Nella presentazione del saggio La questioneliturgica, pubblicato nella collana Intervento di Marco Solfanelli
da Maria Guarini, autentica erudita e intrepida testimone della fede di sempre,
l'insigne monsignore Brunero Gherardini, complimentandosi con l'autrice, le
riconosce il merito di aver proposto una puntuale e originale critica "della
desacralizzazione, banalizzazione, orizzontalità dei gesti, nonché del degrado
al quale è pervenuta la deformazione concettuale e pratica di una liturgia
ridotta a cornice sociale".
Immersa
nel vortice del novismo, la liturgia è trasformata in festival delle
insulsamente pie canzonette, in uscita dalla fantasia, talora empia sempre
stucchevole, di parolieri e compositori stupefatti e/o fulminati dalla nuova
teologia.
L'autrice,
interpretando il diffuso disagio dei fedeli, pone a fondamento di una puntuale
e sagace critica della nuova liturgia un giudizio inoppugnabile: "Per
recuperare la fede viva - non intellettuale - e la devozione autentica non
c'era bisogno di sovvertire la liturgia: sarebbe bastata un'efficace formazione
o, meglio, una autentica iniziazione. Oggi invece è cambiata l'ecclesiologia e
la teologia, che la sottende, per effetto dell'orizzontalismo antropocentrico,
che ha spostato il centro dell'azione cultuale da Dio all'uomo ed alla fine ha
perso il senso del mistero".
L'argomento
elucubrato dai riformatori modernizzanti contemplava il presunto obbligo di tradurre
le parole latine nelle lingue parlata dai fedeli, contemplati nell'immaginaria
figura della vecchietta, che recita il rosario durante la celebrazione della
Messa in latino, lingua per lei incomprensibile. Ragionamento cavilloso e unto
dalla falsa, modernistica misericordia quello intorno ai fedeli estraniati dal
latino della Messa: presupponeva la possibilità di svelare il mistero del
Sacrificio eucaristico mediante una traduzione atta ad abbassare il canone alla
comprensione dalla proverbiale vecchietta, ritenuta destinataria del mistero
depauperato, svelato e democratizzato dai teologi modernizzanti.
In
seguito Guarini confuta l'obiezione - la gestualità dell'antico canone è
d'intralcio allo sviluppo di un autentico senso di pietà - formulata da un
redattore della Bussola, don Enrico Finotti: "non si tratta di
una gestualità coreografica, ma di un insieme organico e ben compaginato di
gesti e parole e sentimenti, cui corrispondono significati profondi e sublimi -
certamente non criptici né solo formali per chi vi si accosta con un minimo di
interesse e volontà di comprendere"
Se non
che la smania dei semplificatori e dei divulgatori di archeologismi, "che
hanno sovvertito e infranto l'Ordo multisecolare", ha prodotto
solamente fracassi verbali accompagnati da disturbanti suoni di chitarre.
Al
proposito della saccente stupidità, che ispira il democratismo dei liturgisti
post-conciliari, Guarini cita un puntuale, sferzante giudizio del maestro
Riccardo Muti: "La storia della musica deve molto alla Chiesa e non mi
riferisco solo al canto gregoriano, che è strepitoso, ma anche ai giorni
nostri. Io non capisco le Chiese, tra l'altro quasi tutte fornite di organi
strepitosi, dove invece si suonano le canzonette. Probabilmente questo è stato
apprezzato all'inizio come un modo di avvicinare i giovani, ma è un modo
semplicistico e senza rispetto del livello di intelligenza delle persone".
Rumori
avventizi e sgangherati sopra le righe del rito modernizzato inducono migliaia
di battezzati a disertare le messe, nelle quali "finalmente il popolo
può capire quanto si dice", ossia decifrare e apprezzare, osserva
ironicamente Maria Guarini, "le meditazioni trascendentali di vario
genere e la recita di mantra in sanscrito".
Sarebbe
tuttavia erroneo attribuire la responsabilità di tale involuzione soltanto al
Vaticano II, che ha approvato un documento, il Sacrosantum Concilium, nel
quale si afferma, pur senza sbarrare l'uscio della modernizzazione, che "il
sacro Concilio, obbedendo fedelmente alla tradizione, dichiara che la santa
Madre Chiesa considera come uguali in diritto e dignità tutti i riti
legittimamente riconosciuti: vuole che in avvenire essi siano conservati e in
ogni modo incrementati".
Opportunamente Guarini
cita un magistrale testo del cardinale Albert Malcolm Ranjith, incaricato da
Benedetto XVI di ristabilire un senso di venerazione nella sacra liturgia. Il
coraggioso presule indiano ha denunciato gli abusi liturgici consumati dopo il
Vaticano II e contro la tradizione indeclinabile: "Alcune pratiche che
la Sacrosanctum Concilium non aveva mai contemplato furono permesse nella
liturgia, come la Messa versus Populum, la Santa Comunione nella mano,
l'eliminazione totale del latino e del canto gregoriano, nonché di canti e inni
che non non lasciano molto spazio per Dio".
In qualche modo il
giudizio dell'illustre porporato rammenta il testo di Romano Amerio, di seguito
citato da Guarini: ""Poiché la parola consegue all'idea, la loro
scomparsa arguisce scomparsa o quanto meno eclissazione di quei concetti un
tempo salienti nel sistema cattolico"
La riforma della
liturgia, infatti, fu il risultato di un rivoluzione attuata dal c. d. partito
renano e sottoscritta da Paolo VI, mosso dal timore di uno scisma.
Il
cardinale Giuseppe Siri ha confermato questa interpretazione dei fatti
dichiarando di aver sottoscritto il testo della riforma allo scopo di evitare
lo scisma, temuto da Paolo VI.
Un segno evidente della discontinuità, Guarini lo scopre
nella manipolazione dell'offertorio ossia "la sostituzione all'Hostia
(vittima) pura santa e immacolata il frutto della terra e del nostro lavoro,
trasformando così l'Offerta di Cristo alla quale uniamo la nostra offerta al
Padre, in una barakah (preghiera di lode e benedizione) ebraica, che il
Signore ha certamente pronunciato, ma che non è il punto focale della sua
Azione del Novum che egli ha introdotto nell'Ultima Cena".
Legittimamente Guarini
conclude affermando "che nella Santa Messa cattolica nel Nuovo Rito, la
benedizione ebraica sostituisce quella che nel rito secondo l'usus antiquior è
l'Offerta cristiana".
E'
probabile che la sostituzione segnalata da Guarini sia il preambolo della
rivoluzionaria sentenza ("gli ebrei non devono convertirsi")
pronunciata da papa Bergoglio forse nell'intento di aggiornare e "buonificare")
la dottrina di San Paolo.
L'Apostolo
delle genti, dopo aver affermato chiaramente che "quello che Israele
cercava non l'ha ottenuto, l'hanno ottenuto gli eletti", rammenta
infatti la attuale esclusione degli ebrei ("a causa delle loro mancanze)"
e l'innesto dei gentili ("se ora alcuni rami sono stati tagliati
via e tu, essendo un olivastro selvatico, sei stato innestato al posto loro,
venendo così a partecipare della linfa che proviene dalla radice dell'olivo,
non ti gloriare", Rom. 11, 17).
Il fruscio delle
modernizzazioni soggiacenti ai solenni annunci di fedeltà alla dottrina di
sempre, autorizza Guarini ad affermare che nei documenti del Concilio Vaticano
II si intravede "una rottura con la precedente tradizione della Chiesa"
. Di qui una diagnosi impietosa: "Concetti base e temi come sacrificio
e redenzione, missione, annuncio e conversione, l'adorazione come parte
integrante della Comunione, la necessità della Chiesa per la salvezza, furono
tutti esclusi, mentre il dialogo, l'inculturazione, l'ecumenismo non più come
reditus dei separati ma come ricerca di una convergenza da cercare insieme e
non già presente nella Chiesa, l'Eucarestia come banchetto, l'evangelizzazione
come testimonianza ecc., divennero più importanti".
Nel
capitolo che conclude il magnifico saggio di Guarini è opportunamente
rammentato che la partecipazione alla liturgia non è una novità del Vaticano
II, poiché se ne trovano accenni nella bolla Divus Cultus di Pio XI e
nella Mediator Dei di Pio XII mentre ancor prima, fu lo stesso Pio X la
terminologia partecipazione attiva".
Purtroppo nella nuova
liturgia la partecipazione dei fedeli è alterata, lo ha dimostrato Benedetto
XVI, "la comparsa quasi teatrale di attori diversi, cui è dato oggi di
assistere soprattutto nella preparazione delle offerte, passa semplicemente a
lato dell'essenziale. Se le singole azioni esteriori ... diventano l'essenziale
della liturgia e questa stessa viene degradata in un generico agire, allora
viene misconosciuto il vero teodramma della liturgia, che viene anzi ridotta a
parodia".
Il pregevole saggio di
Guarini si raccomanda quale puntuale e drammatico elenco delle ragioni, che
giustificano il grido di dolore rivolto al Cielo dai fedeli umiliati dal
disordine che, a piccoli passi, ha occupato e stravolto la Messa cattolica e,
attraverso la nuova messa, ha soffocato il respiro della vita cristiana.
Piero Vassallo
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