"Come ha ben
osservato Pio X nell'Enciclica Pascendi il male del quale soffre il mondo
moderno è anzitutto un male dell'intelligenza: l'agnosticismo. Esso, sia sotto
forma di positivismo empirico sia sotto quella di idealismo, mette in dubbio il
valore ontologico delle nozioni primordiali nonché dei primi principi della
ragione, non permettendo più di provare con certezza obiettivamente sufficiente
l'esistenza di Dio" Réginald Garrigou-Lagrange
Quasi
non avessero udito il rumore prodotto dalla rovinosa caduta della filosofia
moderna nel vaniloquio francofortese e fossero altresì ignari dell'imbarazzante
regresso delle avanguardie laiciste all'antica eresia gnostica, i compunti e
saccenti prelati, addetti alla
diminuzione dell'autorità cattolica e alla modernizzazione della dottrina,
hanno steso il velo di un immotivato e autolesionistico silenzio sulle
trionfanti ragioni della metafisica tomista.
Con
felice e tempestiva scelta la veronese casa editrice Fede & Cultura ha
deciso di pubblicare, quasi provocatoriamente, Essenza e attualità del
tomismo, il magistrale saggio del padre domenicano Réginald
Garrigou-Lagrange (1877-1964), opera che ha costituito la premessa alla
restaurazione della filosofia compiuta da padre Cornelio Fabro (e gettata al
vento dai velisti in navigazione clericale sulle acque torbide e infide della
modernizzazione).
Scritto
da uno specialista e indirizzato al clero dotto, il testo di padre Réginald è
tuttavia comprensibile dal qualunque lettore cattolico istruito dal catechismo
e interessato seriamente alle indeclinabili ragioni della metafisica, in uscita
vittoriosa dai labirinti della modernità e dalla palude del modernismo.
L'illustre
domenicano sostenne infatti che le verità della philosophia perennis hanno
radice nel senso comune e citò quale prova di tale affermazione l'uso
universale del verbo potere: "dicendo, per esempio, che la materia può
diventare - per assimilazione nutritiva - pianta, animale o carne umana, tutti
diciamo che l'intelligenza umana può conoscere facilmente i primi princìpi e le
conclusioni che ne derivano immediatamente".
La metafisica ha
origine dal pensiero comune: i filosofi che hanno confutato le suggestioni
dello scetticismo, hanno attuato il
passaggio dalla nozione generica di potere "alla nozione distinta di
potenza sia attiva che passiva e a quella di atto. ... Come conciliare senza le
nozioni di potenza ed atto, il principio di non contraddizione o di identità
con il divenire e la molteplicità degli esseri?"
I
modernisti hanno avvelenato la radici della filosofia rifiutando il programma
inteso alla adaequatio rei et intellectus per gettarsi all'inseguimento
delle chimere dei progressisti.
Il
rifiuto delle tradizionali nozioni di potenza e atto ha screditato i princìpi
primi del pensiero, ha promosso la mitologia intorno all'evoluzione della
verità ("Veritas non est immutabile plusquam ipse homo, quippe quae cum
ipso, in ipso, et per ipsum evolvitur"), ha frenato la
reazione all'assurdo sessantottino
(Herbert Marcuse secondo il quale il principio di identità e non contraddizione
è fascista) e ha indebolito la reazione al gorgo tenebroso e disperato
della rivolta contro la vita, progettata dalle filosofie malthusiane e
ultimamente avviata dalla finanza iniziatica e dalla politica decerebrata e
servile.
Padre
Réginald, quasi prevedendo e annunciando le fragilità buoniste e gli empiti
sincretisti in scena nel Vaticano II,
affermava l'impossibilità di scendere a patti con le filosofie in
rivolta contro la realtà, e citava al proposito la squallida parabola della
riduzione modernistica della fede a pura esperienza religiosa: "Era
l'indizio non di una crisi della fede, ma di una malattia assai grave delle intelligenze,
che conduceva il modernismo sulle tracce del protestantesimo liberale e,
attraverso il relativismo, allo scetticismo assoluto".
Opportunamente
padre Réginald propone lo schema storiografico, che deve guidare gli studiosi
cattolici alla comprensione dei mortiferi errori in circolazione nella baldoria
moderna: "All'origine degli errori d'oggi ci sta, fin dai tempi di Hume
e di Kant, il seguente sbaglio: la relazione essenziale dell'intelligenza con
l'essere extramentale viene soppressa: perciò l'intelligenza moderna non può
più elevarsi con certezza a Dio, primo Essere; essa ricade su se stessa e dice
finalmente che Dio non esiste nell'ordine trascendentale, ma che Egli diviene
in noi. Fu così che l'agnosticismo di Kant condusse al panteismo di Fichte e
all'evoluzionismo assoluto di Hegel".
Un approfondito esame
delle radici gnostiche dello hegelismo e dell'evidente naufragio del pensiero
moderno nel nichilismo, "fenomenologia dell'autodistruttore",
giusta la magistrale definizione di Marcel de Corte, segnala ai cattolici
l'urgenza di una seria revisione degli incauti e rovinosi slanci sincretistici
suggeriti dalle tesi di Giovanni XXIII intorno all'autocorrezione del pensiero
moderno.
L'estenuante
e sterile dialogo con la fallimentare filosofia moderna può essere
finalmente rovesciato nella rinnovata
cognizione dell'eccellenza della metafisica di San Tommaso, "che considera ogni cosa non in
rapporto al movimento, al fieri, né in rapporto all'io umano o all'azione
umana, bensì in rapporto all'essere, cioè in rapporto al primo intelligibile,
oggetto proprio della metafisica".
Alla gerarchia
cattolica la crisi del moderno offre l'opportunità di recuperare le verità
filosofiche conquistate da San Tommaso d'Aquino e opposte agli errori del moderno
da geniali interpreti quali sono stati Réginald Garrigou-Lagrange e
Cornelio Fabro.
L'uscita
dalle griglie incapacitanti del buonismo non può aver altro inizio che la
riscoperta della indeclinabile filosofia dell'Angelico.
Piero Vassalllo
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