Fedele
testimone della tradizione cattolica e critico severo delle fumose dottrine
circolanti nella teologia post-conciliare, Piero Nicola propone ora un robusto
saggio, Il Vaticano ha contraddetto il dogma, edito in Milano da
Radio Spada.
Nicola,
scrittore dotato di una rigorosa attitudine all'analisi, approfondisce e trae
alle conseguenze estreme le ragioni degli oppositori alle novità, baluginanti
nei tortuosi e/o lacunosi documenti del Concilio ecumenico Vaticano II.
L'opera
di Nicola, infatti, si svolge a partire dalla Tesi di Cassiciacum, che,
sulla base degli scritti dell'autorevole padre Guérard de Laurier o. p.
(1898-1988), disconoscono la sussistenza dell'autorità sulla Cattedra dei
pontefici eletti durante e dopo il Concilio Vaticano II.
Tesi
formulate con un rigore estremo, che, elencando le ambiguità dell'insegnamento
impartito dal magistero conciliare e post-conciliare, ha persuaso una
agguerrita minoranza di teologi a condividere l'opinione intorno alla sede
vacante.
Prima
di ogni altra considerazione sulla crisi in atto nella Chiesa cattolica corre
tuttavia l'obbligo di rammentare la difficoltà che insorge contro le tesi dei
sedevacantisti: il fatto che le disavventure del modernismo hanno suggerito
agli erranti di seconda generazione di usare un linguaggio bifido e scivoloso,
che agisce come cortina fumogena capace di nascondere l'errore e di lasciarlo -
in ultima analisi - dietro le quinte. In secondo luogo occorre rammentare che
Paolo Pasqualucci ha dimostrato, nel saggio pubblicato da Solfanelli, che il vento
conciliare soffiava dall'abbagliata e infondata sentenza di Giovanni XXIII,
secondo cui i moderni erranti (forse a cominciare dal buon Kruscev)
stavano correggendo il loro erroneo pensiero.
Se
fosse lecito usare il linguaggio della cinematografia di Verdone si direbbe che
il Vaticano II è stato flesciato dalla luce emanata dalla decomposizione
(francofortese e californiana) del pensiero moderno, cioè avviato a correre a
perdifiato sulla pista delle fosforescenti e devastanti illusioni incautamente nutrite dal papa buono.
Corsa
cieca, quella dei padri conciliari, il cui traguardo fu la catastrofe
sessantottina che, in figura di fumo satanico, ha avvelenato la vita della
Chiesa cattolica L'illusione dettata da un ingenuo e ingannevole sentimento non
è un'eresia ma il segnale della presenza di un confusionario stato d'animo
rombante nel motore del Vaticano II.
Nicola
non ha il torto quando esamina criticamente le tesi conciliari intorno alla
libertà religiosa, novità che propongono opinioni difficilmente compatibili con
il depositum fidei.
Quale esempio di
abbagliante devianza è citata la tesi conciliare, di probabile stampo
rahneriano, secondo cui "gli uomini privi del Battesimo e della Fede
... possono godere dell'assistenza dello Spirito Santo, perseverando nel loro
stato di erranti e di peccatori, ... e così comportandosi possono essere o
diventare giusti e pervenire alla salvezza". In questa sentenza soffia
il vento dell'impetuoso e avventuroso buonismo. Fortunatamente tale
acrobatica/funambolica opinione non è stata affermata come un dogma ma come una
pia, tranquillante suggestione da far squillare nelle radunate inter-religiose
e inter-ideologiche.
In
conclusione si può affermare senza timore di smentita che il modernismo è
penetrato en travesti nell'aula del Concilio Vaticano II mentre si deve
riconoscere che proprio il suo abile travestimento ha fermato a metà l'azione
dell'errore, lasciando percorribile (in un auspicato futuro) la via della
indispensabile correzione. L'irreparabile è stato evitato dal travestimento che
ha attenuato il veleno neomodernista proprio nel momento in cui i suoi
portatori umiliavano e sconfiggevano il coetus dei difensori della
tradizione. L'allarme lanciato dal
pregevole e dotto saggio di Piero Nicola ha origine da una incontestabile
esigenza di verità: sottolinea, infatti, le incongruenza e i paradossi in
circolazione nei testi conciliari ed elenca le mancanze e le gravissime colpe
della gerarchia conciliare e post-conciliare (ultimamente preda di una teatrale
tarantella-ridarella) ma non riesce a dimostrare la tesi sulla sede vacante con
argomenti inoppugnabili .
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