"Il giudizio del
mondo è un giudizio privo di misericordia. Perché allora il mondo non dovrebbe
essere giudicato nello stesso modo nel quale esso giudica?"
Paolo Pasqualucci
La
regina Maria I Tudor (1516-1558) restituì, per la durata del suo breve regno (1553-1558) l'Inghilterra
a Cristo. Amata dal suo popolo fu odiata
dalle canaglie, gaudenti una ricchezza turpe, ottenuta grazie al furto dei beni
ecclesiastici commesso da Enrico VIII, il re posseduto dal delirio teologico
discendente da una implacabile infezione libertina.
La
intrepida regina restaurò la Santa Messa e ripristinò l'ordine turbato e
devastato dall'odio viscerale nutrito da Enrico VIII contro i cattolici, ai
suoi occhi colpevoli di fedeltà a Clemente VII (1478-1534), il papa che aveva
negato la consacrazione dell'amorazzo adulterino del re con la cortigiana Anna
Bolena, rapporto da cui era nata la futura regina Elisabetta.
L'orgoglio
smisurato e il rovente fanatismo del re scismatico, autore dell'empio Act of
Supremacy, che dichiarava il re capo supremo della chiesa d'Inghilterra,
avevano diviso la nazione e incrementato quella devastante miseria, che è
narrata negli scritti di San Tommaso Moro (1478-1535) il sapiente refrattario
all'ideologia divorzista, che fu fatto decapitare dal folle re.
Il
divieto del padre Enrico VIII aveva impedito a Maria, cattolica irriducibile,
di apprendere la scienza politica. La madre, la devota e irriducibile Caterina
d'Aragona, le insegnò a giudicare la salvezza delle anime superiore ad ogni
altro bene. La dottrina cattolica le fu insegnata dalla Beata Margaret Pole,
che sarà martirizzata dagli eretici nel 1541.
Hilaire
Belloc ha dimostrato che Maria Tudor "possedeva una solida virtù e una
chiara impostazione morale, mentre Elisabetta possedeva una certa tenacia senza
scopo e combinata con il suo capriccio".
Maria,
salita al trono dopo la morte di Enrico VIII e del successore, il suo
fratellastro, il cagionevole Edoardo VI, fu amata dal suo popolo perché
riabilitò la Messa cattolica, fece rimpatriare il cardinale Reginald Pole
(1500-1558) e i sacerdoti fedeli al papa e restituì ai conventi la proprietà
delle terre destinate all'uso dei contadini poveri.
Fu
odiata dall'oligarchia scismatica, da lei privata del bottino, detestata dal
clero eretico e corrotto e finalmente calunniata da una storiografia asservita
ai perpetui e oscuri poteri della menzogna e del disordine.
Sposa
del grande Filippo II di Spagna, Maria Tudor desiderò ardentemente un figlio cui
affidare il compito di proseguire la missione finalizzata alla restaurazione
cattolica.
Delusa
la sua attesa, morì rassegnata al volere di Dio e lasciò l'eredità del regno
alla sorellastra, la miscredente e ipocrita Elisabetta, che, fingendo, professava
la fede cattolica.
In
quanto figlia illegittima di Enrico VIII e di Anna Bolena, Elisabetta non aveva
diritto alla successione, vero è che il papa non riconobbe il suo regno. E con
piena ragione poiché il primo atto del regno elisabettiano fu la profanazione
della Messa cattolica. Elisabetta, preso atto dell'ostilità del papato (sarà
scomunicata da San Pio V nel 1570) gettò la pia maschera: sostenne
apertamente la fazione anglicana, promosse la persecuzione dei cattolici e
avviò una politica intesa a rovesciare l'alleanza con la Spagna. La fortuna
della regina impropriamente detta vergine, si deve in larga misura al
grave errore di Filippo II, che ostacolò l'ascesa al trono d'Inghilterra di
Maria Stuarda, perché la regina di Scozia era favorevole a un accordo con il
regno di Francia piuttosto che con la monarchia ispanica. In tal modo iniziò
quella trionfale marcia dell'impero britannico, che fu macchiata dalla ferocia
e dall'untuosa empietà, prima di scivolare nell'impero delle banche d'America e
di raggiungere il suo squillante/imbalsamante epilogo nei torridi fumetti della
birichina principessa Diana e nelle alte ombre della pedofilia intorno
alla regia corte.
Per
fare luce sulla vera storia di Maria Tudor il grande scrittore e sacerdote
cattolico Robert Hugh Benson (1871-1914) scrisse, nel 1907, una magnifica
storia romanzata, La Tragedia della Regina Maria Tudor, sovrana incompresa, che
è ora riproposta da Fede e Cultura, casa editrice in Verona (il volume di
pagine 365 è in vendita nelle librerie cattoliche a euro 15).
Geniale
e instancabile scrittore, Benson fu uno dei protagonisti della insorgenza
spirituale e culturale, che, all'inizio del ventesimo secolo, destò la speranza
di una rinascita cattolica in Inghilterra.
Protagonisti
del romanzo sono personaggi storici e personaggi inventati da una fantasia che
mai sconfina nell'inverosimile.
Il
profilo della regina è disegnato con un'arte che mai si discosta dalla verità
storica: Benson, pur non nascondendo le debolezze di Maria Tudor riconobbe e
apprezzò la sincerità della fede da lei professata e le attribuì il merito di aver sconfitto i
promotori dello scisma "che avevano strappato il Corpo di Cristo dalle
loro chiese".
Il celebre romanziere
rammentò inoltre che la regina cattolica difese e protesse i poveri "i
teneri agnelli che avevano pianto così pietosamente da villaggi e strade,
vagando senza un pastore, soffrendo la fame per mancanza di cibo salutare".
D'altra
parte Benson affermò e dimostrò la doppiezza e l'arroganza Elisabetta: nel romanzo
il minaccioso discorso, con cui la futura regina vergine tenta di
indurre al tradimento uno studioso fedele a Maria, è un capolavoro di
letteratura al servizio della verità storica.
Il
romanzo di Benson, libro che non può mancare in una biblioteca seria, si
raccomanda quale efficace antidoto all'anglofilia squillante nei pensieri della più retriva e sciocca
borghesia italiana. E come lettura disintossicante, necessaria agli
irriducibili, che intendono interrompere e spezzare il vizioso circolo ecumenico
avviato dagli ammiratori degli avvoltoi in volo modernizzante sopra l'infelice
Concilio Vaticano II.
Piero Vassallo
Nessun commento:
Posta un commento