Il teologo E. M. Radaelli ha qui pubblicato
una lunga replica alle osservazioni di Radiospada intorno alla questione
dell’infallibilità pontificia. Egli sostiene, in contradditorio, che tale
prerogativa del Papa e della Chiesa resta circoscritta alle sentenze
manifestamente definitive e dogmaticamente definite ex cathedra, il cui oggetto sono unicamente i dogmi, senza altra
estensione di verità connesse. Per
queste ultime, egli pone l’insegnamento autentico
e fallibile, con possibilità di errore, positivamente al di fuori
dell’infallibilità, e che richiede soltanto un doveroso ossequio del fedele.
Potremmo osservare che autentico e
insieme erroneo suona all’orecchio
comune come un’antilogia, e vedremo come l’udito abbia ragione.
Per inciso, la polemica verte con ogni
evidenza sulla conservazione o sulla perdita dell’infallibilità, e quindi del valido
titolo di Papa e di Chiesa, da parte dei soggetti che attualmente si rivestono
di tali sacre investiture, avendo commesso notevoli errori (riconosciuti dal
Radaelli), o avendoli confermati, riguardo al Deposito della fede, sia dovuti al
Concilio Vaticano II, sia commessi in seguito. Sicché la faccenda risulta di
capitale importanza.
Poiché la Chiesa non può insegnare e praticare
errori di eresia – come in realtà è avvenuto - senza cessare di essere Chiesa, il
cui ufficio precipuo è quello di trasmettere la verità, che è necessaria
all’ottenimento della salvezza, la faccenda sarebbe risolta a priori.
Non occorre essere dottori per comprendere
che, ad esempio, l’aver cassato (non omesso) dal Catechismo l’opera di
misericordia spirituale della fraterna ammonizione degli erranti è un’azione
eretica. Infatti l’ammonizione fraterna è un comandamento evangelico e come tale
un articolo di fede. Tanto peggio, se la prassi della sedicente chiesa
generalmente non prevede l’istruzione dei fedeli mediante il dettato del
Catechismo, pure riformato e costellato di false verità (per esempio circa gli
acattolici, mai nominati come tali).
Secondo esempio di eresia, almeno materiale:
il diritto alla liberta religiosa, proclamato e prescritto, contraddice il
dogma (esplicito nella Rivelazione e in documenti pontifici dati ex cathedra a condanna di tale libertà) del
dovere del Vicario di Cristo e dei pastori di preservare dall’errore (diffuso
dagli erranti) il gregge loro affidato e non solo esso. E con le risoluzioni
del Concilio e del Vaticano si forma l’eresia dell’abolizione dell’eresia
medesima, quanto meno è eretica l’asseverata validità delle false religioni per
conseguire la salvezza. Potrei continuare con costatazioni alla portata di
qualunque cattolico che si sia istruito nella dottrina come è stato prescritto
dalla Chiesa.
Ma per debita correttezza, entro nel merito.
L’Enciclopedia Cattolica (bensì citata dal
Radaelli, tuttavia parzialmente - né prenderò in considerazione i teologi e i
vescovi sui quali egli si appoggia, in quanto potrei allegarne di contrari
altrettanto titolati) alla voce Infallibilità
dice:
“L’infallibilità della Chiesa [“non è mai
stata formalmente definita come dogma, ma deve indubbiamente ammettersi quale
verità rivelata”] implica […] un’assistenza
divina che dirige tutto l’insegnamento ecclesiastico […] impedendo la
formulazione definitiva di falsi giudizi e indirizzando le menti del corpo
docente alla retta comprensione e rielaborazione del dato rivelato. Attraverso
questa assistenza è garantita pure l’infallibilità del credente, che aderisce
alla dottrina proposta alla sua fede da un magistero infallibile”.
“Ma il
Collegio episcopale, erede dei poteri del Collegio apostolico, infallibile sia
nelle solenni definizioni dei concili, sia nel magistero ordinario e universale, esplica la sua missione di
insegnamento soltanto in subordinazione al suo capo, secondo la divina
istituzione del primato, che racchiude, perciò, nella sua stessa natura,
l’infallibilità, attributo inseparabile dal magistero universale”.
“… dove si trova insegnamento ecumenico in
tutta la sua intensità, ivi è pure esercizio di infallibilità”.
“Gesù ha appena risposto alle contese dei
Dodici sul primato, inculcando loro il nuovo spirito dell’autorità (Lc. 22,
24-27), quando affida a Pietro, ripetendo anteriori designazioni, l’ufficio di
confermare nella fede tutti i fratelli”.
E come Pietro confermerebbe tutti i fratelli
nella fede disponendo che essi dialoghino con eretici, scismatici, ebrei non
convertiti, apostati, infedeli, pagani, atei stando con loro da pari a pari, riconoscendo
loro una dignità pari alla propria, quindi andando a loro come non possedendo
la sola verità, la verità di Cristo? Questa disposizione contraddice
positivamente la missione evangelica e ferisce il dogma del mandato cristiano.
“S. Ireneo in un testo celebre (Adv. haer., 3,
3, 2) afferma apertamente il supremo magistero della Chiesa romana, impersonata
nei suoi vescovi, radice dell’unità dottrinale della Chiesa universale,
assommando in sé le qualifiche di teste, di custode e d’organo della Tradizione
apostolica, di criterio pienissimo di verità contro tutte le eresie”.
Ma sono innumerevoli le disposizioni
ecclesiastiche contro il falso ecumenismo, in base alla Scrittura.
“La definizione ex cathedra, unico caso in cui si abbia, strettamente parlando, esercizio dell’infallibilità pontificia, non
si verifica se non quando il papa si pronuncia con sentenza manifestamente
definitiva e destinata a tutta la Chiesa, mettendo in opera tutto il suo potere
dottrinale ecumenico”.
“Il Concilio Vaticano non definì però l’oggetto dell’infallibilità pontificia,
limitandosi a dichiararlo identico a quello dell’infallibilità della Chiesa”.
“Deve ritenersi di fede che la Chiesa è
infallibile nell’insegnamento di quanto è esplicitamente o implicitamente
rivelato […] La custodia, spiegazione e proposizione della dottrina stessa del
Divin Maestro fu infatti affidata al magistero apostolico. L’ampiezza di questo
oggetto è indicata chiaramente nei termini stessi che garantiscono
l’infallibilità: nel suo ambito stanno ‘ogni verità’ rivelata agli Apostoli
dallo Spirito Santo […], ‘tutta la predicazione’ di Gesù […], ‘le parole di
Gesù venute dal Padre’ […], ‘il Vangelo del Regno’ […]. Logicamente vi è
compresa l’infallibilità nella condanna dell’eresia, che si oppone
contraddittoriamente alla Verità rivelata. Per questa prerogativa può ancora la
Chiesa infallibilmente […] definire il senso di un testo biblico dogmatico, scegliere formole dogmatiche adatte,
ecc.”
Ora, quanto alla forma, gli errori sopra
ricordati, commessi da coloro che nell’ultimo mezzo secolo figurano essere il
pontefice e l’episcopato unito a lui, è indubbio che furono definiti, destinati
al clero e ai laici tutti, assumendo tutto il potere dottrinale ecumenico. A
suggello di ciò, si noti il carattere di obbligatorietà impresso a tale
magistero sia rispetto la fede, sia nei pratici adempimenti, sia nell’esempio
del governo ecclesiastico.
Inoltre, la materia era e resta dogmatica,
riguardando la fede e i costumi.
Il professor Radaelli nega implicitamente che
si tratti di dogmi, e vuol dimostrare che gli errori riscontrabili nel Vaticano
II esulano dal campo dogmatico dell’infallibilità, perché, a suo avviso, il Concilio
fu soltanto pastorale, Paolo VI e i suoi successori non diedero definizioni
dogmatiche.
Viceversa l’Enciclopedia Cattolica prosegue
con l’oggetto secondario.
“Nell’oggetto secondario vengono raggruppate quelle che con termine generico si
chiamano ‘verità connesse’. Le quali formalmente
non si trovano nella Rivelazione, ma sono con questa così strettamente
legate, che vi si possono dire virtualmente
contenute. L’errore intorno a queste
applicazioni del principio rivelato scuoterebbe le stesse basi su cui poggiano
e metterebbe in pericolo la fede. Le verità connesse devono quindi
ritenersi presenti nella mente del Divin Maestro nell’atto di comunicare la sua
Rivelazione […] Le classi più considerate di queste verità connesse sono quelle
delle conclusioni teologiche, dei fatti dogmatici, della canonizzazione, della
legislazione ecclesiastica”.
“Il principio dell’infallibilità intorno
all’oggetto secondario ha per sé il consenso unanime della teologia cattolica”.
Perché, ci si chiede, il professor Radaelli
si è dato la pena di escludere, con molte argomentazioni, dall’infallibilità la
proposizione delle verità connesse,
ossia degli errori commessi nel loro ambito, dal momento che sostiene non vi
siano stati gli estremi per risoluzioni conciliari dogmatiche e per definizioni
ex cathedra?
Possiamo presumere la spiegazione nel fatto
che il nostro teologo ammetta ci sia stato, e permanga, almeno un magistero ordinario
e universale erroneo, con relativa definizione dottrinale in materia di fede e
di costumi, per cui egli abbia inteso parare l’accusa di perdita
dell’infallibilità a causa degli errori sostenuti, stabilendo che concernevano verità connesse.
Sennonché l’Enciclopedia Cattolica gli dà
torto su questo punto.
Per giunta, il Concilio Vaticano I, sess.
III, dice: “Con fede divina e cattolica deve credersi tutto ciò […] che è
proposto dalla Chiesa come divinamente rivelato […] col suo magistero ordinario
e universale”.
Lo stesso nuovo catechismo sostiene che si ha
infallibilità “anche quando il Papa e i Vescovi, nel loro ordinario Magistero,
concordano nel proporre una dottrina come definitiva”.
Perciò il professor Radaelli afferma invano
che non ci sono le condizioni dell’infallibilità nei termini di tale Magistero.
Piero Nicola
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