giovedì 4 giugno 2015

LEGGE, CULTURA E NOBILTÀ (di Piero Nicola)

Chi oggi considerasse l'istruzione, l'educazione, la preparazione specifica per le attività, la cultura, che include il civismo e il criterio del bene e del male, e volesse che rivivessero insieme alle nobili tradizioni, ovvero al risorgere della nobiltà, abbraccerebbe una sfera troppo grande non solo per questi giorni.
  Ci si potrebbe accontentare dell'ampio riconoscimento e del rispetto tributato alla legge veritiera, già scritta, pronta e, in concreto, deturpata. D'altronde, senza il suo fondamento non vi è civiltà che tenga. Le riforme, i raddrizzamenti, i loro sostegni ideali, ottenuti con mezzi più o meno retorici e propagandistici, bisogna che comincino ripristinando una base di giustizia, di ragione vergine.
  L'ausilio della cultura, un rinnovamento della maturità culturale, penderebbe dalla parte dell'umanesimo bisognoso di depurazione. Ciò che poteva ancora permettersi una società condizionata da principi onorevoli, sorretta da un bastante ossequio agli integri costumi, nella presente situazione di imbarbarimento pagano farebbe prendere subito una brutta piega ad ogni cosa.
  Le virtù naturali dell'antica cavalleria (onore nell'abnegazione, nel sacrificio generoso, spoglio di albagia), quali sopravvissero nel meglio dell'esercito e brillarono in guerra, sarebbero giovevoli e scevre di inconvenienti. Perciò la riforma delle milizie (che dovrebbero tornare anzitutto alla separazione di uomini e donne, riservando a queste alcuni corpi ausiliari) sarebbe certamente utile e assai attuabile, essendo i militari sensibili alle proprie tradizioni e disposti a inchinarsi anche alla tradizione cattolica. Potrebbe partire di lì, il riscatto nazionale che si sbarazza del modernismo, di tutte le lucciole scambiate per lanterne, di tutte le ubriacature, di tutti i letamai frequentati come serre olezzanti? Sembra difficile.
  Per non indulgere alle teorie, si pondera prendendo ad esempio le civiltà ritenute illustri. Ci si rifà da quella romana (repubblicana?), alquanto religiosa, o da quella medievale (feudale?), e si  confrontano con l'epoca corrente le altre precedenti, le parentesi costituite dal dominio di autocrati, spesso accomunandoli in modo arbitrario, mostrandosi un attaccamento democratico, altrimenti aristocratico, pregiudizievoli entrambi per l'obbiettività. Non vanno trascurate le inettitudini radicali delle repubbliche in balia delle fazioni, oppure una nobiltà ormai degenere, quale fu quella che ebbe a dare cattiva prova negli ultimi secoli. Alla stessa stregua, c'è chi, guardando ai mali della guerra, ne ha gettato via, con essi, quegli sprazzi di luce che sarebbero mancati nelle costanti tenebre della pace, e che sarebbero stati un'ispirazione per una normalità nei successivi, pacifici tempi normali.
  Se occorre riconoscere che anche la borghesia diede esempi di nobiltà (segnatamente sui campi di battaglia), sarebbe stolto negare che lo Stato borghese risulti liberale, individualista, ignobile e decadente, con la sua cultura più o meno umanistica e più o meno tecnicistica, insomma, egoista e utilitaristica. Se mai fosse possibile rimettersi sulla strada dell'operosa e colta classe dirigente di una volta, la sentinella della Chiesa ortodossa è svanita da un pezzo e niente la rimpiazza.
  Ricominciare con il Regno di Dio sarebbe di certo augurabile. Il suo potere è enorme. Ma chiediamoci se un movimento politico di laici abbia i mezzi per rimettere in ordine una Chiesa, che non sono riusciti a rianimare i sussistenti sacerdoti dalla schiena diritta e i consacrati dediti all'ortodossia.
  Guardando le conduzioni dei vari paesi cattolici salta all'occhio come la loro separazione dall'autorità ecclesiastica li abbia condannati. Furono sottratti per qualche tempo alla malasorte le nazioni in cui la separazione venne interrotta o attenuata. Avvenne pure che, contemporaneamente, si richiamassero i cittadini ai modelli delle virtù romane o delle posteriori glorie della propria storia. Benché resti incerto se fosse stato un contributo preservato da contaminazioni pagane.
  America, Gran Bretagna e altre plutocrazie acattoliche vanno pure schiacciate dagli inveterati  tradimenti della verità. La loro passata fortuna, i loro fasti - concessi dall'Onnipotente - sono trascorsi nel regno dell'ingiustizia. E come potrebbero essere degni di imitazione? Esse hanno il riscontro individuale in quei soggetti capaci e favoriti dalla sorte, che possono anche morire nel proprio apogeo, ma trapassano andando a raggiungere il ricco Epulone.

  Allora, da dove prendere le mosse? Ma dalle circostanze favorevoli: per esempio da quelli cui è consentito di prevalere nell'agone e da quelli che possono esercitare su loro il proficuo influsso, porgendo il lievito delle virtù naturali e la convenienza, il rimedio universale della giustizia eterna, la quale invita alle virtù soprannaturali.

Piero Nicola

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