Appassionato e politicamente scorrettissimo, Danilo Quinto si appella
al Pastor Pastorum perché non scenda a patti coi lupi. Un’opera imprescindibile
per orientarsi negli odierni marasmi e miasmi pseudocattolici.
Premessa. Qui si parla di Chiesa,
di Papi, di Cristianesimo. Se cercate libri sorridenti, accomodanti, se pensate
di vivere nel meno peggio dei mondi possibili, se credete che il Cattolicesimo
romano sia un sentimento, se da quell’acerba primavera 2013 vedete tutto più
rosa e il vostro sogno è un selfie in
Vaticano con il Pontefice regnante, non disturbatevi oltre a leggere: questo
libro non fa per voi.
Se invece preferite le mani
giunte ai pollici che fanno “ok” e i “visi inespressivi” di chi recita il
Rosario ai pasciuti ceroni televisivi, e se in questi ultimi mesi vi si è
affacciato alla mente qualche scomodo dubbio cattolico poco mainstream, ecco il libro che fa
decisamente per voi.
Anche l’autore fa per voi. Perché
Danilo Quinto non è uno scrittore cattolico qualunque, ma un uomo che ha
vissuto il dramma e la grazia, in tutta la ricchezza delle sue sfumature, di
una conversione matura e radicale –
sì, il doppio senso è voluto – che lo rende un testimone eccezionale, una costante
fonte di edificazione per chi lo legge, ed anche un osservatore privilegiato
per la situazione della Chiesa. Per lo zelo che gli dà la Grazia, e per l’acume
che gli diede la Natura.
Danilo Quinto sa che la salvezza
non è uno scherzo, e che l’àncora gettatagli, a cui si è saldamente appigliato,
vale parecchio: quanto l’anima. Un valore infinito. Figuriamoci che valore
possono avere tutte le anime di tutti gli uomini che in questo momento vivono,
muoiono, credono o bestemmiano su questa terra: infinito, come infinito è il
prezzo del Sangue di Nostro Signore. Ma se la Chiesa, questa Madre nel cui
grembo l’Autore si è gettato riconoscente, è da decenni indebolita e
strapazzata proprio da chi dovrebbe guidarla e proteggerla? Come si può tacere,
se la propria Madre è tradita e umiliata? Se le è reso arduo badare ai suoi
figli, salvare le loro anime?
Tutti i quadretti a tinte
pastello che i mass media hanno
creato intorno alla figura di Jorge Mario Bergoglio dopo la sua elezione al
Soglio pontificio, sono da Quinto soppesati, comparati a millenni di Sacra
Scrittura e di dottrina infallibile, e alfine smontati con metodo e pacatezza. La
passione nel difendere la Chiesa non deve infatti rendere scomposti: e i nudi
fatti, la trama sostenuta dall’ordito delle argomentazioni dell’Autore, disarmano
anche il lettore prevenuto e gettano sulla “luna di miele” Papa-mondo un’ombra
estremamente inquietante. Con radici tuffate nella storia ecclesiale di almeno
cinquant’anni.
Alle strette maglie di Ancilla Hominis (Edizioni Radio Spada, Milano 2015) non sfugge nulla: dalla
telefonata di Francesco a Marco Pannella agli imbarazzanti applausi dei
massoni, dalle interviste su La Civiltà
Cattolica alle strizzate d’occhio alla teologia della liberazione, dagli
equivoci sul “dialogo” e sul “non giudicare” agli scivoloni in campo ecumenico.
La realtà è impietosa e Quinto la razionalizza, ma non l’addolcisce.
Per alcuni il pontificato di
Francesco ha realizzato una rivoluzione copernicana nella Chiesa, e finalmente
un “eppur si muove” avrebbe scalfito il rigido immobilismo di questo “monolite”
sopravvissuto ai millenni e alle persecuzioni. Ma il libro di Danilo Quinto
indica che non c’è maggior rivoluzione di un “eppur rimane”, di un fulcro
stabile del mondo, di una pietra angolare e di scandalo: stat Crux, dum volvitur orbis.
Ilaria Pisa
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