venerdì 9 gennaio 2015

MUSSOLINI E LA GUERRA (di Piero Nicola)

Quando il Duce dichiarò la guerra a Francia e Gran Bretagna il popolo riempì le piazze e applaudì l’annuncio e il discorso tenuto al fatidico balcone di Piazza Venezia. Tutta la nazione fu d’accordo.
  Coloro che attribuiscono al popolo la gran voce in capitolo, democratici in testa, si mettano il cuore in pace: dal Re ai proletari tutti quanti sottoscrissero la decisione.
  Neppure la Chiesa trovò da ridire.
  La guerra giusta? La morale cattolica? L’entrata nel conflitto contro una Francia messa in ginocchio delle armate tedesche?
  Un ragionamento di opportunità e mera preservazione non può reggere. Quand’anche sia prevedibile che la guerra sarà perduta, ciò non costituisce un motivo sufficiente per non farla. La giustizia e la salvaguardia della spirituale integrità sovrastano l’esito dell’impresa. Altrimenti non ci sarebbero eroi né santi martiri. Un sacrificio compiuto bene vale e giova di più di una rinuncia ragionevole.
  Non si trascina una popolazione nel bellico cimento? Nemmeno quando essa dice sì? E di chi la colpa, se il nemico bombarderà donne e bambini come non s’era visto prima?
  Ma si aveva motivo di opporsi con le armi alle Potenze occidentali e democratiche o plutocratiche, quali in effetti erano e tanto più sono diventate?
  La guerra non si fa soltanto con i cannoni; la si muove anche diversamente. Le ostilità vengono perpetrate con mezzi di vario genere, economici, filosofici, politici. E chi cominciò ad usarli cercando di affamare, di corrompere, di denigrare e produrre ogni specie di crisi nello Stato nemico, cioè l’Italia? La risposta è evidente: furono la Francia, l’Inghilterra, gli USA e i loro satelliti, che apertamente consideravano l’Italia il rivale da abbattere, e che come tale lo avversarono in ogni modo, cercando di isolarlo, di porgli un assedio. Perciò una sorta di guerra era già in atto. E questa dichiarata e fattiva ostilità poteva costituire una giustificazione, se non proprio per legittima difesa, per qualcosa di simile.
  Non ci è permesso, neppure nell’ambito della Storia, entrare nella questione politica: fascismo-antifascismo. Essendo a priori vietato per legge stabilire alcunché di elogiativo del fascismo, e quindi fare libere valutazioni e confronti, non mi ci metto. Quando ne avremo la facoltà, sarà dato di scrivere la Storia. Tuttavia sarebbe scorretto affermare che le nazioni democratiche fossero esemplari per valori civili all’interno e verso l’estero. Anzi, esse propagavano quella corruzione, quel pervertimento della Legge naturale e divina che avrebbe prodotto l’esiziale contagio da cui oggi è afflitta l’umanità. Ancor più perniciosa era l’Unione Sovietica.
  Lo stesso non si può dire del Regno d’Italia di allora, sostanzialmente rispettoso di quella Legge e non disapprovato dalla Chiesa.
  Di certo, il nostro Paese fu sottoposto alle sanzioni economiche, preso di mira dalla straniera demagogia conquistatrice e dalle mene sotterranee delle sette aventi le centrali Oltralpe e Oltreoceano (i tradimenti militari e civili ebbero successo grazie ad esse), tanto che si dovette ricorrere a vari espedienti per procurare le materie prime indispensabili e in parte si rimediò con l’autarchia.
  Circa i risultati, la guerra è la cartina di tornasole delle virtù. La Grande Guerra fu forse più feconda di meriti e di esempi. Le sue glorie, la vittoria stessa patirono la mortificazione; successivamente si resero edificanti  e restano sempre a disposizione per essere messe in valore. La Seconda Guerra  planetaria accrebbe bensì il nostro patrimonio spirituale e morale, nonostante le gravi prove cui gli uomini dovettero far fronte. Tradimento, avvilimento, sconfitta non potranno mai annullarlo. Molti fattori hanno concorso a confondere le acque, ma dalla melma si estrae ugualmente l’oro. La sconfitta non è per forza disonorevole.
  Fra gli altri, un indiscutibile antifascista e uomo specchiato come Piero Operti volle riconoscere con lettere aperte l’autenticità del valore italiano, ne indirizzò una al comandante Valerio Borghese, che meriterebbe d’essere letta e meditata.
  Pertanto, credo che occorra andare cauti nel valutare gli errori del Capo del Governo del 1940, e prima di definirli imperdonabili.
  Uno di essi fu probabilmente inescusabile: l’alleanza con la Germania di Hitler. Probabilmente mancò la giusta causa per condividere le sorti d’un nemico di Dio.


Piero Nicola

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