Confessiamo la nostra appartenenza alla Chiesa
cattolica quando recitiamo il Credo niceno, un atto di fede che non è alterato
né dai rumorosi documenti del Concilio ecumenico Vaticano II né dagli improvvisati/spericolati
e talora grotteschi discorsi dell'autorità ecclesiastica.
Il
fastidioso rumore prodotto dai nuovi teologi, vanamente applauditi (da
Scalfari, da Pannella e dalla Bonino e dal popolo della loro risma), urta
contro la fortezza delle verità dichiarate dal Credo. Non si vuole qui
sottovalutare la bruttezza delle improvvisazioni di liturgisti ispirati dal
cabaret né misconoscere la desolata, raggelante fatuità dei predicatori orizzontali,
che fanno girare intorno ai novissimi (morte, giudizio, inferno, paradiso)
il timore di scandalizzare i fedeli (nei quali sembra che essi vedano soltanto
i piatti aspiranti a un mondo migliore, cioè politicamente/orizzontalmente
corretto).
Non si
può dunque negare l'esistenza di cattive intenzione in corsa ridicola nella
mente e nella parola di preti e vescovi rapiti dalla urgente convinzione di
appartenere a una Chiesa rifondata e finalmente cristianizzata dal
rivoluzionario Concilio di Giovanni XXIII e dei teologi renani.
Se non
che le fantasie del clero futurista vanno a sbattere contro il muro del Credo,
atto di fede che i modernizzatori non osano abolire.
Il
Credo disperde il fumo in uscita dalle chiacchiere ronzanti sui pulpiti del
novismo/buonismo. La vera e invincibile fede sta al di sopra del vuoto
conformismo del clero. L'impazienza vandalica dei novatori, infatti, è
trattenuta dalla paura di azzerare la già esile presenza dei fedeli.
Di qui
i dubbi sul sedevacantismo, una drastica spiegazione degli orrori clericali che
rischia di deragliare trasformandosi in teoria sulla vacanza dello Spirito
Santo.
Sia
chiaro: lo Spirito Santo non produce il delirio di certo clero e di certa
gerarchia e tuttavia è lecito credere che spinga nello sterile vuoto le loro
improvvisate, conformistiche esternazioni.
I
seguaci del Vaticano II chiacchierano, la verità cattolica rimane imperterrita.
La ragione cattolica impedisce il trapasso del fastidio causato dalla vana
teologia modernizzante nella convinzione intorno alla sede vacante (convinzione
che può rovesciarsi nella devastante paura intorno alla vacanza dello Spirito
Santo).
r
Curiosamente
la teologia sedevacantista si rovescia e si capovolge in uno storicismo
clericalista, che drasticamente riconosce i sacri diritti del papato in
situazioni storiche nelle quali la verità e la giustizia non coincidevano con
la politica vaticana. Un giovane
studioso mi scrive al proposito: "secondo voi era legittimo il modo di
agire del Papato, che si è inventato la donazione di Costantino per
giustificare la sua politica in espansione al di fuori del Patrimonio di San
Pietro?"
La lettera del giovane
amico costringe a riflettere sulle conseguenze della pretesa vaticana, non
sostenuta da adeguate forze militari e perciò costretta a molestare di continue
richieste re e imperatori, per ottenere territori che gli sarebbero appartenuti
perché donati da Costantino.
Ora non è chi non veda
che le infondate pretese territoriali della Santa sede abbiano attirato in
Italia gli appetiti di quelle potenze straniere che produssero la
frammentazione plurisecolare della nostra Patria.
Di qui
l'inconsistenza del vaticanismo, sogno antistorico che, trasportato nella
presente situazione politica, diventerebbe desiderio di smembrare l'unità
nazionale con il risultato di offrire opportunità a una temibile egemonia
straniera (francese e tedesca).
Il
legittimo esercizio della critica storica intorno al risorgimento dovrebbe
pertanto rimanere nell'ambito di un serio e non anacronistico dibattito sulla
storia e arrestarsi davanti al rischio rappresentato dall'attuazione di
un'utopia disunitaria che costituirebbe un beneficio incautamente donato ai
nostri ingordi amici europei.
Piero Vassallo
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