Una
coppia italiana sterile si recò in Russia per ottenere un bambino (da tenere
come figlio proprio) mediante una donna che, dietro pagamento, prestò il
proprio utero (maternità surrogata) in
cui venne impiantato l'embrione concepito in vitro. E la madre consegnò alla
coppia il frutto della sua gestazione.
Sinora la legge italiana vieta questa
pratica del cosiddetto utero preso in affitto. Sicché gli uffici anagrafici
hanno rifiutato di registrare il bambino come figlio dei coniugi. Il giudice ha
affidato il piccolo ai servizi sociali.
Dal 2011 al 2013 il bambino è vissuto con i
genitori illegittimi. Per questo, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, alla
quale essi hanno fatto riscorso, ha sentenziato che è stata violata la vita familiare
dei coniugi e che la famiglia deve essere ricomposta a tutela dei diritti del
minore.
Ma la sentenza del giudice italiano aveva
bensì inteso salvaguardare il diritto del minore. Perciò, a prescindere
dall'interferenza della giurisdizione europea in quella nazionale, è palese il
conflitto di deliberazioni in materia di diritti dell'uomo.
Senza entrare subito nel merito, costatiamo
che l'ONU ha stabilito dei principi, da cui si sono tratti dei sotto-principi
(p.e. gli uguali diritti attribuiti agli omosessuali), e da essi discendono
leggi anche discordanti (p.e. sulla maternità
surrogata) attualmente ammesse dalle internazionali Corti di Giustizia, nonché i giudizi particolari nel campo legale.
È chiaro che un'intera legislazione concerne
i cosiddetti diritti umani. E se
quelle Corti di Giustizia devono ammettere le disparità su questo punto, ossia
la sovranità degli stati nel risolvere in sede legislativa o giudiziaria le questioni
controverse, non si vede con quale autorità la Corte Europea sia intervenuta in
un giudizio particolare della nostra magistratura.
Purtroppo parliamo ancora di quisquiglie
rispetto alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Essa è un po'
come il Vangelo (mi si perdoni l'accostamento): va interpretata coerentemente,
per farne discendere le norme corrette. Non è tuttavia paragonabile alla
Scrittura, giacché presenta due errori certi
e marchiani.
L'uno prevede il diritto abusivo di
diffondere dottrine contrarie alla verità, in particolare quelle intorno a Dio
vero. E ciò dipende da una premessa erronea: Art. 1 "Tutti gli esseri
umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione
e coscienza e devono agire gli uni verso
gli altri in spirito di fratellanza". Infatti si stabilisce un'uguale
dotazione di dignità (sottintesa persistente ed effettiva agli effetti del
giusto e del vero) e di coscienza efficiente. Anche dai medesimi presupposti
deriva l'altro errore: Art. 20 - 3) La volontà popolare è il fondamento
dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso
periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed
eguale".
Il volere di una maggioranza popolare non dà
alcuna garanzia di giuste scelte o di giuste deliberazioni. La sua validità è stata
negata risolutamente dalla Chiesa, che non riconosce nel popolo la massima
sovranità riguardo alle leggi e alla giustizia, le quali dipendono soltanto
dalla Legge Eterna. Con tale falso criterio, oltre a stabilirsi l'indipendenza
dalla legge naturale, si attribuisce assurdamente a ciascun elettore un'uguale
capacità morale, di competenze e di discernimento.
Ne consegue che la stessa suddetta
interpretazione degli articoli della Carta dell'ONU è soggetta ad ogni abuso e
pervertimento. Così si spiega il fatto che dall'asserita uguaglianza dei sessi,
si sia passati - senza opposizione alcuna della Corte Internazionale di
Giustizia dell'ONU - all'abolizione del marito come capofamiglia, al pari
arruolamento di uomini e donne negli eserciti,
all'approvazione legale del matrimonio tra omosessuali, della loro
adozione di figli, dei mezzi innaturali di procreazione, ecc.; e potrà essere
approvata la condanna di chi neghi la liceità e l'onestà della sodomia, ecc.
Piero Nicola
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