Il Titolare del presente densissimo saggio – Ragione e Fede (Solfanelli, Chieti, 2024) – Piero Vassallo non ha, certo, bisogno di presentazioni
essendo gli esperti di questioni filosofiche e teologiche informati, ‘ad
abundantiam’, sull’ampia produzione dello studioso genovese; produzione
spaziante non solo nelle menzionate discipline, ma anche in quelle letterarie,
saggistiche, storiche e pubblicistiche.
Cattolico rigoroso – anche perché uscito dalla
scuola del Cardinale Siri, col quale fondò la celebre Rivista ‘Renovatio’, e
del politologo e scrittore Gianni Baget Bozzo – l’autore di ’Itinerari della
destra cattolica’, tanto per citare uno dei suoi numerosi lavori, affronta tali
fondamentali categorie dello spirito – fede e ragione, appunto – in un’ottica
di derivazione tomistica visto, com’è noto, che per il ‘Doctor Angelicus’ le
due sfere non sono in opposizione sebbene la prima superi la seconda senza, però,
annullarla o contraddirla.
Dopo aver contestato ogni forma di eresia, segnatamente la gnostica,
l’Autore si scaglia non solo contro il cosiddetto ‘nazi-maoismo’ inventato
dagli ‘eco-sessantottini sognanti “il ritorno allo stato di natura”, mercé
l’attacco alla Chiesa e alla famiglia, ma pure contro ogni specie di
neo-paganesimo di cui è imbevuta la società contemporanea, unitamente alle
eresie e alle utopie negative che hanno in Martin Luther e in una buona fetta
della cultura tedesca, i principali responsabili; laddove basta la grande
dottrina del Roveretano Rosmini per uscire, parole di Vassallo, “dal concentramento della filosofia e della
teologia nel tenebroso ‘lager’ germanico”.
Battuto in breccia il sistema di Guénon e dei suoi accoliti, biasimate
le illusioni progressiste – sostenute, tra l’altro, anche da sedicenti uomini e
donne di spettacolo, da crepuscolari come Eugenio Scalfari e da altri fanatici
fautori del cosiddetto pensiero debole - e rivalutate le teorie di autorevoli
studiosi quali Pasqualucci, Gherardini, Cavalcoli, l’Autore si lancia anche
contro quei nuovi teologi che, in nome di un falso modernismo, hanno silurato,
scrive Vassallo, l’operato dei “Francescani dell’Immacolata, ‘colpevoli’ di
inflessibile fedeltà alla Tradizione”.
Modernismo, rappresentato da Karl Rahner, ma confutato, magistralmente,
da Cornelio Fabro il quale intravide nel pensiero del prelato tedesco solo un
mera riduzione della teologia in antropologia così come Voegelin dimostrò che un ponderato
approfondimento della ‘Scienza Nuova’ di Vico avrebbe evitato la vittoria
dell’Illuminismo, in particolare quello deteriore.
Dopo aver riprovato alcuni aspetti delle
dottrine di Freud e di Marcuse, l’Autore prende di petto, in particolare Martin
Lutero, responsabile, a suo dire, da una parte, di essere ossessionato dalla
tentazione del peccato e, dall’altra, di aver ideato, egli osserva, “la nozione
(…) di ‘servo arbitrio’, destino emanato da un nume tenebroso”.
Occorre, a questo punto, pure riconoscere che
la Germania, in epoca più a noi vicina, ebbe altre illustri personalità
cattoliche una delle quali fu il famoso vescovo Clemens von Galen (1878-1946),
detto il ‘Leone di Muenster’; per lui, il grande pontefice Pio XII, suo
estimatore, coniò l’efficace e veritiera definizione di “Gigas corpore, sed non
tantum corpore”, appoggiandone l’intera missione pastorale durante il nazismo.
Gli strali di Vassallo si avventano pure contro Hegel il quale se alterò
il concetto di creazione riducendola a trasfigurazione umana, ebbe, altresì,
pure il torto di dichiarare che la conoscenza umana è la conoscenza che Dio ha
di sé stesso. Sicuramente il filosofo di Stoccarda ha alcune cose da farsi
perdonare, ma bisogna, parimenti, a nostro giudizio, aggiungere che egli ha
scritto una ‘Vita di Gesù’ (1795) in cui il figlio di Dio è concepito come
maestro di Virtù che unisce vocazione e dovere.
Scriveva, significativamente, il filosofo in quest’operetta giovanile
che i temi trattati da Gesù “erano quelli che costituiscono il più alto
interesse per l’umanità”; e ciò, a dimostrazione che il Salvatore era, per lui,
un uomo esemplare che si adattava alla ‘forma mentis’ dei discepoli. Hegel fu
anche l’inventore della dialettica moderna – vera molla della vita – e la sua
celebre espressione, “alle Geschichte ist heilige Geschichte” (tutta la storia
è storia sacra) non contraddice, in un certo senso, l’opera del Dio cristiano-cattolico
visto che l’universo è una sua manifestazione intesa, logicamente,
come creazione.
Avversario di ogni forma di esoterismo, di apostasia e di ateismo, l’Autore
non lesina dure critiche al marxismo la cui catastrofe, egli rileva, “risiede,
principalmente, nella catena di persecuzioni, violenze insensate e distruzioni
discendenti dal pregiudizio (d’origine gnostica) che, nella malvagità del
creatore, contempla l’invincibile perversità del creato”. Da qui, per l’Autore, il rischio
dell’Occidente di dover fare i conti con
l’inondazione immorale causata da
un’errata esegesi della mitologia
classica.
Rivalutato il pensiero di Cornelio Fabro perché quest’ultimo risolve la
questione del cominciamento senza presupposti, Vassallo sostiene ancora che la
fede addita la mèta, mentre la ragione si muove verso la via che ad essa indirizza
con le proprie forze; e ciò, nell’ossequio alla più genuina lezione
dell’Aquinate in quanto l’’esse’ è il ‘prius’ assoluto che si prospetta al di
là di ogni indagine. Pagine illuminanti queste di Vassallo, ma non esauribili
nell’ambito d una recensione.
L’Autore discute anche di problemi di storia recente, come ad esempio
alcuni imprescindibili meriti del regime di Mussolini non senza tornare ad
Antonio Rosmini ed al suo magistero e non senza accennare, altresì, a questioni
relative all’amor di patria - ormai sconosciuto alla massa degli Italiani - e a
San Bernardino da Siena che esaltò le
virtù della stirpe italica condannando, contemporaneamente, i mali del suo
tempo consistenti nell’usura, nella sodomia e nella mostruosità del
capitalismo.
Vassallo si accomiata dal lettore
celebrando non solo la ‘gens Italica’, ma enumerando anche i personaggi che
hanno reso famosa la Nazione nel mondo, come San Francesco – per Mussolini “il
più santo degli italiani, il più italiano dei santi” – Santa Chiara d’Assisi,
Santa Caterina da Siena, Santa Caterina Fieschi, San Bernardino da Siena, San
Bonaventura da Bagnoregio, senza dimenticare Dante, Petrarca, Salutati, Giotto,
i filosofi e tutti i grandi geni italiani.
Il tutto a conferma dell’iscrizione sul Palazzo della Civiltà e del
Lavoro di Roma, dettata da Mussolini, secondo cui, effettivamente, il nostro è
“un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di
scienziati, di navigatori, di trasmigratori”. Questo saggio di Vassallo,
redatto con chiarezza, lucidità e vivacità discorsiva, è tutto da leggere e
meditare non foss’altro per non cadere nelle spire delle seduzioni del
modernismo e del postmodernismo, ognora in agguato nella comunità
contemporanea.
Lino Di Stefano
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