"Lo spirito della
Resistenza ha modellato tra gli uomini della rivoluzione e quelli della
speranza cristiana vincoli d'intesa e di collaborazione che, liquidando i
vecchi pregiudizi, hanno aperto la strada ad una nuova democrazia".
Jacques Maritain
Nel
cruciale decennio 1958-1968, oggetto dell'indagine compiuta dal ricercatore
fiorentino Tommaso Cioncolini [1], con il
canonico occhio vigile, quello che fa sparire i protagonisti della
destra [2],
la storia dei cattolici italiani appare turbata e agitata dalle suggestioni
diffuse dai banditori della scolastica modernizzante.
Alla
ribalta della storia si affacciava quella nuova filosofia che, prima di
irrompere disastrosamente nel Concilio Vaticano II, avrebbe alterato la
teologia della storia e preparato l'azione democristiana, intesa a
liquidare/suicidare la dottrina tradizionale, che contemplava la Chiesa quale
anima e guida delle nazioni cattoliche.
Il
nuovo avventuroso orizzonte della teologia fu disegnato dall'arcivescovo ecumenico
di Parigi, cardinale Emmanuel Suhard, secondo il quale dalle macerie prodotte
"dall'ultimo conflitto mondiale era sorto un umanesimo mondiale, una
civiltà universalista e la Chiesa aveva il compito di dare un'anima a questo
nuovo edificio" [3].
Purtroppo
nel disegno tracciato dal cardinale Suhard e inquinato dai pensatori esoterici,
gli intellettuali e i giornalisti di obbedienza progressista videro una breccia
attraverso cui insinuare le devastanti elucubrazioni dell'incappucciato e
travestito laicismo.
Nel
corpo fragile delle nuove dottrine cattoliche entrarono i princìpi squillanti
del contraffatto/iniziatico universalismo onusiano.
Intanto
nelle sacrestie arroventate dalla additivata utopia di Suhard e agitate da una
febbrile rerum novarum cupiditas
e negli ambulacri democristiani inquinati ed elettrizzati dalle prediche
squillanti, di don Giuseppe Dossetti e di Giorgio La Pira,si diffondeva uno
stato d'animo nebbiogeno che, assimilava
incautamente "la lezione di Jacques Maritain, che aveva messo in
discussione [l'idea guelfa del primato della Chiesa sullo Stato] venne
qualificata come il principale cedimento al processo di secolarizzazione.
Difatti la pericolosità della riflessione del filosofo francese fu ravvisata
per il suo tentativo di sgretolare la presenza monolitica della Chiesa,
accentuando così il distacco e la separazione tra il temporale e il sacro"
[4].
Benché
fosse evidente l'errore maritainiano, l'ala gongolante e disarmata del
cattolicesimo progressista accelerò il suo cammino sulla "via italiana
alla modernità", nella gioiosa aspettativa"di far fronte a
quelle istanze che chiedevano un ripensamento della presenza sociale della
Chiesa in una realtà più complessa e profonda e trasformata rispetto a qualche
hanno prima".
Motore clericale della
gaudiosa modernizzazione della festosa teologia infine fu il Concilio Vaticano
II, palcoscenico della spaventosa crisi delle vocazioni al sacerdozio, che
erano in continua crescita fino al 1962, e dopo il concilio si rovesciò
nell'improvviso deficit costituito da trentamila sacerdoti dimissionari,
numero rosso indicato dall'insospettabile professore Andrea Riccardi.
r
E' probabile che
Cioncolini non abbia consultato la puntuale confutazione della filosofia
maritainiana, pubblicata da padre Antonio Messineo nella Civiltà Cattolica nel
1956: un saggio in cui si dimostra la inquinante/stravolgente/inavvertita
infiltrazione dello storicismo hegeliano nel pensiero di Jacques Maritain [5].
Certo è
che Cioncolini, l'autore del saggio in questione, quasi alzato in volo dal
soffio di uno storicismo di seconda e volgarizzante mano, sostiene che
l'evoluzione neomodernista e aperturista della Democrazia cristiana fu la
conseguenza del voto alle politiche del 1958, voto generato dallo Zeitgeist,
[Hegel additivato dall'economicismo marxiano e addolcito dal fruscio della
parrocchia].
Contro
il partito dei cattolici soffiava un destino laico, sollevato dall'ingente
sviluppo dell'economia italiana, elettrizzata dal volano dell'Iri.
Cioncolini
scrive infatti: "le elezioni politiche del 1958 si svolsero all'ombra
di una trasformazione economica e sociale senza precedenti; questi processi
accelerarono e favorirono una modernizzazione culturale tumultuosa e diseguale,
senza che i vertici della Chiesa cattolica ne percepissero la portata e
l'impatto".
All'inversione
storicista della politica democristiana soggiaceva un'opinione stravagante e
avventurosa. Francisco Elias de Tejada sosteneva che, ove un'opinione analoga a
quella dei progressisti democristiani fosse stata condivisa dai cristiani delle
origini, si sarebbe attuata un'intesa
con la teologia di Tigellino cioè sottoscritto il compromesso della
dottrina cristiana con il paganesimo declinante negli estenuanti vizi della
Roma imperiale [6].
I vizi
- nascosti nel proverbiale fumo di satana - arrivarono al seguito del Concilio Vaticano
II. All'orizzonte apparvero i cattolici orizzontali in corsa gioiosa
verso l'obitorio sessantottino.
Si diffuse
una malsana inquietudine, un'ansia indirizzata "allo stravolgimento del
vissuto religioso ... un cambiamento di prospettiva che alterò la
concezione escatologica della Chiesa, rinunciando alla contrapposizione con
mondo, i settori cattolici socialmente più
vivaci ritennero che la Chiesa si dovesse mettere finalmente a servizio
della missione che la sovrastava e le dava il senso più autentico: Dio è per
tutti gli uomini".
Alla luce del fallimento democristiano, nascosto da
Cioncolini dietro il paravento alzato a copertura della nudità dei progressisti
cattolici, appare evidente che un movimento politico interprete delle
indeclinabili ragioni del cattolicesimo può ricostituirsi solo a distanza delle
suggestioni filosofiche che hanno trascinato la Dc all'inseguimento del
decomposto cadavere progressista e dalla illusione danzante e gongolante
intorno al partito renziano, trascinato dai poteri del mondialismo regressista,
culocratico e tanatofilo.
[1] Cfr. Tommaso Cioncolini, Basta con la Dc! Il mondo
cattolico di fronte ai processi di modernizzazione della società italiana
(1958-1968), Edizioni Polistampa, Firenze 2014, Curioso è anche il silenzio
sul tentativo computo da Fanfani nel 1954 al fine di costituire un solido e
duraturo governo di centro destro, tentativo scioccamente respinto dalla
segreteria del Msi perché la abbagliata e pavida maggioranza di Arturo
Michelini temeva di procurare un vantaggio ai rivali almirantiani. Oggi la
proposta di Fanfani è giudicata dagli storici la più formidabile occasione
politica offerta al Msi.
[2] Dopo il Concilio ecumenico Vaticano II gli storici
cattolici sono stati devotamente privati dell'occhio destro e indotti a
contemplate la storia italiana con il solo occhio - il sinistro - consentito
dalla teologia modernizzante. Da tale mutilazione l'impedimento a vedere il
voto decisivo delle destre a sostegno dei governi democristiani presieduti da
Antonio Segni, Adone Zoli, Fernando Tambroni. Esemplari furono anche il
drastico ridimensionamento e il discredito della figura di Luigi Gedda e la
esagerata considerazione della politica di Livio Labor e dell'ondivago Corrado
Corghi. A Corghi Alberto Franceschini attribuisce un giudizio temerario secondo
cui "la lotta armata doveva legarsi ai problemi della gente ed essere
concepita come una serie di atti di giustizia". Ovviamente un pesante
silenzio è stato calato sui politici militanti a destra e sui numerosi e
qualificati studiosi attivi nella destra d'ispirazione cattolica del
dopoguerra, Giorgio Del Vecchio, Balbino Giuliano, Armando Carlini, Marino
Gentile, Carmelo Ottaviano, Nicola Petruzzellis, Giuseppe Bottai,, Giovanni
Volpe, Nino Tripodi, Giano Accame, Francesco Grisi, Enzo Erra, Fausto
Gianfranceschi, Attilio Mordini, Primo Siena, Fausto Belfiori, Giuseppe Tricoli,
Fabio Andriola, Marcello Veneziani ecc.
[3] Cfr. Tommaso Cioncolini, Basta con la Dc! Il mondo
cattolico di fronte ai processi di modernizzazione della società italiana, op.
cit., pag. 17
[4] Le tesi di Maritain
furono confutate da numerosi e qualificati studiosi cattolici: Amato Masnovo,
padre Antonio Messineo, padre Julio Meinvielle, Marcel de Corte, padre
Cornelio Fabro, card. Giuseppe Siri, don Gianni Baget Bozzo, mons. Antonio
Livi, prof. Andrea Dalledonne, prof. suor Rosa Goglia ecc.
[5] E' necessario rammentare che Alcide De Gasperi
condivise senza riserve la filosofia di Maritain e che al suo seguito
diventarono seguaci dell'umanesimo integrale i principali esponenti
della Democrazia cristiana.
[6] Un paradosso del compromesso con il pensiero di
Tigellino, legittimo erede della teologia della Rupe Tarpea, in seguito è stato
attuato dai firmatari democristiani della bestiale, spregevole e maledetta
"legge" abortista, frutto di una democrazia cui conviene lo sputo in
faccia.
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