Un
antico proverbio popolare rammenta che Dio scrive dritto sulle storte righe degli
uomini di chiesa. Le concessioni postconciliari all'ideologia femminista, righe
storte squisitamente ecclesiali, hanno causato una precipitosa fuga dai
monasteri di clausura, in compenso hanno provocato la provvidenziale reazione
di un'intrepida e qualificata scuola teologica e filosofica al femminile.
Nella
nuova scolastica si cimentano, con esiti felicissimi, numerose donne d'alto
ingegno, di sicura erudizione e di polso fermo. Sono autrici fedeli alla
dottrina di sempre e risolute a proseguire la loro attività senza scendere a
compromessi con l'oscura centrale della confusione babelica, in atto - dopo il
Concilio Vaticano II - nel mondo cattolico [1].
La
creatività delle donne fedeli alla vera dottrina si traduce in un'ingente
produzione di saggi d'alto spessore filosofico e teologico, opere
anticonformiste, finalizzate alla difesa dei princìpi indeclinabili del
Cattolicesimo.
Francesca
Pannuti, forte di un'ingente conoscenza e assimilazione della filosofia e della
teologia di San Tommaso, è, ad esempio, l'autrice di un magnifico saggio La
difesa delle immagini, edito da Fede & Cultura in Verona.
Una
donna intrepida osa sfidare l'incensata e spocchiosa banda dei
clericali, che sono protagonisti della congiura neomodernista e
neo-iconoclastica contro la verità e contro la bellezza.
Tale congiura incita a
disprezzare la fede del popolo e perciò rovescia gli errori della nuova
teologia nei progetti, elaborati da cervellotici artisti e da
architetti/muratori intesi a quella corruzione/profanazione della bellezza e a
quell'alterazione dei simboli della fede che, già nei primi anni del
post-concilio, scandalizzava e spaventava il cardinale Giuseppe Siri.
Pannuti
sostiene una campagna per la difesa dell'arte cristiana dalle insidie della
sciatteria dei teologi e dei loro artisti. Al fine di prendere le
distanze dal puro e vuoto estetismo rammenta che i pittori di icone, anziché seguire
fantasma dell'arte anodina, "attraverso un cammino di preghiera
purificano i loro sguardi interiori così da renderli atti a percepire
l'invisibile".
Di
seguito ricostruisce puntualmente le fonti teologiche che giustificano
l'esercizio dell'arte cristiana, ossia le tesi esposte nel Discorso contro
coloro che rifiutano le immagini di San Giovanni Damasceno, dall'Aquinate
nelle Summae e ultimamente da Benedetto XVI nel discorso pronunciato
durante l'udienza generale del 29 aprile 2009.
Del
Damasceno, Pannuti cita un giudizio indeclinabile: "In altri tempi Dio
non era mai stato rappresentato in immagine, essendo incorporeo e senza volto.
Ma poiché ora Dio è stato visto nella carne ed è vissuto tra gli uomini, io
rappresento ciò che è visibile in Dio. Io non venero la materia, ma il Creatore
della materia, che si è fatto materia per me e si è degnato abitare nella
materia e operare la mia salvezza attraverso la materia. Io perciò non cesserò
di venerare la materia attraverso la quale mi è giunta la salvezza. Ma non la
venero assolutamente come Dio! Come potrebbe essere Dio ciò che ha ricevuto
l'esistenza a partire dal non essere?"
Lo sguardo acuto
dell'autrice legge nella sapiente valutazione della materia una chiara risposta
alla suggestione gnostica, in circolazione disordinata e fumosa fra i teologi,
che militano nella sedicente avanguardia, ossia l'affermazione del "collegamento
stretto che sussiste tra la corretta posizione del problema del culto delle
immagini e l'Incarnazione di Cristo".
Padre
Marcolino Daffara o. p., nel magistrale commento all'affermazione che si legge
nella Summa theologiae - "pulchrum respicit vim
cognoscitivam: pulchra enim dicuntur quae visa placent [2] rammentava,
infatti, che "San Tommaso pone qui elementi di estetica di valore
essenziale. Il bello, come il bene, come il vero, riposano sull'essere della
cosa che fonda tutti i rapporti o relazioni con le nostre facoltà. Il rapporto
dell'ente ai poteri affettivi come oggetto appetibile costituisce l'ente-bene,
che muove come fine. ... Il rapporto dell'ente alle facoltà conoscitive come
proporzionato ad esse e causante assimilazione facile e dilettevole e
appagamento nel coglierne senza sforzo le perfezioni costituisce
l'ente-bello".
Di
Benedetto XVI Pannuti cita opportunamente un giudizio ispirato dalla dottrina
del Damasceno: "Vediamo che, a causa dell'Incarnazione, la materia
appare come divinizzata, è vista come abitazione di Dio. Si tratta di una nuova
visione del mondo e delle realtà materiali. Dio si è fatto carne e la carne e
divenuta realmente abitazione di Dio, la cui glori rifulge nel volto umano di
Cristo. ... Giovanni Damasceno resta quindi un testimone privilegiato del culto
delle icone, che giungerà ad essere uno degli aspetti più distintivi delle
teologia e della spiritualità orientale fino ad oggi. L'insegnamento di San
Giovanni Damasceno si inserisce nella tradizione della Chiesa universale la cui
dottrina sacramentale prevede che elementi materiali, presi dalla natura
possano diventare tramite di grazia in virtù dell'invocazione dell Spirito
Santo, accompagnata dalla confessione della vera fede".
Opportunamente papa
Ratzinger ha rammentato il sostegno che l'imperatore di Bisanzio, Leone III
(717-741) prestò agli iconoclasti : "Classico è il riferimento a Esodo
20,4, dove risuona il divieto di Dio a fabbricarsi idoli o immagini di
alcunché. Tuttavia gli imperatori iconoclasti, appellandosi a tele principio,
tolgono sì la croce dalle monete, ma per sostituirla col loro ritratto!".
Il giro mentale
degli imperatori bizantini fu arrestato in via definitiva dal Concilio di Nicea
(787). Intanto San Gregorio Magno, nel 600, aveva sciolto il qualunque dubbio
stabilendo che "una cosa è adorare la pittura, un'altra imparare
attraverso la storia della pittura che cosa adorare".
Alla
luce della sagace e puntuale ricerca condotta da Pennuti, è lecito affermare
che l'animosità dell'imperatore
iconoclasta Leone III non è diversa dallo stato d'animo dei teologi e dei
prelati modernizzanti, i quali giudicano severamente gli atti della pietà
popolare indirizzati alle immagini e alle reliquie dei santi, mentre approvano
gongolando l'applauso tributato dalla piazza alle loro rumorose e invadenti
persone.
La
testimonianza di Pennuti, in definitiva, è un segno della vitalità della
ragione cattolica, che resiste animosamente alle illusioni emanate dallo
spettro sgangherato della modernità per abbagliare e aggiornare il clero
pavido e sprovveduto.
Piero Vassallo
[1] Oltre a Francesca Pannuti, sono seriamente attive nella
difesa della filosofia tomista e della ortodossia suor Rosa Goglia, Maria
Guarini, Luisella Scrosati, Elisabetta Frezza, Patrizia Fermani, Virginia Coda
Nunziante, Elisabetta Gianfranceschi, Cristina Siccardi, Patrizia Stella,
Carmen Elena Villa, Carla D'Agostino Ungaretti, Francesca Poluzzi, Rosalia
Longo ecc.
[2] Cfr. Summa theol., I,
q. 5, a .
4,
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