Pubblicato in questi giorni da Roberto Dal
Bosco nel sito Effedieffe, il magistrale, documentato e devastante saggio sull'esoterismo di Julius
Evola, svela la fonte del de-lirio che ha agitato e sconquassato la cultura
della destra post-fascista, allontanandola dalla filosofia italiana prima di
affondarla nel sottosuolo della ruberia capitolina.
Stella
filante nelle ingenti lacune dell'acerba e vulnerabile gioventù missina, Evola,
dopo aver chiuso villanamente il dibattito sulla filosofia di Giovanni Gentile,
ha oscurato l'eredità di Giuliano Balbino, archiviato il Vico di Nino Tripodi e
alterato il significato della Scienza Nuova, screditato l'attività dei
mistici - Niccolò Giani e Guido Pallotta - attivi nella scuola milanese fondata
da Arnaldo Mussolini, infine ispirato i denigratori degli studiosi d'area,
specialmente quelli attivi nella fondazione del mecenate ingegner Giovanni
Volpe.
Dal
firmamento della cultura di destra, per fare posto a Evola, furono magicamente
estromessi Guido Manacorda, Barna Occhini, Emilio Bodrero, Carmelo Ottaviano,
Carlo Costamagna, Marino Gentile, Nicola Petruzzellis, Silvio Adorni.
La
fortuna di Evola era dovuta alla fragile formazione e alla debolezza mentale della
gerarchia missina, resto patetico della strage eseguita con sapiente arte
nella primavera del 1945.
In
special modo il Msi era paralizzato dal conflitto interno, che opponeva
l'Almirante raffinato scrittore all'Almirante persecutore degli studiosi militanti
nell'area micheliniana del Msi.
Emblema
dell'avversione almirantiana alla cultura è la scissione del 1976, ottenuta dal
segretario del Msi mediante la scelta di difendere il tenente Saccucci,
indifendibile comiziante con pistola in tasca e folli pistoleri al
seguito.
Una
decisione, quella di Almirante, in netto contrasto con la cultura del doppiopetto
e perciò tale da provocare le motivate dimissioni dal Msi dei notabili, che
avevano propiziato il successo elettorale del 1972.
Di qui
umilianti dicotomie: o il tossico pensiero evoliano o il niente urlante nel bunker
giovanile; o la fuga verso la mitica roccia degli avvoltoi, sede del
supremo porno-vaneggiamento, o il ricovero nelle consolazioni offerte
dall'estremismo dei coatti, o il rifugio nello studio o il tuffo
nell'analfabetismo comiziante.
Nel
desolante rottame/moncherino del partito moderato si costituì una comunella
governata dal pensiero volatile e dalla risoluta attitudine alla gelosa
conservazione di un potere diventato nel frattempo marginale e tombale.
I
sequestrati dal crepuscolo attuarono la sistematica esclusione dal loro
tramonto della qualunque personalità d'alto profilo civile e culturale.
Indisturbati celebrarono la promozione della terza fila, il margine in cui si
aggirava lo spettro della destra spensante.
Silvio
Berlusconi ha sollevato il partito dell'estinzione associando gli emarginati
alla sua fulminante avventura. Gli ex reietti salirono gongolando e
strombazzando sulle macchine blu. Alla fine il loro capo pugnalò Berlusconi,
ottenendo la riduzione del movimento a scuola di gargarismi intorno
all'appartamento di Montecarlo.
Madre
dell'insignificanza a destra, dunque, è stata la gelosia che ha gonfiato il
vuoto mentale degli allievi di Almirante prima di trascinarli nella grottesca
dipendenza dai furori di Donna Assunta danzante nella villa attonita
della professoressa Adriana Poli Bortone.
La
discesa della destra nella depressione gaucciana inizia dalla folle invidia che
ha sottovalutato, marginalizzato e penalizzato - a vantaggio di incolori
attivisti - numerosi esponenti di alto profilo intellettuale e civile, quali
(fra i tanti esclusi) Vanni Teodorani, Giovanni Volpe, Nicola Petruzzellis,
Giano Accame, Fausto Gianfranceschi, Enzo Erra, Roberto De Mattei, Francesco
Grisi, Sergio Bornacin, Antonio Fede, Gianni Allegra, Gianfranco Legitimo,
Marino Solfanelli, Paolo Caucci, Alfredo Cattabiani, Marcello Veneziani, Pietro
Giubilo, Pucci Cipriani, Massimo Anderson, Gabriele Fergola, Carlo Testa, le
persone che avrebbero potuto offrire lo scudo della cultura agli orfanelli di
Giorgio Almirante.
Negli
anni Ottanta e Novanta, le iniziative di Pinuccio Tatarella, intese a
coinvolgere le intelligenze nella vita del Msi, furono ostacolate e
marginalizzate dalla gelosia dei micro oligarchi.
Ultimo
della serie delle personalità d'alto profilo sottovalutate, ostacolate e
penalizzate dalla casta dei decerebrati missini è l'ingegnere Gaetano
Rebecchini, esponente di prima fila del cattolicesimo attivo nella città di
Roma.
La statura civile e intellettuale di
Rebecchini si può misurare leggendo il profilo biografico, Un ingegnere in via
della Conciliazione
redatto e pubblicato in questi giorni dai suoi figli.
Un
volume in cui figura la testimonianza autorevole e insospettabile di Giuliano
Ferrara: "Gaetano Rebecchini è una figura originale sulla scena
politica romana, e non solo. Ingegnere, imprenditore di antica data, consultore
dello stato Città del Vaticano, quando governatore era il marchese Giulio
Sacchetti, civis romanus animato da grande passione, è il patriarca di una
grande famiglia, che affonda le radici nella borghesia dello stato pontificio e
vanta fra i suoi antenati procuratori e sindaci, come il Salvatore che resse il
Campidoglio tra il 1946 e il 1955
Rebecchini,
infatti, è un geniale progettista e un magnifico costruttore. Se non che le
qualità dell'imprenditore sono associate alla imperdonabile passione per
la verità, un vizio cattolico che lo ha indotto, nei tormentati anni
Settanta, a collaborare con la prestigiosa rivista Idea di padre
Raimondo Spiazzi, e in seguito a promuovere e a attivare, all'inizio del terzo
millennio, un autorevole cenacolo, il Centro di Orientamento Politico,
costituito per coinvolgere gli esponenti della cultura resistente/renitente al
soffio mortifero prodotto dal nichilismo di stampo francofortese e
californiano.
Rebecchini
aveva infatti intuito l'indirizzo catastrofico della post-modernità,
prigioniera di una frenesia inarrestabile, di un entusiasmo patologico, incline
a capovolgere l'euforia volante con lo lo scientismo, nella caduta verso gli
abissi della superstizione nichilista di stampo sessantottino.
Alla
discussione intorno alle vie d'uscita dalla crisi del pensiero moderno,
Rebecchini, rinnovando i fasti della Fondazione Volpe, ha invitato alcuni fra i
più qualificati protagonisti della resistenza cattolica al nichilismo.
Fra i
partecipanti ai convegni figurano nomi prestigiosi: card. Joseph Ratzinger,
card. Alfonso Lopez Trujllo Mons. Guido Pozzo, Dr Fausto Gianfranceschi, Dr
Pietro Giubilo, prof. Gianfranco Legitimo, prof. Vittorio Mathieu, dott. Ettore
Gotti Tedeschi, prof. Domenico Fisichella, dott. Antonio Socci, prof. Rino
Camilleri, dott. Giuliano Ferrara, prof. Robert Sirico,. dott. Siro Mazza ecc..
Domenico
Fisichella, a commento della brillante attività svolta dal Centro di
Orientamento Politico, ha scritto:
"Gaetano Rebecchini ha contribuito per un lungo periodo, ad alimentare
una speranza cruciale per l'avvenire politico dell'Italia, vale a dire la
presenza di un partito di Destra insieme moderno e rispettoso di certe
tradizioni, capace di essere soggetto e attivo e primario nella promozione ed
evoluzione del sistema politico".
L'eclissi
della cultura di destra e la discesa dei politici d'area sotto comparsate,
in umiliante oscillazione tra ruberia e pornografia, non diminuiscono e non
sfiorano il valore degli insegnamenti dei partecipanti ai convegni studiati,
promossi e magnificamente organizzati da Rebecchini. Insegnamenti che entrano
nel patrimonio della cultura italiana oscurata non abbattuta dal ridicolo vento
emanato dalla sinistra riciclata da un allegro boy scout.
Piero Vassallo
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