"... mano a mano che vedeva la
giustizia soccombere, schiacciata dall'arbitrio delle classi dirigenti -
neppure più in grado, per la verità, di dirigere se stesse ma capacissime di allearsi fra loro a salvaguardia dei più
vergognosi privilegi in danno delle moltitudini disorganizzate ..."
Dopo la
visione dell'orribile mostro a quattro teste - donna Assunta & Gianfranco
& La Russa & Tulliani - si fa fatica a pronunciare l'imbarazzante e
cupa parola destra. Il cammino della cosa peraltro si è capovolto
nella notte dei rinoceronti, in corsa rovinosa nel dramma di Eugene Ionesco.
Gli
ostinati e gli irriducibili e tra loro Giuliano Rodelli, lavorano tuttavia per
narrare il deserto a monte della cosa che non c'è più, che non ha
più senso e nome e che - forse - non è mai seriamente esistita.
Con
pudore e con amara ironia Rodelli, intelligenza mortificata dai politicanti
d'area, nuota nelle acque grigie dell'assenza. Fiumi di pagine onestamente
pensate e ben scritte sono trasmesse al fantasma della biblioteca disertata dai
politicanti d' (l'area volatilizzata dai destri, appunto).
Uno
scrittore neo-surrealista, in parallelo con la malinconia di Rodelli, sta
pensando di scrivere una commedia tele/filosofica intitolata: Gasparri &
Bocchino ovvero la destra polifrenica da Gentile alla Santanché.
Il
destino è comico/amaro. La saracinesca del bar è abbassata e sulla chiacchiera
del marciapiede parlante cade un'opaca pioggerellina. Il futuro è una fontana
che sputa parole cadaveriche.
L'irriducibile Rodelli ha scritto, per il
torchio dell'impavido Marco Solfanelli, una sapida miscellanea di racconti intitolato Nero
plasma, ritratto della crisi di nervi - e a piacimento della scomposta
senilità - in scena dietro le quinte borghesi/psichedeliche della destra et
iperborea et iporeale.
L'identità perduta a Montecarlo si confonde
con le corna salottiere e i piccoli furori messi in scena dal pallido bluff di
un'estenuata borghesia.
La
destra, emblema e figura profetica dell'umanoide/americanoide "dimentico
del passato, ottuso rispetto al futuro, drogato dal presente, e che non sa più
nulla di sé".
Incapace di alzare il sopracciglio mortalista,
Rodelli visita con implacabile e chirurgica malinconia, le nevrosi e le miserie
che affollano la scena della metamorfosi postmoderna in atto nei quartieri
della classe detta benpensante. Ovvero impropriamente pensante.
Il
pensiero dominante a destra è la fuga dal dovere. Lo proclama uno dei
personaggi inventati (inventati?) da Rodelli: "Naturalmente, con il
passare degli anni, lui si rendeva ben conto che qualunque forma di vocazione
all'obbedienza veniva sopraffatta dal facile giudizio di pecoronismo e che
scadeva nell'indifferenza dell'anima: si rendeva conto che l'egoismo
individualistico andava gonfiando gli animi ormai vuoti, che la società si
discioglieva in un crescendo disordine, mentre mentre la cura verso i più
deboli sembrava non avere più senso".
Dietro
le quinte la filosofia della destra si capovolge nella banalità dispettosa/litigiosa
di una borghesia borgatara, orfana della cultura che ha alimentato le reazioni
del novecento italiano al nichilismo.
Scrittore di genio e di malinconia, Rodelli mette in scena la psicastenia e il nichilismo che scuotono i nervi fragili di quella borghesia fatua e sussiegosa, che ha attraversato la giovinezza stordita dalle trasgressioni californiane prima di gettarsi nelle braccia della sedicente destra. E di affondare nella palude guacciana, figura dell'eterno ritorno della borghesia alla propria fatuità.
Scrittore di genio e di malinconia, Rodelli mette in scena la psicastenia e il nichilismo che scuotono i nervi fragili di quella borghesia fatua e sussiegosa, che ha attraversato la giovinezza stordita dalle trasgressioni californiane prima di gettarsi nelle braccia della sedicente destra. E di affondare nella palude guacciana, figura dell'eterno ritorno della borghesia alla propria fatuità.
Piero Vassallo
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