Il professore genovese Pier Paolo
Ottonello concilia l'acume e la severità dell'autentico filosofo con una
sorridente allergia al suono delle nacchere, in azione nelle scuole del pensiero
debole e solidale, dove si istruiscono gli autori "delle buone
opere che omettono l'essenziale che le fa buone, cioè l'amore di Dio".
Risparmiato
dalla pioggia tossica discendente dalla nube neomodernista, Ottonello persevera
nello studio e nella impavida difesa della filosofia di San Tommaso d'Aquino e
del Beato Antonio Rosmini e nella custodia della preziosa eredità filosofica di
Michele Federico Sciacca e di Maria Adelaide Raschini.
Quantunque
inseguito dal silenziatore mediatico, ingranaggio attivato dal potere eleusino
per zittire i cattolici renitenti alla leva del conformismo, Ottonello è autore
di novecento testi, scritti con personalissimo, avvincente stile, pubblicati in
Italia e all'estero da importanti
editori e prestigiose riviste e diffusi quale nutrimento del pensiero attivo
nelle catacombe, dove si prepara la riscossa della cristianità.
Ora la
profonda identità cristiana dell'uomo Ottonello si rivela ai lettori delle
cinque splendide, imperdibili conferenze cateriniane, pubblicate in questi
giorni da Cantagalli editore in Siena e proposte quale spirituale nutrimento ai
fedeli sconfortati e amareggiati dalla chiacchiera urlata dall'incensato
pulpito del neomodernismo.
Nella
prima delle conferenze pubblicate, L'offerta del proprio sangue in Caterina
e in Rosmini, Ottonello dimostra che i due santi, dissimili allo sguardo
storicista, ristretto all'ingannevole appartenenza a due epoche lontane e
diverse, si rivelano simili a chi
considera invece l'uguaglianza della loro mistica vocazione al sacrificio:
"notevolissime e sorprendenti le affinità fra le spiritualità di
Caterina da Siena e di Rosmini, anche al di là di essere santi cattolici"
Ai poveri in Cristo
Caterina e Rosmini, prima delle consolazioni della qualunque cucina, offrirono,
quasi intesi a rammentare la spirituale preminenza del martire sul cuoco, il
prezioso nutrimento di una carità, capace di allontanare il fetore della
superbia e di percorre il cammino intrepido dell'oblio e del sacrificio di
sé, "fino a dare la vita per amore della vita, e a dare il sangue per
amore del sangue di Cristo".
Si è
tentati di leggere in tali espressioni estreme una volontà intesa a
stabilire e rammentare, al clero attivo nella teologia gastronomica, il
primato delle opere di misericordia spirituale sulle opere di misericordia
corporale. Primato che ha fatto dell'esistenza di Santa Caterina, scrive
Ottonello, "un miracolo di sacrificio caritativo in quanto imperniata
nella conoscenza dell'essere ogni cosa buona e perfetta in quanto creata e
dunque tale per cui può servire alle creature dotate di ragione, ma certo
non perché si facciano serve e schiave delle mollezze del mondo".
La santità di Caterina
oltrepassa l'orizzonte dell'umanesimo teologizzante/grondante e si pone agli
antipodi dell'amor proprio, la nuvola che offusca l'occhio dell'intelletto:
"non ama sé per sé, né il prossimo per sé, ma ogni cosa ama in
Dio.
A
proposito della somiglianza della spiritualità di Caterina e di Rosmini, scrive
Ottonello: "entrambi si fanno pietre murate nel Sangue, corpo vivo
della Chiesa di Cristo, la cantina del sangue, che sempre chiamano santa
Chiesa, distinguendola dall'aberrare di tanti suoi componenti e amandola
eroicamente nel suo Capo e Sposo: l'una non cessando di esortare possentemente
diversi Papi alla riforma, l'altro essendo fatto oggetto della stima di tutti
quelli regnanti durante la sua vita ... e per conseguenza di proporzionate
invidie".
Caterina la cui vita
si estende dal 1347 al 1380, attraversa gli anni oscuri ed infelici, che annunciano
la rivolta che devasterà l'ecumene cristiano: nasce quando è in atto la guerra
centenaria fra l'Inghilterra e la Francia, è testimone della corruzione che
infirma il papato avignonese, infine è contemporanea di Wiclif, l'antesignano
della sciagurata risposta luterana al disordine del clero cattolico: "attraversa
il cuore stesso dei cataclismi forse più gravi che squassano l'Europa, che si
estendono lungo i ben cinque secoli di .passaggio dal Medio Evo alla modernità,
la quale può considerarsi iniziata con Machiavelli e con Lutero".
Il
titolo di Patrona d'Italia (conferitole nel 1939 da Pio XII) e di Dottore della Chiesa (conferitole da Paolo VI
nel 1970) sono riconoscimenti dei meriti acquisiti sollecitando, con santo zelo
"la reformatione, che è la vera chiave che può aprire e sciogliere le
tanto sciagurate e devastanti guerre, che così gravemente accrescono le ferite
nel corpo della Santa Chiesa, aprendovi sempre più sanguinose
piaghe".
Quasi anticipando la
dottrina del suo conterraneo San Roberto Bellarmino da Montepulciano (1542-1621) sulla liceità di resistere al
papa che diffonde l'errore e promuove il malcostume, conservando l'obbedienza
alla sua autorità, la Santa afferma un dovere nutrito dal paradosso
cristiano: "L'unica vera riforma è la totale fedeltà interiore a Cristo
e dunque la fedeltà intera al suo Vicario: se lo stesso Cristo in terra [il
papa] fosse demone incarnato e non buono e benigno Padre e' ci conviene
essere sudditi ed ubbidienti a lui per obbedienza a Dio".
Nessun
freno agisce invece sullo sdegno della Santa, che rivolge parole di fuoco ai
potenti: "Non si vergognano delle loro iniquità ... vanno come ciechi e
frenetici ... ciascuno con falsità e bugie attende al bene proprio particolare
e non al bene universale ... fattisi pazzi e animali si sono offuscati con la
nuvola dell'amor proprio e il timore servile e il veleno dell'odio ... hanno
vittoria di città e di castella ma non avendola di loro medesimi non hanno
niente".
Santa Caterina non è
un'icona da recludere in una stretta nicchia d'antiquariato, ma la testimone
della dottrina, che in modo speciale obbliga coloro che esercitano il potere
civile. La sapienza di Caterina può e deve riformare e vivificare la desolante
scena della politica nazionale e diffondere in Europa quella antica virtù, che
è attiva nella silenziata e derisa profondità del nostro invincibile sentire.
Scrive
al proposito il cateriniano Ottonello: "L'ordine di ciascuna persona e
di tutte le società si può dunque approssimare solo attraverso un combattimento
senza soste e senza compromessi, anzitutto contro ciò che costituisce il
maggiore ostacolo all'attuarsi in pienezza dell'intelletto e della libera
volontà nel loro mirare all'amore del prossimo nell'amore di Dio. Caterina non
si stanca di stanare tale ostacolo, per il quale il maggior nemico che abbia
l'uomo è sé medesimo, identificabile nell'amor proprio, che è amare sé per
sé e non per Dio e dunque è principio e fondamento di ogni male perché toglie
la carità ... avvelenando il mondo altrettanto quello civile quanto quello
ecclesiastico".
Dalla
desolazione della superbia politicante, che affonda il paese nelle melma
europea, ci possiamo allontanare solamente percorrendo la via della fede
testimoniata dalla sapienza infuocata dell'italianissima Caterina.
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