Che Renzino
abbia il pelo sullo stomaco ormai ne siamo persuasi. Egli si comporta quasi
come il Duce quando diceva: “Noi tireremo diritto!” - senza che con questo
accostamento io voglia mancare di rispetto a nessuno. La sua spregiudicatezza è
volata nel sereno, in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica,
lasciando il povero Berlusca con le pive nel sacco. Della razza fiorentina,
egli possiede di certo l’anima acciaiosa e affilata che lo sostiene.
La sua giovane
pupilla dalle fattezze di bambola vivente e dal riso tanto inossidabile quanto
sfoderato ad ogni piè sospinto, così che mi vien fatto di definirla
affettuosamente ministra ridens, ha bene assimilato la lezione
della realpolitik. Allorché si tratta
di menar fendenti all’avversario, ci va diretta e non guarda per il sottile.
Però non vorrei che entrambi abbiano preso
troppa confidenza con la disinvoltura. È un vezzo rischioso.
Circola una notizia di stampa. Nelle borse di
Milano e di Londra, c’è stata una enorme speculazione al rialzo sui titoli
delle Banche Popolari italiane. E questa iniziativa è cominciata prima che il
governo Renzi annunciasse il progetto di trasformare tali Istituti in società
per azioni.
Se ne deduce che alcuni erano stati informati
in anticipo sul disegno che l’esecutivo italiano aveva in animo di attuare.
La Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio ha
visto un suo rialzo in Borsa del 66%, grazie alla suddetta speculazione. Il
vicepresidente di questo Istituto di credito si chiama Pier Luigi Boschi, padre
di Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme e Direttore generale della
Fondazione Open.
Il signor Davide Serra, amico di Matteo Renzi,
è proprietario del fondo Algebris,
che opera nella City di Londra, nel campo azionario.
Che c’è da eccepire?
Ma si viene a sapere che la Consob indaga su
“presunte speculazioni di mercato” che “a Londra avrebbero anticipato il balzo
delle popolari in Borsa, successivo alla riforma degli asset societari varata
dall’esecutivo italiano”.
La riforma consiste nell’abolire nelle Banche
Popolari il criterio di “una testa un voto”, per cui i soci sono uguali
indipendentemente dalle azioni che possiedono.
Il Fatto
quotidiano scrive che sarebbero dolori per la compagine Renzi, se tra i
vari investitori internazionali sul mercato inglese, che hanno compiuto
speculazioni sulle azioni delle Banche Popolari italiane, venisse individuato
il fondo Algebris di Davide Serra,
“amico, foraggiatore nonché guru finanziario del premier”.
D’altra parte, Il Corriere della Sera dice: “Sulla base di convergenti fonti di
mercato, alcuni soggetti con base a Londra avrebbero creato posizioni anche
rilevanti in azioni delle Banche Popolari nei giorni e nelle ore precedenti le
prime circostanziate indiscrezioni sul decreto di riforma che abolisce il voto
capitario nelle Popolari […] Considerando l’effetto dirompente che la notizia
ha avuto sul mercato a partire dal lunedì 19 gennaio, con rialzi a due cifre di
tutte le banche coinvolte, è evidente quanto siano stati abili gli
‘accumulatori’ di pacchetti”.
Gli osservatori rilevano che per ottenere
simili aumenti occorre innescare una speculazione illecita, del resto
sospettata dalla Consob. Da ciò si evince che la manovra è stata possibile
potendo conoscere in anticipo le intenzioni governative, ossia potendo
usufruire d’una fuga di notizie dalla cerchia dei ministri.
Sospetti da dimostrare?
Chissà se gli avversari di Renzi si
lasceranno scappare l’occasione per porre domande imbarazzanti a lui, e capaci
di spegnere le sorridenti belle fattezze della sua ministra? Chissà che piega
prenderanno gli sviluppi della faccenda? E sarebbe interessante sapere che cosa
circola nella mente di Berlusconi che, un dì non molto lontano, fu un non tanto
segreto ammiratore di ambedue.
Piero Nicola
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