Quando il Duce
dichiarò la guerra a Francia e Gran Bretagna il popolo riempì le piazze e
applaudì l’annuncio e il discorso tenuto al fatidico balcone di Piazza Venezia.
Tutta la nazione fu d’accordo.
Coloro che attribuiscono al popolo la gran
voce in capitolo, democratici in testa, si mettano il cuore in pace: dal Re ai
proletari tutti quanti sottoscrissero la decisione.
Neppure la Chiesa trovò da ridire.
La guerra giusta? La morale cattolica?
L’entrata nel conflitto contro una Francia messa in ginocchio delle armate
tedesche?
Un ragionamento di opportunità e mera
preservazione non può reggere. Quand’anche sia prevedibile che la guerra sarà
perduta, ciò non costituisce un motivo sufficiente per non farla. La giustizia
e la salvaguardia della spirituale integrità sovrastano l’esito dell’impresa.
Altrimenti non ci sarebbero eroi né santi martiri. Un sacrificio compiuto bene
vale e giova di più di una rinuncia ragionevole.
Non si trascina una popolazione nel bellico
cimento? Nemmeno quando essa dice sì? E di chi la colpa, se il nemico
bombarderà donne e bambini come non s’era visto prima?
Ma si aveva motivo di opporsi con le armi
alle Potenze occidentali e democratiche o plutocratiche, quali in effetti erano
e tanto più sono diventate?
La guerra non si fa soltanto con i cannoni; la
si muove anche diversamente. Le ostilità vengono perpetrate con mezzi di vario
genere, economici, filosofici, politici. E chi cominciò ad usarli cercando di
affamare, di corrompere, di denigrare e produrre ogni specie di crisi nello
Stato nemico, cioè l’Italia? La risposta è evidente: furono la Francia,
l’Inghilterra, gli USA e i loro satelliti, che apertamente consideravano
l’Italia il rivale da abbattere, e che come tale lo avversarono in ogni modo,
cercando di isolarlo, di porgli un assedio. Perciò una sorta di guerra era già
in atto. E questa dichiarata e fattiva ostilità poteva costituire una giustificazione,
se non proprio per legittima difesa, per qualcosa di simile.
Non ci è permesso, neppure nell’ambito della
Storia, entrare nella questione politica: fascismo-antifascismo. Essendo a
priori vietato per legge stabilire alcunché di elogiativo del fascismo, e
quindi fare libere valutazioni e confronti, non mi ci metto. Quando ne avremo
la facoltà, sarà dato di scrivere la Storia. Tuttavia sarebbe scorretto
affermare che le nazioni democratiche fossero esemplari per valori civili
all’interno e verso l’estero. Anzi, esse propagavano quella corruzione, quel
pervertimento della Legge naturale e divina che avrebbe prodotto l’esiziale
contagio da cui oggi è afflitta l’umanità. Ancor più perniciosa era l’Unione Sovietica.
Lo stesso non si può dire del Regno d’Italia
di allora, sostanzialmente rispettoso di quella Legge e non disapprovato dalla
Chiesa.
Di certo, il nostro Paese fu sottoposto alle
sanzioni economiche, preso di mira dalla straniera demagogia conquistatrice e
dalle mene sotterranee delle sette aventi le centrali Oltralpe e Oltreoceano (i
tradimenti militari e civili ebbero successo grazie ad esse), tanto che si
dovette ricorrere a vari espedienti per procurare le materie prime
indispensabili e in parte si rimediò con l’autarchia.
Circa i risultati, la guerra è la cartina di
tornasole delle virtù. La Grande Guerra fu forse più feconda di meriti e di
esempi. Le sue glorie, la vittoria stessa patirono la mortificazione;
successivamente si resero edificanti e
restano sempre a disposizione per essere messe in valore. La Seconda Guerra planetaria accrebbe bensì il nostro patrimonio
spirituale e morale, nonostante le gravi prove cui gli uomini dovettero far
fronte. Tradimento, avvilimento, sconfitta non potranno mai annullarlo. Molti
fattori hanno concorso a confondere le acque, ma dalla melma si estrae
ugualmente l’oro. La sconfitta non è per forza disonorevole.
Fra gli altri, un indiscutibile antifascista
e uomo specchiato come Piero Operti volle riconoscere con lettere aperte
l’autenticità del valore italiano, ne indirizzò una al comandante Valerio
Borghese, che meriterebbe d’essere letta e meditata.
Pertanto, credo che occorra andare cauti nel
valutare gli errori del Capo del Governo del 1940, e prima di definirli
imperdonabili.
Uno di essi fu probabilmente inescusabile:
l’alleanza con la Germania di Hitler. Probabilmente mancò la giusta causa per
condividere le sorti d’un nemico di Dio.
Piero Nicola
Nessun commento:
Posta un commento