giovedì 25 giugno 2015

STORIA E FOGGE DI STATO E DI GOVERNO (di Piero Nicola)

  Non di rado, gli scienziati in materia di uomo civile, di cosa pubblica, di società e di costituzioni, ne sanno molto, allegano autorevoli citazioni, elaborano giudizi, ma il loro sapere li tradisce, li accompagna nella parzialità, contribuisce alla fallacia delle somme tirate. Sicché essi vengono meno alle sintesi vere e possibili.
  Sembrerebbe oltraggioso attribuire loro delle preferenze a priori, per cui i giudizi divengono invalidi, eppure sovente è proprio così. Essi sono comuni esseri umani, dotati per gli studi e per emergere, ma non sono esenti da passioni, ambizioni, interessi.
  Forse inconsapevolmente, essi commettono un errore di principio e di metodo: prendono a modello, per la realtà politica, una perfezione e non se ne discostano. Trovando necessariamente nella storia il vulnus recato da un governante all'ineccepibile perfezione, ne traggono la condanna, una condanna in effetti sommaria, in accordo con le propensioni suddette, quindi immotivata.
  Nessuno di noi nega il diritto alla giusta libertà, i valori della famiglia, e forse la corretta libertà religiosa, l'equo processo giudiziario, il rispetto dovuto all'individuo. Però la morale naturale e cattolica non prescindono mai dalla giusta causa che autorizza, anzi comanda, la necessaria deroga all'osservanza della legge naturale. La Chiesa prevede ed applica la tolleranza: il diritto di valersi d'un male per evitare un male certo e peggiore. Inoltre, essendo il governante uomo fallibile, i suoi errori, quando non sono certi, sistematici e pervicaci, fanno parte della normale fallibilità.
  Per esempio, l'aver eliminato le case di tolleranza, anziché essere stata un'opera di giustizia, è stata un'improvvida e responsabile scelta del male maggiore, che sarebbe stato prevedibile. Per esempio, fare una guerra creduta giusta e invece dubbia. Quando poi fosse colpevole, occorrerebbe appurare se ci fu il ravvedimento dei rei e gli eventuali rimedi attuati e attuabili.
  Ad ogni modo, chi opera senza colpa? Non sarà un sistema politico a rendere impeccabili i suoi agenti! Esso potrà suddividere le responsabilità, e non per questo dev'essere più benefico. Tornerò, in proposito, sull'iniquità, anche tirannica, della democrazia.
  L'esimio studioso, l'esperto della materia, sistemato nel mondo, sovente finisce per ignorare certe regole morali.
  Il giudizio sull'autoritarismo. - Di per sé, esso non è condannabile, se si vuol prestare fede al Magistero tradizionale della Chiesa, che ammise ogni forma di Stato. Inoltre, per contestare il sistema autoritario,  bisognerebbe contestare la società visibile e concreta della Chiesa, essenzialmente monocratica e strettamente gerarchica, oppure cadere nell'errore storicistico, evoluzionistico, ecc., oltretutto denunciato dai fatti: l'uomo odierno è più incapace di prima a difendersi dall'errore e a produrre una degna conduzione della società.
  Uno Stato temporale costituito sul modello della Chiesa, porge la facoltà di una guida retta e ortodossa. Le eventuali limitazioni delle libertà potrebbero essere giustificate. I motivi contingenti addotti per escludere tale soluzione, come quello della mentalità liberale radicata o l'egemonia delle grandi potenze, sono inconsistenti: il popolo cambia facilmente indirizzo, le potenze atlantiche non sono le sole al mondo e spesso devono abbozzare.
  Vediamo le cadute dell'autocrazia: il cesarismo, la tirannia. Di nuovo, occorre prendere in esame la sostanza di tali deviazioni alla luce delle circostanze più gravi. Per esse, si è disposti a concedere a un Papa l'omissione della aperta condanna di un regime indubbiamente empio e iniquo. Con lo stesso metro si dovrà ammettere che un dittatore, magari sottoposto a un sovrano costituzionale, debba esaltare il suo prestigio o bandire l'opposizione politica. I motivi saranno diversi: l'insufficienza dei ministri, le trame di fautori d'un ordine civile seducente e cattivo, che farebbe precipitare il paese nel precedente disordine, le insidie di nazioni estere nemiche. D'altronde, nel rispetto di un unico complesso di valori tradizionali, ovvero eterni, è dato ai cittadini di esprimere le proprie istanze, le proprie idee e critiche costruttive e svolgere una libera attività. Essenziale è che il regime non sia contrario alla Chiesa, alla sua etica, alla  famiglia, al bene comune possibile. È incerto se sia ingiusta la guerra dichiarata dal capo del governo, con il consenso del sovrano e del popolo, contro nemici che hanno attuato ostilità, minacce e gravi offese verso la Patria. Si pensi alle dittature di Spagna e Portogallo - con le quali l'America intrattenne buoni rapporti. Si pensi, invece con molte riserve, ai governi di militari voluti dagli USA.
  Circa il Ventennio, l'Enciclopedia Cattolica non lo condanna, pur accusandone alcuni difetti, per lo più rimediati. Analogo atteggiamento tenne la Chiesa verso di esso, dopo una seconda riconciliazione. Le leggi razziali furono imperdonabili. Ma a quale prezzo si sarebbe potuto emendare quella colpa revocandole? Nella pratica, si cercò di attenuarne gli effetti.
  Una nota merita il comportamento del re. Se era prevedibile la bellica sconfitta, non agì egli forse per la disfatta e per la caduta del fascismo, allontanatosi dalla massoneria e la cui idea aveva conquistato svariate nazioni, minacciando la stessa egemonia anglosassone? Non fu un tradimento che precedette quello commesso di nascosto a danno dell'alleato germanico? I tradimenti avvenuti durante il conflitto in seno all'esercito, ai comandi vicini alla monarchia, concorrerebbero ad accreditare l'ipotesi.
  Il regime alternativo, la democrazia. - I delicati, coloro che, sorgesse un caudillo, deposto l'orgoglio egocentrico,  lo applaudirebbero immedesimandosi in lui, finalmente liberati dall'angustia di dover eleggere gente inetta, di dover sottostare alle peggiori miserie umane, i delicati - dicevo - mettono le mani avanti alla Pangloss: "Questo è il migliore dei sistemi possibile, pur con le sue magagne". E come può essere? Come può essere che i saggi concordino ancora con la fede democratica, dopo la prova che ha dato di sé questa demagogia? Dipende da essa lo sfacelo della civiltà: che non fu democratica e della cui rendita si visse, essendo dura da distruggere.
  Basato sulla corruzione dell'elettore, sulla losca e deleteria concorrenza dei partiti, delle fazioni e degli interessi particolari, dei pubblici poteri, dominato da poteri forti e occulti, questo disordine organizzato è l'habitat di un'oligarchia corrotta e corruttrice, senza rimedio. La sua ingiustizia è radicale, assegnando gli stessi diritti politici a buoni e cattivi, a competenti e sprovveduti, affidando legislazione e governo a uomini d'ogni provenienza. Solo la pazza filosofia liberale, quella d'un Benedetto Croce, può stabilire che da simile giungla sortisca il bene. Infatti ha generato via via, in Italia, la droga, il divorzio, l'aborto, la pornografia, la denatalità, le perversioni rese all'onor del mondo, i matrimoni omosessuali, e chi più ne ha più ne metta.
  Gli studiosi ci spieghino, se ci riescono, come stia al di fuori del liberalismo la genesi del declino occidentale, avvenuto sotto l'influenza da Oltre Oceano, donde da tempo proviene ogni influsso e moda. Essi ne uscirebbero imputando il disastro al piano attuato da un gruppo o da una società di padroni del pianeta? Costoro dove sono nati e cresciuti? Sta di fatto che in quella patria umanitaria della terrena felicità promessa a ciascuno uguale, in quella terra ricca e intraprendente, arata con le libertà, seminata d'illusioni e che ha assorbito tante vittime dell'ingiustizia, la decadenza ha potuto avvenire. Gli studiosi ci spiegheranno perché popoli relativamente indipendenti, come Francia, Gran Bretagna o Svezia, hanno seguito la stessa parabola discendente.
  Siccome io non sono che un ragionatore, chiamo a testimone un'autorità tra noi indiscussa e che deriva le sue sentenze dalla predicazione dei suoi predecessori e dal dato rivelato: Pio XII. Con il Radiomessaggio di Natale 1944, egli si ripromise di fissare i termini della sana e proficua democrazia, egli definì quella viceversa cattiva e, in generale, le condizioni necessarie allo Stato per essere degno e procacciatore del bene.
  Premessa, "secondo gli insegnamenti della Chiesa": "Non è vietato di preferire governi temperati di forma popolare, salva però la dottrina cattolica circa l'origine e l'uso del potere pubblico".
  Basta questa avvertenza per mettere fuori gioco, ossia nell'iniqua ed empia autonomia, le democrazie che stabiliscono l'indipendente sovranità popolare, l'indipendente legislazione e azione di governo, cioè tutti i regimi vigenti.
  Seconda premessa: "La Chiesa non riprova nessuna delle varie forme di governo, purché adatte per sé a procurare il bene dei cittadini" (Leone XIII, Enc. Libertas).
  Entrando nel merito, il Pontefice precisa "i caratteri propri dei cittadini in regime democratico". L'uomo non dev'essere un "oggetto e un elemento passivo della vita sociale", ma "il soggetto, il fondamento e il fine". "Dalla solidità, dall'armonia, dai buoni frutti di questo contatto tra i cittadini e il governo dello Stato, si può riconoscere se una democrazia è veramente sana ed equilibrata, e quale sia la sua forza di vita e di sviluppo". Si metta "il cittadino in condizione di avere la propria opinione personale, e di esprimerla e farla valere in una maniera confacente al bene comune".
  Questo si avrà se il popolo contenuto nello Stato resti popolo e non "massa", se lo Stato sia realmente "l'unità organica e organizzatrice di un vero popolo". "Il popolo vive della pienezza della vita degli uomini che lo compongono, ciascuno dei quali - al proprio posto e nel proprio modo - è una persona consapevole delle proprie responsabilità e delle proprie convinzioni". Allora "la vita" "di un vero popolo" "si effonde, abbondante, ricca, nello Stato e in tutti i suoi organi, infondendo in essi, con vigore incessantemente rinnovato, la consapevolezza della propria responsabilità, il vero senso del bene comune".
  Questa vita ideale è mai possibile? Di certo è impossibile in un mondo affetto da peccato originale e da laicismo. Per giunta, alla democrazia che rispetta il popolo organico, s'impone di distinguere il valore specifico degli elettori: da non considerarsi uguali nell'adempimento del loro dovere politico.  
  "Della forza elementare della massa, abilmente maneggiata ed usata, può pure servirsi lo Stato: nelle mani ambiziose d'un solo o di più, che le tendenze egoistiche abbiano artificialmente raggruppati, lo Stato stesso può, con l'appoggio della massa, ridotta a non essere più che una semplice macchina, imporre il suo arbitrio alla parte migliore del vero popolo: l'interesse comune ne resta gravemente e per lungo tempo colpito e la ferita è bene spesso difficilmente guaribile".
  Qui si descrive il fatale ed effettivo essere della democrazia, laica e pluralista come l'attuale Vaticano pretende che debba essere.
  "In contrasto con questo quadro dell'ideale democratico di libertà e d'uguaglianza in un popolo governato da mani oneste e provvide, quale spettacolo offre uno Stato democratico lasciato all'arbitrio della massa! La libertà, in quanto dovere morale della persona, si trasforma in una pretensione tirannica  di dare libero sfogo agl'impulsi e agli appetiti umani a danno degli altri. L'uguaglianza degenera in un livellamento meccanico, in una uniformità monocroma: sentimento del vero onore, attività personale, rispetto della tradizione, dignità, in una parola, tutto quanto dà alla vita il suo valore, a poco a poco, sprofonda e dispare. E sopravvivono soltanto, da una parte, le vittime illuse del fascino appariscente della democrazia, confuso ingenuamente con lo spirito stesso della democrazia, con la libertà e l'uguaglianza; e, dall'altra parte, i profittatori più o meno numerosi che hanno saputo, mediante la forza del denaro o quella dell'organizzazione, assicurarsi sugli altri una condizione privilegiata e lo stesso potere".
  Quanto ai "caratteri degli uomini che nella democrazia tengono il pubblico potere", se i reggitori devono essere riconosciuti e ubbiditi assolutamente, "alla luce della sana ragione, e segnatamente della fede cristiana", quell'ordine "non può avere altra origine che in un Dio personale, nostro Creatore"e "la dignità dello Stato è la dignità della comunità morale voluta da Dio, la dignità dell'autorità politica, la dignità della sua partecipazione all'autorità di Dio".
   "Soltanto la chiara intelligenza dei fini assegnati da Dio ad ogni società umana, congiunta col sentimento profondo dei sublimi doveri dell'opera sociale, può mettere quelli, a cui è affidato il potere, in condizione di adempiere i propri obblighi di ordine legislativo, sia giudiziario od esecutivo, con quella coscienza della propria responsabilità, con quella oggettività, con quella imparzialità, con quella lealtà, con quella generosità, con quella incorruttibilità, senza le quali un governo democratico difficilmente riuscirebbe ad ottenere il rispetto, la fiducia e l'adesione della parte migliore del popolo".
  "La questione della elevatezza morale, della idoneità pratica, della capacità intellettuale dei deputati al parlamento, è per ogni popolo in regime democratico una questione di vita o di morte, di prosperità o di decadenza, di risanamento o di perpetuo malessere".
   "Una sana democrazia, fondata sugl'immutabili principi della legge naturale e delle verità rivelate, sarà risolutamente contraria a quella corruzione, che attribuisce alla legislazione dello Stato un potere senza freni né limiti, e che fa anche del regime democratico, nonostante le contrarie ma vane apparenze, un puro e semplice sistema di assolutismo.
  "L'assolutismo di Stato (da non confondersi, in quanto tale, con la monarchico assoluta, di cui non si tratta) consiste infatti nell'erroneo principio che l'autorità dello Stato è illimitata e che di fronte ad essa - anche quando dà libero corso a mire dispotiche, oltrepassando i confini del bene e del male - non è ammesso alcun appello ad una legge superiore e moralmente obbligante".
  "Questa maestà del diritto positivo umano allora soltanto è inappellabile, se si conforma - o almeno non si oppone - all'ordine assoluto, stabilito dal Creatore e messo in una nuova luce dalla rivelazione del Vangelo. Essa non può sussistere se non in quanto rispetta il fondamento sul quale si appoggia la persona umana, non meno che lo Stato e il pubblico potere".
  Il buon intenditor non avrà bisogno di commento.

Piero Nicola

  

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