L'unificazione
d'Italia fu compiuta con l'importante non decisivo contributo degli stranieri,
dei garibaldini, cialtroni incappucciati, e di una borghesia lanciata al furto
dei beni ecclesiastici. Non è pertanto ragionevole ridurre la storia del
movimento unitario all'azione massonica e all'avarizia della borghesia senza
princìpi. L'unità era un progetto condiviso dalla larga maggioranza degli
italiani, in quel tempo fedele alla religione cattolica. Gli archivi
parrocchiali dell'epoca registravano un adempimento del precetto pasquale da parte del 95% della popolazione.
E' onesto riconoscere la nobiltà dei soldati
napoletani, combattenti al Volturno e a Gaeta, ma è impossibile condividere
oggi le ragioni anti-unitarie del loro eroismo.
Non c'è ragione di dimenticare che, dopo
l'annessione, la passione monarchica dei napoletani fu favorevole a Casa
Savoia. A favore dei Savoia i napoletani votarono nel referendum del 1946. E
sostennero, con scelta maggioritaria, il Partito nazionale monarchico fino al
1956, anno in cui il ministro degli interni, Ferdinando Tambroni, destituì il
sindaco di Napoli Achille Lauro.
D'altra parte la critica all'unità italiana fu
avviata solo nel 1960 da due giovani dirigenti missini, Gabriele Fergola e
Silvio Vitale. La loro avversione al Risorgimento, tuttavia, non si tradusse
nelle dimissioni dal partito nazionalista e non ri rovesciò nella avversione
alla storia (patriottica e unitaria) del partito fascista.
La discussione sull'unità d'Italia, infine,
non può non tener conto di alcune conclamate verità storiche:
a.
L'Italia pre-unitaria era un umiliato spezzatino di stati satelliti sottomessi
ai capricci delle arroganti corti europee. Corti infettate dalla
massoneria.
b.
La massoneria era largamente presente e attiva, oltre che nel Ducato di
Toscana, in quel Regno di Napoli, che il revisionismo anti-unitario solitamente
oppone al Regno sabaudo.
c.
Francisco Elias de Tejada, uno studioso che non può essere accusato di garibaldinismo,
ha dimostrato che la Regina di Napoli Sofia non fu una sposa virtuosa ma una
fedifraga. Lo storico Arrigo Petacco, nel saggio su Gaetano Bresci, ("L'anarchico
che venne dall'America", Mondadori, Milano 2000) in seguito ha
dimostrato che la Regina Sofia prese parte al complotto per uccidere Umberto I.
Riconosciuto il valore dimostrato da Sofia durante l'assedio di Gaeta sorge una
imbarazzante domanda: può essere simbolo di un'Italia migliore la regina
adultera, che ha collaborato con l'autore di un regicidio?
d.
Il Concordato dell'11 febbraio 1929 mise fine al conflitto tra Italia e Santa
Sede e avviò un decennio intitolato alla felice intesa del governo italiano e
del papato. Riaprire una ferita cicatrizzata da tempo al fine di mettere in
discussione l'unità nazionale implica la demolizione della memoria di quel
periodo e alzare la bandiera dell'antifascismo di stampo crociano o gramsciano.
Inoltre il capovolgimento dell'unità italiana pone il problema di quali
argomenti si dovrebbero escogitare ed esporre per convincere papa Bergoglio ad
accettare la riconsegna di Roma, del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e della
Romagna. Solo un Petrolini potrebbe convincere il papa regnante ad accettare un
"dono" così ingombrante.
e.
Sotto la pelle del separatismo corre, inavvertita, la vecchia passione degli
antifascisti di scuola liberale & crociana. Il male che tormentava,
secondo Giorgio Del Vecchio, l'Italia
del dopoguerra e oggi disorienta i tradizionalisti, avviandoli alla folle
ammirazione per la scuola di Vienna. Per inciso: Del Vecchio fu un filosofo
giusnaturalista, sulla cui opera i militanti nel partito della disunità
dovrebbero riflettere seriamente, per capire la natura della corda patibolare
che unisce antifascismo e anti-Italia.
f. Infine si pone la domanda sulla resistenza
che i piccoli stati italiani potrebbero opporre all'arroganza dei poteri forti
e del loro arnese germanico. La Liguria, regione che ha già sperimentato la sua
fragilità al tempo dell'invasione giacobina, e che oggi detiene il primato
mondiale di denatalità e invecchiamento, potrebbe, ad esempio, resistere a un
imperioso comando lanciato da Berlino? Contro la cancelleria teutonica Matteo
Renzi leva una vocina fioca. Non è difficile immaginare il belato
dell'eventuale governatore dello stato ligure, ad esempio il fragile professore
che porta il fatidico nome dei Doria...
In conclusione: l'Italia disunita e - a parole
- antimassonica, retrocederebbe allo stato di "giardino dell'impero"
di Bruxelles e/o di breccia aperta al passaggio dell'islamismo. La nostra patria diventerebbe terra da
mettere sotto i piedi di iniziati, di banchieri, di tedeschi, di burocrati
insaziabili e dei miliardari islamici (già attivi in Sicilia). La disunità è un
progetto che contempla l'uscita dal tunnel della ipertrofica burocrazie romana
per entrare definitivamente nella fosse da morto scavata dai padroni
europei.
Piero Vassallo
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