si aprono sulla realtà sostanziale di oggidì come lo schermo televisivo che
mostra due convenuti in giudizio davanti a un giudice arbitro, il quale si
prende cura di motivare le sue sentenze adducendo gli aggiornati precedenti
della giurisprudenza, dovuti anzitutto alla cassazione.
Poiché il pubblico profano è autorizzato a
intervenire con le sue argomentazioni - anche i lontani che inviano lettere
elettroniche - e a discutere con i protagonisti della controversia, questo
svolgimento della mente e degli umori di una certa rappresentanza popolare dedita
all’esame del caso, presenta un interesse sociale o di costume. Tuttavia il
vaglio operato dall’emittente per formare l’anomala giuria e l’influenza della
moderatrice andrebbero debitamente valutati, perciò la digressione ci
occuperebbe alquanto e lasciamo stare.
Si può dire che quasi ogni deliberazione che
si ascolta sul finire dello spettacolo,
faccia a pugni con la legge certa che precedette gli ultimi cambiamenti radicali
o ribaltamenti, compiuti da una vera e propria rivoluzione giuridica nei
corollari.
Nella più recente puntata del processo televisivo
da me veduta, un marito citava in giudizio sua moglie, chiedendole un
risarcimento perché ella aveva abortito sua
sponte, senza neppure aver informato lo sposo della decisione presa e
realizzata.
La giudice ha ascoltato le perorazioni delle
parti in causa, messe poi alla mercé delle discordi opinioni del pubblico
giovincello o maturo, il quale liberamente si pronuncia nel merito, recando le
proprie nozioni, le proprie esperienze, la propria emotività e le proprie
intemperanze.
A questo riguardo, una digressione è troppo
allettante per essere lasciata cadere. La democrazia della classica giuria
popolare, che si ritiene in qualche maniera qualificata e avvertita da un
magistrato presidente, assume, qui in tivù, il carattere di una
democratizzazione integrale, ossia al grado pessimo, benché i voti di questi
giudici popolari rimangano distinti dalla sentenza e sovente la contraddicano.
E che dire della messa in scena dei due contendenti, cui sono affidate accusa e
difesa neanche avessero la perizia e la professionalità degli avvocati,
deputati, in ogni serio tribunale, a parlare nell’interesse dei loro assistiti?
Si capisce che il magistrato ha istruito debitamente il procedimento e ha già
scritto il dispositivo legale, ma la commedia ad usum delphini, ovvero demagogica, è nuovamente ciò che ci vuole
per mostrare l’idoneità e il pari diritto di chiunque a far valere le proprie
ragioni, in una dialettica democraticamente... costruttiva.
Orbene, essendomi tolta questa voglia di
vuotare il sacco, vengo alla scena madre
in cui prende posto sul seggio l’uomo o la donna - in questo caso una donna - alla
quale spetta di battere il mazzuolo che toglierà la seduta.
Ella ha deciso che al coniuge maschile non
spetta alcun diritto di conoscere cosa attinente alla gestazione della
consorte. Essa sola può disporre in ogni senso del proprio corpo e dell’essere
in esso concepito. La giudice è, al solito, prodiga nel dare soddisfazione al
condannato e ai dubbiosi: sciorina una sequela di decreti rilasciati in alto
loco, che, alla fin fine, discendono da una coppia di empi principi:
l’uguaglianza degli sposi, ossia l’abolizione del capofamiglia, e il diritto
all’aborto.
Colei che ha deliberato tradisce il proprio imbarazzo
di fonte al suo così reciso provvedimento. Dev’essere consapevole che, di
questi tempi, il rigore in ogni sua forma disturba animi e animucce. Infatti
qualche mamma presente appare commossa e una ragazza addolcisce lo sguardo
rivolto al povero marito di bell’aspetto. La giudice insiste nel porre
l’accento sul fatto della salute, sempre implicata nella gravidanza, salute la
cui cura spetta unicamente alla gestante. Ma si vede che la debolezza
dell’argomento mette in difficoltà la donna sul seggio. Ed ella sembra sincera
quando dice d’essere stata forzata dalla legislazione e dalla giurisprudenza,
mentre, a suo personale avviso (di cui nessuno mai si priva), sarebbe giusto un
certo riguardo verso colui che tuttavia è stato indispensabile al concepimento
e vi ha messo del suo, del suo patrimonio genetico.
Così, la conduttrice dello spettacolo ha modo
di rasserenare l’atmosfera e, neanche a dirlo, nella ripresa tivù tutto finisce
a tarallucci e vino.
Piero Nicola
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