Coordinato dalla scrittrice e prof.ssa Delfina Ducci, la quale, nelle more degli interventi, ha dimostrato di muoversi a suo agio nell’ambito problematica relativa alle icone – vero e proprio “ubi consistam” della religione greco-ortodossa – si è svolto, qualche giorno fa, al Pontificio Collegio Pio Romeno, sito nel seducente scenario del Colle Gianicolo della Capitale – un interessante Convegno, anche per il prestigio di qualificati relatori, avente come argomento ‘Senso e storia dell’icona, un’arte, un libro, un appello’.
Ha aperto i lavori proprio la menzionata coordinatrice la quale, dopo aver riassunto le tematiche dell’incontro, ha proseguito mettendo in luce l’importanza della letteratura in oggetto definendo, testualmente l’icona vera e propria “finestra per conoscere il mondo soprannaturale”, non senza riconoscere, altresì, la vivezza teologica dell’iconologia – celebrante la bellezza divina - affermatasi anche per merito di alcune artiste donne.
Ha ripreso, a questo punto, la parola Padre Buboi esordendo con la tesi secondo cui “l’immagine vale mille parole” e proseguendo con l’asserzione che le icone sono simboli universali per tutti i cristiani anche perché esse sono miracolose e suscitano interesse nei fedeli. L’oratore, ha pure insistito sulla somiglianza fra Vangelo e Icona in quanto, quest’ultima, è opera d’arte e luogo d’incontro, visto che la luce di Dio si riflette sull’immagine.
Infatti, ha concluso il Rettore, molti anziani e malati si segnano nel rispetto dell’icona dato che la stessa, egli ha concluso, non è altro che slancio dell’uomo verso Dio e fervore di Dio nei riguardi della creatura. Padre Germano Marani, intervenuto, subito dopo, si è intrattenuto sui rapporti fra Italia e Russia, due nazioni, ha precisato, non lontane, bensì vicine tant’ vero che il pittore Maltzeff è stato uno dei tanti artisti, scrittori e studiosi venuti a Roma.
Anche uomini del calibro di Ivanov e Gogol, per fare qualche nome, soggiornarono a Roma mentre Gogol, ha aggiunto lo studioso, dedicò addirittura una lirica alla città eterna a conferma che tanti musicisti e romanzieri come, ad esempio, Glinka, Rachmaninov, Gorki e Pasternàk, visitarono tante città della penisola ad iniziare da Firenze e Capri.
Padre Flarenzi, un altro russo, scrisse, a detta di Marani, ‘La prospettiva rovesciata’ rispetto alla prospettiva scoperta dal Rinascimento italiano e parlò anche del passaggio dell’’invisibile al visibile’, considerato che tale concetto resta importante per i confini spirituali e culturali della Russia penetrati in Europa nel Settecento. Da qui, la conclusione che la cultura russa non è diversa da quella europea perché essa rimane di frontiera sì, ma anche vitale, incisiva e dinamica.
Il prof. Bertacchini, celebre biblista, ha, a questo punto, richiamato l’interesse dell’uditorio sul tema del valore dell’uomo nel Nuovo e nel Vecchio Testamento tenuto conto che il volto di Dio non si può vedere, ma viene ricercato; e ciò, soprattutto perché Dio ci guarda. Da qui il nesso fra volto dell’uomo e quello di Dio, carico, quest’ultimo, di luce e di amore.
La bellezza divina, ha esplicato il cattedratico, si sprigiona dal volto del Padre in quanto, appunto il volto, si presenta sia come “terminus a quo” sia come “terminus ad quem”; Dio, infatti, nella ‘Genesi’ creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, nel senso letterale e nel significato allegorico di ‘intelletto e volontà’. Ora, per il relatore, siccome l’immagine seduce ed attrae, la luce è gloria e viceversa; ecco perché l’icona bizantina, egli ha concluso, scaturisce proprio dalla preghiera contemplativa. Michele Bianchi, psicoterapeuta e psicologo, si è soffermato, dal suo canto, sul concetto di ‘croce nucleare’, espressione coniata da Salvador Dalì fautore di in surrealismo, di ordine feticistico, nel contesto di una visione del mondo incentrata sul paradosso dell’’invisibile in quanto visibile’.
In Dalì, ha insistito, lo studioso, non c’è mai un Cristo sofferente mentre in Oriente la teologia è liturgia; nel suo mondo, pertanto, la croce nucleare è un punto fermo fondamentale considerato, inoltre, che essa è simbolo di ‘carità’; nell’universo, infatti, del pittore catalano è sempre presente la lotta contro il demonio.
È spettato a Giovanna Muzji, a questo punto, il compito di chiudere i lavori dell’importante Simposio seguito da un uditorio attento e competente. Dopo aver illustrato la valenza alcune opere di Gregorio Maltzeff, la relatrice ha affrontato la questione ‘occhio e visione interiore’ partendo dal mondo antico, segnatamente greco, basato, com’è noto, sul principio ‘dal disordine all’ordine’ perché ligio, esso, alle leggi della natura.
In particolare, secondo la professoressa, per il filosofo Plotino la realtà spirituale è l’unica che si vede con l’occhio della mente, sulla falsariga del suo Maestro Platone anch’egli persuaso che per elevarsi alla conoscenza della realtà ideale è giocoforza adoperare non la visione sensibile, bensì quella intellettuale, l’unica in grado di liberarci dai lacci della fisicità e della materia in generale.
Nel XIX secolo, essa ha continuato, gli artisti sono tornati alla vita interiore in quanto l’espressione manifesta l’interiore dato che l’arte diventa grande se si pone in rapporto al ‘cosmico’; interpretando Matisse, la studiosa ha sostenuto che occorre, nell’arte, conservare lo sguardo del bambino e che l’artista, se vero artista, deve possedere qualità morali.
In tale maniera, ha puntualizzato, la pittura può giungere all’’imponderabile’ e alla contemplazione sulla traccia indicata da Plotino e pure da Kandinski secondo il quale bisogna guardare la natura dall’interno. Un rilevante Convegno, in conclusione, quello svoltosi al Pontificio Collegio Pio Romano. Collegio ricchissimo di spiritualità cristiano-ortodossa e onusto, è il caso di sottolinearlo, di una moltitudine di icone che rendono l’Istituto traboccante di una spiritualità orientale che mista a quella occidentale ne fanno un luogo di meditazione e di preghiera capaci di elevare l’animo a Dio.
Lino Di Stefano
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