Ovvero: La vittoria di Pirro
In altri tempi
democratici, un Presidente del consiglio che avesse perduto la maggioranza
parlamentare su cui si reggeva il suo governo, volente o nolente, avrebbe
rassegnato le dimissioni al Capo dello stato (o a chi ne facesse le veci). Era la
prassi e la conservazione d’una dignità di facciata.
Renzi ha ottenuto un’approvazione
dell’Italicum (nuova legge elettorale) soltanto con i voti dell’opposizione
(FI), ma è restato al suo posto come niente fosse. Del resto, non potrebbe
nemmeno invocare la scura secondo cui si trattava di un provvedimento
improcrastinabile che richiedeva la larga
intesa, perché il dissenso della minoranza del Partito Democratico mostra
di ripresentarsi in vari problemi legislativi. In questi casi, finora egli se
l’è cavata ponendo la fiducia.
C’è pure stato qualcuno di varia posizione
giornalistica e politica che ha sollevato la questione. Però non più di tanto;
e nessuno che si sia scandalizzato!
I quotidiani e i telegiornali di destra, di
quella destra liberaleggiante e ingannevole per chi aspiri a un ritorno alla
civiltà, hanno invece più o meno cantato la vittoria del duo Renzi-Berlusconi,
che sta avviando al successo la legge elettorale. Si tratta di una legge abortita
rispetto a una solida soluzione per la quale, dopo le votazioni politiche, il
governo godrebbe di una sicura maggioranza. Se nessun partito o coalizione
ottiene il 35%, non ha il premio di maggioranza; lo consegue al secondo turno
chi dei due primi arrivati vince il ballottaggio. I piccoli partiti sono
costretti alla coalizione, date le soglie di sbarramento. E diventa molto
probabile la necessità di formare uno schieramento vincente. Sicché si ricade
nel gioco delle minoranze palle al piede o traditrici, inserite nella forza
parlamentare che regge l’esecutivo. D’altra parte, niente potrà mai garantire
che sorgano ovunque dei venduti.
Nel frattempo, Mario Draghi, presidente della
Banca centrale europea, ha disposto un grosso acquisto mensile di titoli di
stato dei paesi dell’Unione. L’introito andrà alle banche nazionali e il rischio sarà sostenuto soprattutto da esse. A
detta dell’autorevole Alan Friedman (giornalista americano, scrittore esperto
di economia, fregiato di passate cariche governative, di vari riconoscimenti e non
sospetto di essere un radicale) il vantaggio consiste nella disponibilità di
capitali per le suddette banche, la cui erogazione di prestiti agli imprenditori
resta problematica, e nella probabile ulteriore svalutazione dell’euro, che
darà fiato agli esportatori. In definitiva, un aiuto alle economie tutt’altro
che immediato. Lo ha riconosciuto lo stesso Renzi, che ha colto la palla al
balzo per vantarsi di aver dato una spinta alla svolta della politica economica
europea e d’aver ricevuto un incoraggiamento anche dalla Cancelliera Merkel a
proseguire sulla strada delle benefiche riforme, che mantengono una certa
popolare aspettativa. A suo dire, la nuova legge sulle assunzioni sarà un
incentivo per le imprese, anche per quelle tedesche. Ad ogni modo, il
mantenimento dei conti pubblici in regola non si tocca.
Senza
dubbio le misure adottate sono un’iniezione atta a rianimare un poco il nostro
corpo vile, estenuato e critico. Come
si sarebbe potuto fare altrimenti? Se la mucca è così mal ridotta da non dare
più latte, mungerla diventa impossibile. Il sospetto sui mungitori stranieri (creditori
del debito italiano, signori della manovra finanziaria internazionale,
proprietari di industrie sul nostro suolo) e sui loro compari della UE è
convalidato dal fatto che questo aprire il cordone della borsa doveva essere
fatto da un pezzo.
Si dice che si è provveduto secondo il
modello americano. Non è vero. In più, gli USA stampano moneta a gogò, non si
curano di austerità, di rispetto del bilancio statale e, con i dollari freschi
di fabbrica, trovano il modo di finanziare l’economia interna e si comprano i
gangli vitali di mezzo mondo. Se non è proprio così, poco ci manca.
Evidentemente, bisogna pure che l’Europa possa acquistare le loro merci!
Ma per farla da padroni bisogna altresì che
il mondialismo funzioni, che i popoli stiano in uno stato semivegetativo di
pugile suonato. Ciò si procura, ben lo sappiamo, con l’abbrutimento morale, con
i vizi alimentati, con la disoccupazione, con la disgregazione della famiglia e
dei valori spirituali, cui Bergoglio dà una buona mano. Questa è la depressione
che non conosce sosta né ripresa.
Negli Stati Uniti l’aumento del lavoro non
riuscirà a risanare il degrado sociale. La malattia delle anime è endemica e
cronica. Il soldato yankee non è mai stato un campione, ora più che mai la
morte lo spaventa. La sensazione che con la morte finisca tutto è troppo forte.
Con combattenti che hanno paura di morire si fa poca strada. Gli USA non
vincono un conflitto dal 1945; e anche allora non furono soli né i primi sul
terreno, tra le altre potenze. La guerra – che in un modo o nell’altro si
presenta indispensabile - non si risolve con i soldati altrui e con le bombe. Sicché
i mezzi di cui dispongono i padroni del vapore, bastano per controllare lo
scacchiere dei quattro continenti? Una cosa è sicura: l’organismo malato di cui
si servono e del quale essi stessi, in fondo, partecipano, andrebbe in pezzi
contro un soggetto piuttosto sano.
Tornando alla coppia, neppure tanto strana,
formata dal Cavaliere e da Renzino, dov’è la sua vittoria? Producendo qualcosa
di materialmente buono, ma non abbastanza, e l’elezione di un Presidente della
Repubblica preso nella cerchia dei riciclabili, aumenteranno lo scetticismo che
gli italiani già nutrono per la politica. I loro nemici interni, specie i
suscettibili dell’ala tradizionale e radicale del Pd, saranno debellati o
sapranno fare lo sgambetto ai capi, venuto il momento opportuno?
A fra non molto l’ardua sentenza. Per ora lo
spettacolo continua, nell’attesa che entri sul palcoscenico qualche attore di
alta statura… di cui non si vede l’ombra.
Piero Nicola
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