Tempo fa, in occasione della
presentazione del manifesto "Sì alla famiglia", avanzammo alcune
perplessità sul significato e sugli obiettivi della iniziativa.
Ci chiedevamo anzitutto quale
estensione si intendesse dare al termine famiglia, e se con quel testo non si
aprisse surrettiziamente la strada a qualche preoccupante novità, attraverso
una difesa apparente dei principi fondamentali che reggono la morale famigliare
e con essa la società medesima.
I dubbi si sono rivelati più che
legittimi, grazie all'esauriente relazione con cui il professor Introvigne ha
introdotto l'atteso convegno di Milano del 17 gennaio scorso dal titolo
"Difendere la famiglia per difendere la comunità", organizzato dalla
Regione Lombardia e da questa affidato alle cure di CL e Alleanza Cattolica. Vi
è accorso un nutrito pubblico, munito dei conforti religiosi de "La
Croce".
Il professore innanzitutto constata
che la bagarre allestita per tempo da Repubblica (col concorso esterno di
Ferrara) è servita a vivacizzare un evento che rischiava altrimenti di affogare
nella consueta noia.
Egli passa quindi alla esposizione
della propria teoria sulla famiglia, articolandola in quattro tesi. Primo. La
famiglia non è solo "il motore del mondo e della storia" - come
afferma qualcuno - ma è anche, "più modestamente", "l'ancora di
salvezza", intesa in senso economico, dell'Italia. Questo, in base al noto
principio logico secondo cui nel meno sta il più. In altre parole - vuole dirci
Introvigne - non è il caso di enfatizzare troppo il valore della famiglia, che
va ridimensionato in quello di un sano ammortizzatore sociale.
E corona la sua prima tesi con uno
stacco lirico finale, in cui associa la bellezza del risparmio famigliare al
blu di cieli, mari e manti.
Secondo. Prendendo le mosse
dall'autorevole osservazione per cui "la famiglia è bastonata da tutte le
parti", da sociologo esperto qual è rileva il forte calo demografico,
dovuto soprattutto alla diminuzione dei matrimoni. Il che comporterebbe, ancora
una volta - ci informa - gravissime ripercussioni economiche: "meno
produttori, meno consumatori, meno contributori".
Terzo. Anche i danni che la famiglia
subisce sono prevalentemente di ordine economico: il fisco è il suo principale
nemico. Naturalmente - aggiunge il professore - non sono i movimenti
omosessualisti in cerca di parificazioni giuridiche a metterla in pericolo. Ci
mancherebbe altro.
Quarto. Finalmente in piena sintonia
con il suo autorevole ispiratore, egli afferma che il riconoscimento delle
diverse forme di convivenza presenta un inconveniente fondamentale: quello di
sottrarre risorse alla famiglia. Inoltre, ci dice che va ribadito il diritto
dei bambini a crescere con un papà è una mamma. E a chi obiettasse la matrice
cattolica di questi enunciati, risponde che essi sono solo espressione di buon
senso. E qui apprendiamo che "il buon senso non è nè laico, nè cattolico,
nè buddista".
A questo punto Introvigne affronta di
petto la vexata quaestio delle pretese degli omosessuali.
Si prendono le mosse dal topos
bergogliano diventato in breve tempo la Grundnorm del pensiero occidentale:
"Chi sono io per giudicare?".
Conviene qui soffermarci brevemente
sulle circostanze in cui la famosa frase è stata pronunciata. Rispondeva a una
precisa domanda della giornalista corrispondente vaticana di Rede Globo, Ilze
Scamparini, durante il volo di ritorno dal Brasile: "Vorrei chiedere il
permesso di fare una domanda un po’ delicata: anche un’altra immagine ha girato un po’ il mondo, che è stata quella di mons.
Ricca e delle notizie sulla sua intimità. Vorrei sapere,
Santità, cosa
intende fare su questa questione? Come affrontare questa questione e come Sua
Santità intende
affrontare tutta la questione della lobby gay?". La risposta
bergogliana, invero assai articolata, mira a neutralizzare il problema escludendo
ogni possibilità di giudizio, nell'evidente intento di sottrarre il fenomeno
della omosessualità dalla sfera del peccato. Cosa che, infatti, ha consentito a
monsignor Ricca di mantenere il posto nella amministrazione vaticana. Vorremmo
sperare, date queste premesse, che il "motto" abbia per lui un
significato almeno parzialmente diverso da quello che ha per il Vescovo di
Roma.
Comunque, dopo quella affermazione di
principio, Introvigne precisa che per i cattolici "le persone non vanno
mai giudicate in quanto persone". Introduce così un criterio indubbiamente
originale, che lascia tuttavia inevaso il problema del secondo termine di
paragone: una persona, se non va giudicata come persona - ci chiediamo - come
va giudicata?
Ora, accantonato definitivamente il
problema morale, viene affrontato quello "scientifico" della
normalità clinica degli omosessuali, che risulterebbe acclarata (lo sostiene
persino Bruto Bruti). Senonchè ci si dimentica che la questione sul tappeto, in
relazione alla famiglia, è invero tutt'altra, sicchè sia il profilo clinico sia
quello morale sono al proposito del tutto irrilevanti.
Infatti, se si parla della difesa
della famiglia, l'omosessualità rileva in quanto è il presupposto di pretese
che stravolgono la sostanza stessa della istituzione. È cioè un problema di
etica collettiva, che passa attraverso gli strumenti giuridici. Ed è sul piano
giuridico che si gioca questa partita,
quello del rapporto tra la legge è il diritto naturale. Come Introvigne
dovrebbe ben sapere.
D'altra parte, egli è anche l'unico
che sembra ignorare - perché ormai lo hanno capito quasi tutti - come la
questione della regolamentazione delle coppie di fatto interessi soltanto gli
omosessuali, che l'hanno scelta come la via più rapida per arrivare ad ottenere
l'affidamento di bambini (con l'avallo dell'onorevole Formigoni). Il principio
di uguaglianza è il mezzo con cui, una volta promossa la convivenza a status
giuridico, si arriva alla estensione indiscriminata del diritto di adozione.
Stupefacente il gioco di prestigio
già sperimentato nel testo del "Sì alla famiglia", per cui da un lato
si afferma la necessità di consolidare il corredo di "diritti"
concessi ai conviventi come tali, dall'altro e contestualmente si esclude la
possibilità di creare la figura giuridica delle "unioni civili": come
se lo status giuridico dipendesse dal dato onomastico.
A questo proposito Introvigne
rivendica al cartello "Sì alla famiglia" il merito di aver presentato
un disegno di legge in trentatré articoli, "un testo unico che mette
insieme tutti i diritti di cui i conviventi già godono in Italia, coordinandoli
con piccoli aggiustamenti ma senza introdurre nulla di nuovo rispetto alle
leggi e alla giurisprudenza della Corte Costituzionale e della
Cassazione". Se qualcuno non avesse capito bene, il "Sì alla
famiglia" fa tesoro delle nuove conquiste giurisprudenziali in tema di
famiglie di tutti i colori (vedi ad esempio la sentenza della Cassazione
4184/2012 sulla estensione di tutti i diritti delle coppie coniugate alle
coppie omosessuali), in omaggio al potere legislativo della magistratura
militante. Con quella che si pretenderebbe di far passare come una mera
raccolta di provvedimenti di varia natura dettata da motivi di ordine pratico,
e che viene chiamata in modo suggestivo "testo unico", in realtà si
propone un sistema chiuso di norme, dominato dai criteri interpretativi della
giurisprudenza di regime e quindi del tutto modellato sulla nuova etica
omosessista. Quello che si dice: un furto con destrezza della buona fede di tanti
crociferi e dintorni cattolici.
Forse a questo punto varrebbe la pena
di avvertire i protestanti omofili che il professor Introvigne, lungi dal
costituire un antagonista, ha servito loro su di un piatto d'argento
l'accoglimento "cattolico" di ogni loro desiderio.
In tutta questa fantasmagoria di
pensieri, parole, opere e omissioni, purtroppo, ci si dimentica tragicamente,
ancora una volta, che in ballo non ci sono opinioni personali, tendenze,
simpatie o visioni del mondo; la materia è indisponibile perché tocca interessi
che vanno al di là di opinioni, tendenze, simpatie e visioni del mondo. Anche
senza scomodare il bene comune. Infatti essa riguarda il sovvertimento della
vita o delle vite altrui, che si vorrebbe piegare all'arbitrio, all'arroganza e
alla prepotenza di gruppi ben strutturati, organizzati e protetti. Questi
gruppi avanzano pretese che, indipendentemente dalla scienza medica, dovrebbero
apparire a tutti come demenziali.
In chiusura, Introvigne invita ancora
una volta ad ascoltare il Vescovo di Roma. Noi stasera lo abbiamo ascoltato. Ha
detto: «Paternità responsabile significa che si
devono fare figli, ma responsabilmente. Alcuni credono che i cristiani debbono
fare come i conigli».
Quindi: Introvigne, chi vuole
compiacere? Le gerarchie ecclesiastiche e/o i cascami del progressismo di ogni
risma che ha conquistato la cittadella vaticana e ha la sua sala operativa a
Santa Marta?
Lo scopo è quello di essere dalla
parte giusta al momento giusto.
Forse anche perché, in ogni caso, con
il prossimo conclave, "morto un papa se ne fa un altro" più o meno
uguale.
Elisabetta Frezza e Patrizia Fermani
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