Il Dizionario
dei luoghi comuni, scritto da Gustave Flaubert negli anni durante i quali
stava appassendo la sua fede nei valori democratici e scientifici, è un
raffinato modello di stile letterario, che può essere proposto agli aspiranti
critici, vogliosi di confutare e mettere alla berlina le banalità trionfanti
per influsso delle scuole progressiste.
Purtroppo
l'eleganza satirica non è adatta a penetrare nel retroscena eleusino delle scuole
postmoderne. La sciocchezza e la volgarità, infatti, sono profumi che
non rivelano la natura della filosofia a monte del nichilismo ma la
occultano o la banalizzano.
Indimenticabile
segno dell'inadeguatezza della satira quantunque raffinata sono le curiose
contraddizioni di Flaubert, implacabile flagellatore della stupidità e tuttavia
non indenne, come ben sanno i lettori di Salambò, dalle grottesche
suggestioni erompenti dall'esoterismo.
Il
fatto è che la ridicola sciocchezza rappresenta solo se stessa. Gli sciocchi,
il boccaccesco Calandrino o i flaubertiani Bouvard e Pécuchet, testimoniano
comicamente la fede nel pensiero magico di giornata, la leggenda della
pietra filosofale o il mito dell'evoluzione perpetua.
Gli
sciocchi sono interpreti maldestri di filosofie sgangherate, mal digerite
dall'osteria o dalle redazioni dei quotidiani popolari.
Tuttavia
la ridicola ingenuità immunizza gli sciocchi, li rende immuni e impermeabili
alle fumose elucubrazioni dei pensatori profondi. La stupidità è
strutturalmente futile, mai aggiornata e perciò più incline alla fede nella
quisquilia che all'esplorazione delle oscurità filosofali.
In
definitiva: il profumo della volgare e perpetua stupidità non può essere
legittimamente associato alla discesa della filosofia nel sottosuolo
nichilista.
Puntiglioso
e accanito critico della volgarità postmoderna, Luigi Iannone, l'autore del
saggio Il profumo del nichilismo, appena pubblicato da Marco Solfanelli
editore in Chieti, non riesce tuttavia a resistere all'abbaglio, che induce a
vedere la figura tenebrosa del nichilismo nei fastidiosi segnali lanciati dalla
volgarità, scientificamente organizzata dai profittatori e dagli usurai in
azione sulla scena postmoderna.
Una
tale confusione è possibile quando si dimentica che il nichilismo è generato
dal delirio filosofico degli autodistruttori e non ha dunque rapporto con la
volgare banalità.
Suggerito
dalla sociologia estetizzante, in circolazione incontrollata nell'area
neodestra, l'oblio e forse l'ignoranza della storia della metafisica
impedisce di vedere la convergenza di nichilismo e pensiero debole nella lucida
follia che è intesa alla svalutazione dell'essere e alla devastazione della
metafisica.
Pier
Paolo Ottonello ha proposto una perfetta definizione della tracotanza del
pensiero antimetafisico: "Il nichilismo come negazione radicale o
metafisica è negazione del senso dell'essere e degli enti in quanto fondati
nell'assolutezza dell'essere. Nichilismo è dunque l'assoluta negazione di ogni
assolutezza".
Nichilista
è la lezione di Leopardi intorno all'invincibile malignità e vanità del tutto.
Nichilista è Max Stirner, il quale afferma: "L'unico assoluto sono io
stesso che nega ogni assoluto ovvero che si nega ponendosi come assoluta
negazione". Nichilista è il giudizio dello spinosiano Friedrich
Nietzsche sul mondo che infinitamente rotola su se stesso senza una ragione.
Nichilista è la sentenza di Jean Paul Sartre, secondo cui "vivere è far
vivere l'assurdo". Nichilista è la definizione heideggeriana dell'uomo
pastore del nulla. Nichilista è il fantasma della de-creazione, che affascina
Massimo Cacciari lettore gnostico di Simone Weil.
Cornelio
Fabro ha peraltro dimostrato che il
nichilismo si manifesta nell'inizio della filosofia hegeliana, dove è posta
l'uguaglianza dell'essere e del nulla.
Ora il
pensiero nichilista non solleva i profumi apprezzati da Iannone, ma sgradevoli
odori d'obitorio. Il lettore che affronta le opere degli interpreti qualificati
della deriva nichilista, ossia i roventi critici della moderna stupidità, ad
esempio Julius Evola, Emil Cioran, Jacob Taubes, Elemire Zolla, Roberto
Calasso, Sergio Quinzio, Massimo Cacciari ecc. avverte l'odore cadaverico della
disperazione narcisista non il profumo della audace avanguardia.
Odori
del nichilismo sono i delitti contro la vita e contro la salute mentale:
l'aborto, l'eutanasia, l'inversione della sessualità, l'uso di droghe, il
fracasso della musica rock.
Cercare,
come fa Iannone, la graffiante firma dell'antimetafisica nelle strategie dei
supermercati, nell'uggiosa retorica dei comizi, nella desolazione degli
spettacoli d'intrattenimento, nell'ossessionante banalità delle telenovelle,
nelle lacrimose storie delle principesse birichine d'Inghilterra e delle
sconvolte stelle d'America, è una fatica
estenuante, dalla quale si può ottenere solo un modesto risultato: la
dimostrazione che l'incremento degli stati d'animo disperati abbassa il tono
della normale stupidità dei qualunque moderni.
Lo
stile squillante di Iannone, pertanto, è sprecato dalla ricerca vana di bersagli
grossi nella foreste di soggetti appartenenti all'infinitamente piccolo,
all'effimero e all'insignificante sottobosco.
Nella
parzialità dell'assillo estetico in rivolta contro la sciocchezza, si manifesta
la fragilità della cultura neodestra, cultura inquinata dall'evolismo,
condannata a procedere a rimorchio della sociologia sinistrorsa e del
salottiero moralismo. E si contempla ultimamente l'urgenza di una cultura
sostanziata di pensieri atti a ostacolare da destra l'offensiva dei
distruttori filosofanti, in guerra da sinistra contro la civiltà
cristiana.
r
Sentinelle nelle disperate specole degli
opposti e convergenti radicalismi, Walter Benjamin e Julius Evola hanno
interpretato simultaneamente/parallelamente la
disfatta della filosofia moderna & l'ostracismo alla rivolta
antimoderna.
Da un
sinistra notturna Benjamin ha avviato quella deriva francofortese che ha
causato il naufragio dell'ideologia comunista nel salotto della gnosi libertina
e pederastica, mentre Evola, da una specola allucinata, ha screditato il
cesarismo (la terza via) di Benito Mussolini e aggredito il pensiero
cattolico (Francesco Orestano, Arnaldo
Mussolini, Niccolò Giani, Guido Pallotta, Nicola Petruzzellis, Carmelo
Ottaviano ecc.) e il neo-idealismo (Giovanni Gentile) indirizzando la cultura
di destra verso gli ambigui e improbabili sentieri del nichilismo attivo.
Chi si
domanda la ragione della concomitante catastrofe in atto sia nel pensiero e
nella società dei moderni sia nell'appendice antimoderna della modernità, è
costretto a risalire alla guerra contro la religione biblica apertamente
dichiarata da Marx, da Freud e ultimamente dai francofortesi-californiani.
L'ultimo
orizzonte del pensiero moderno non è (come alcuni si ostinano a credere) la divina
immanenza di hegeliana memoria, non il trionfo della ragione umana
divinizzata, ma la gnosi irrazionalista, il delirio distruttivo, che
calunnia e maledice l'autore - il demiurgo malvagio - di un mondo che
l'allucinazione fa apparire tenebroso, disperato e senza sbocchi.
Senza
imbarazzo Franco Volpi, nel penetrante saggio sul nichilismo, ha riconosciuto
che la rivoluzione e i suoi nemici condividono il rifiuto della teologia
tradizionale, rifiuto trovato (da Hegel e da Schelling) nel grembo dello
gnosticismo antico.
Secondo
Volpi, l'emblema di tale negazione è il pregiudizio dichiarato da Carl Schmitt:
"la nostra situazione è caratterizzata dall'impraticabilità delle
risorse tradizionali per fronte alla crisi, ossia dall'impossibilità di
ricorrere a istanze prepolitiche".
Ora la causa della
disperazione emergente dagli scritti di Evola & Benjamin, le due
drammatiche figure contro-figuranti della modernità, è svelata da
Schmitt: "L'escatologia cristiana sul peccato originale e sulla
redenzione dell'uomo nell'aldilà si sta rivelando come l'interpretazione
perdente della storia universale".
Per
misurare l'effetto sconvolgente prodotto dalla suggestione neognostica
nell'area della cultura tradizionalista intitolata a Evola e ai suoi successori
(e succedanei) neodestri, è sufficiente leggere il Manifesto antimoderno,
scritto da Luigi Iannone, uno fra i più radicali e accaniti interpreti della
scuola neodestra, e pubblicato da Rubettino in Soveria Mannelli.
Nel
saggio in questione il richiamo al Novecento italiano è fioco, mentre è
alluvionale e decisivo il riferimento ai nichilisti e ai catastrofisti di
scuola germanica: Nietzsche, Benjamin, Heidegger, Schmitt, Junger, Spengler.
Risultato
di una tale scelta di campo è l'accoglimento puntuale della tesi già
formulata da Schmitt, ossia il rigetto della teologia: "C'è anche da
ammettere che le religioni, in specie quella cattolica, hanno perso la loro
capacità avvolgente e di integrazione".
Iannone
attribuisce il fallimento delle religioni all'affermazione del concetto,
strumento della razionalità come motore della storia, e di conseguenza
preconizza l'affondamento del tradizionalismo nel pregiudizio (nicciano ed
evoliano) contro la ragione.
Il
pregiudizio contemplante la ragione quale nemica strutturale della verità nega
a Iannone la possibilità di vedere il cuore irrazionalista della crisi, che sta
tormentando e lacerando il mondo moderno.
La
verità è che nel contraffatto tradizionalismo di Evola si ripete
inavvertitamente il corto circuito causato dall'incontro dei sistemi ultra
cogitanti di Cartesio e Spinoza con l'irrazionalismo da cui sono scaturiti.
L'iniziale
tentativo evoliano di condurre la ragione moderna agli approdi dell'idealismo
assoluto (trans-idealismo, secondo la puntuale definizione di Roberto
Melchionda) ripiega nella cupa e
paradossale rappresentazione di tradizionalisti al galoppo sulla tigre del
nichilismo francofortese e dadaista, trionfante nei bagliori di un tramonto
angoscioso a sinistra.
L'esito disastroso del pensiero evoliano può e
deve consigliare la revisione e il recupero del Novecento italiano, esempio
magnifico di una destra fedele alla vera tradizione.
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