C’era una volta
– attenzione: questa storia è fantastica, ogni riferimento a individui in carne
ed ossa è puramente casuale - c’era, dunque, una volta un notabile cui
offrirono l’acquisto d’una casa bella, grande e ben situata in città, a un prezzo
oltremodo conveniente.
Spesso la brama, che cova in ciascuno, preme
lo sconsigliato e lo mette nei guai.
Il notabile, un ufficiale amministratore
della Cosa pubblica, colse l’affare, comprò la casa, che era seconda dopo la
magione degli avi situata nel contado, e l’adibì a sostegno dei suoi compiti
civili.
Tutto sembrava andare per il meglio. Egli
usufruiva del vasto e comodo alloggio, nel cui annesso quartierino aveva
sistemato il suo factotum; e accadeva che vi trascorresse ore liete in compagnia
dei suoi cari, quando venivano dalla dimora sui colli agresti per godere delle
piacevolezze e delle offerte cittadine.
Un brutto giorno però, il maggior rivale del
nostro brav'uomo, uno che nel consesso degli anziani stava con la fazione dei banchieri
e dei cambiavalute, lo accusò di avere approfittato della carica. L’accusa
verteva sull’aver fatto sì che un provveditore di fabbriche ottenesse l’appalto
per costruire alcune fortificazioni a difesa della Repubblica. In cambio,
costui avrebbe pagato al venditore della casa la differenza tra la somma che
aveva incassato dall’acquirente e il giusto prezzo da richiedere.
Il presidente dall’assemblea, cui spettava il
giudizio preliminare sulla supposta corruzione, trasmise gli atti al tribunale e
fu istruito il processo. Il venditore giurò di non aver preso denaro dal
provveditore di fabbriche, ma alcuni indizi sembrarono avallare l’accusa. Non
essendoci prove sufficienti, il giudice dovette assolvere i sospettati.
Tuttavia il buon nome del compratore restò compromesso e alla mercé dei
denigratori.
Nessuno ebbe l’accortezza di subodorare la
malizia che aveva ordito la macchinazione, della quale il nostro ingenuo
ingordo era stato vittima. Infatti, a sua insaputa, il suo stesso avversario politico
aveva provveduto al risarcimento che metteva i conti in pari. Con un ricatto,
su cui non è il caso di dilungarsi, egli aveva costretto il proprietario della
dimora a rendersi suo complice.
I buoni, alieni da simili raggiri, non
sapevano neppure concepirli. I furfanti si astennero dal manifestare sospetti,
in quanto non era conveniente per loro scoprire la propria esperta sagacia, né
far smascherare uno del consorzio formato dai molteplici scambi che uniscono le
buone lane.
Il notabile si vide obbligato a dimettersi
dall'ufficio. La sua vita fu completamente rovinata, e i cittadini perdettero
un loro servitore, non proprio nobile e di specchiata rettitudine, ma dei
migliori possibili. Per di più, in seguito allo scandalo suscitato la fazione
maggiormente fraudolenta poté avere il sopravvento e assumere il governo della
Repubblica.
Non di rado, le faccende di questo mondo
procedono con queste gambe.
Piero Nicola
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