Dalla lettura dell'allocuzione Quibus,quantiusque malorum, pubblicata dal Beato Pio IX dall'esilio di Gaeta
il 20 aprile 1849 e ora opportunamente riproposta in anastatica da Amicizia
cristiana, editrice in Chieti, il qualunque storico del risorgimento dovrebbe
imparare a distinguere le imprese realmente finalizzate all'unità d'Italia
dalle insurrezioni massoniche, nominalmente patriottiche ma finalizzate
all'affermazione brutale di ideologie anticattoliche e antinazionali, ad
esempio la rivoluzione romana, attuata "per funestare la città di Roma
con la guerra civile, con le stragi, ed eccidi".
Una
volta letto il testo del Beato Pio IX, lo storiografia imparziale dovrebbe escludere
dall'elenco delle imprese finalizzate
all'unità nazionale la cronaca della repubblica romana, costituita nel
1848 da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi
e Carlo Armellini, un oscuro trio di eversori
e mistificatori, affaccendati alla trasformazione della fede cattolica e
dell'amor di patria in arnesi della rivoluzione liberal-socialista: "osavano
per somma nefandità di abusare delle parole stesse e delle sentenza del santo
Evangelo per adescare sotto la veste di agnello, mentre non sono al di dentro
se non lupi rapaci, l'inesperta moltitudine ai pravi loro disegni".
I
triumviri furono severamente giudicati dal Beato Pio IX e inchiodati alla loro
delirante ambizione: "siffatti uomini non miravano ad avere istituzioni
più libere, né riforme più conducenti alla pubblica amministrazione, non
provvide misure di qualunque genere, ma volevano bensì invadere, scuotere,
distruggere il temporale dominio della Sede Apostolica".
Le
finalità dettate dalla insaziabile sete di potere dei rivoluzionari, furono svelate
e denunciate dal Beato Pio IX: "il progresso da cotali uomini tanto
predicato unicamente mira a tenere sempre vive le agitazioni, a togliere al
tutto di mezzo ogni principio di giustizia, di virtù, di onestà, di religione e
ad introdurre, a propagare ed a far largamente dominare, in ogni luogo con
gravissimo danno e rovina di tutta la umana società l'orribile e fatalissimo
sistema del Socialismo".
Non per
caso, braccio armato dei triumviri era
una banda di agitatori cosmopoliti, comandata dal massone Giuseppe Garibaldi,
il quale si paragonava a San Giuseppe reincarnato, mentre conviveva con Anita
Ribeira da Silva, moglie adultera del ciabattino brasiliano Duarte de
Aguilar.
La
libertina brasiliana, che è rappresentata, in figura di cavallerizza d'assalto,
nel monumento eretto al Gianicolo da Mario Rutelli, rappresenta l'abbagliante
culto che la destra fascista, incapace di interpretare criticamente la storia
dell'unità d'Italia, tributò alla chiacchierata coppia adulterina.
Il
culto garibaldino appare tanto più insensato quando si pensa che a promuoverlo
era lo stesso regime che aveva sottoscritto i Patti lateranensi, mediante i
quali era cancellato il profilo oscuro e disonesto del risorgimento.
I Patti
lateranensi soddisfano all'esigenza dichiarata dal Beato Pio IX secondo cui la
Provvidenza stabilì che chi esercitava il governo di tutta la Chiesa "avesse
perciò appunto un civil Principato, affinché nel reggere la Chiesa medesima e
nel custodirne l'unità godesse di quella piena libertà che si richiede per
l'esercizio del supremo Apostolico Ministero".
Il governo di Benito
Mussolini, l'undici febbraio del 1929, riconobbe tale diritto e compiendo una
tale illuminata scelta indirizzò l'Italia a orizzonti incompatibili con
l'anticlericalismo professato dal furente massone Garibaldi.
La
tossica e disonesta mitologia garibaldina, purtroppo, continuò a circola sotto
la pelle di una cultura che era stata legittimata proprio dal rifiuto della
mitologia massonica, ombra garibaldina sull'unità d'Italia.
L'equivoco
garibaldino a destra oggi si rivela specialmente imperdonabile quando si
rammenta che, oltre al resto, il Garibaldi fu precursore dell'ideologia
eutanasista, che gli suggerì, durante la precipitosa fuga dalla Roma liberata
dai falsi patrioti, l'uccisione per soffocamento della concubina Anita, che,
ammalandosi, era diventata causa d'intralcio. L'infame delitto del Garibaldi è
documentato dal certificato di morte per strangolamento, atto firmato dal
medico di Rimini, uomo integerrimo.
Il
Beato Pio IX contemplava la sciagura in atto nella luce della teologia della
storia e perciò affermava profeticamente che "nella sì grave e luttuosa
tempesta della quale quasi tutto il mondo è sì orrendamente travagliato, deve
riconoscersi la mano di Dio, ed ascoltarsi la sua voce, con tali flagelli vuol
punire i peccati e le iniquità degli uomini, affinché essi tornino frettolosi
nelle vie della giustizia".
Ai giorni nostri,
segnati dalle incubose minacce costituite dall'invasione islamica e dalla peste
sodomitica, è necessario che gli italiani
riscoprano la loro identità e, in essa, il vero amor di Patria. Questo
autentico Risorgimento non può accadere finché il culto delle disgraziate
imprese del Garibaldi non sarà sostituito dall'amor di Patria insegnato da
Vangelo e sapientemente commentato dal Beato Pio IX.
I
candidati a rappresentare l'onesta maggioranza degli italiani dovranno pertanto
liberare la loro cultura dalle cianfrusaglie patriottarde/garibaldesi, ossia
decidere la drastica separazione dell'onesto amor di patria dal surrettizio
patriottismo di stampo massonico e liberale.
Se la
nostra nazione ha un futuro esso comincia dalla separazione da quelle mortifere
suggestioni onusiane, che discendono per li rami tossici della
massoneria garibaldina, dagli iniziati detta impropriamente
risorgimentale.
Piero Vassallo
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